Nella comunità scientifica è convinzione diffusa e ampiamente condivisa che l’emissione di gas con effetto serra deve essere immediatamente ridotto per scongiurare l’accentuarsi degli effetti dei cambiamenti climatici già in atto sul nostro pianeta. Questi gas sono ad esempio il metano, il vapor d’acqua, il protossido d’azoto ma soprattutto l’anidride carbonica. È ben noto che la concentrazione di CO2 misurata nell’atmosfera, negli ultimi 50 anni, è aumentata da 320 parti per milione a 410 (nel 2017), con una velocità crescente (allo stato attuale è fra 4 e 5 ppm all’anno), e che questo incremento è correlato al riscaldamento globale. Con tali numeri è facile prevedere la drammaticità della situazione di qui a vent’anni, se non viene messa in atto una riduzione immediata dell’impiego dei combustibili fossili (carbone, petrolio e derivati, e gas naturale). Infatti, quando si brucia 1 kg di carbone si producono 3.8 kg di CO2 (per la benzina questo valore è di 3,2 kg, per il gas è 2.6 kg), col risultato di spostare enormi quantità di carbonio dai giacimenti del sottosuolo all’atmosfera. Purtroppo, i dati di consumo di combustibili fossili a livello mondiale sono tornati a crescere (nel 2017, +2% rispetto a 2016, dove si era registrato +1% rispetto al 2015), una tendenza destinata a rimanere tale nei prossimi anni perché correlata alla favorevole congiuntura economica mondiale. È giocoforza concludere che la riduzione delle emissioni di CO2 fossile, unico modo per contrastarne l’accumulo nell’atmosfera, richiede di sostituire carbonio, petrolio e gas naturale con fonti di energia rinnovabile, il cui carbonio (quando ci si riferisce a processi di combustione) non deriva dal sottosuolo ma dalla CO2 atmosferica trasformata in biomassa attraverso la fotosintesi. Questa transizione alle fonti rinnovabili può assicurare già oggi l’approvvigionamento energetico nel rispetto della sostenibilità ambientale con costi in alcuni casi competitivi.
Il Centro Levi Cases è particolarmente impegnato in tal senso: da tre anni promuove e sostiene progetti di ricerca volti ad accelerare questa transizione, che coinvolgono aspetti sia tecnici sia economici. Dal punto di vista tecnico il problema è sostanzialmente risolto perché il sole, principale fonte di energia rinnovabile, riversa sulla terra quantità di energia largamente superiori al fabbisogno, e perché si dispone ormai di tecnologie appropriate a catturarne una frazione sufficiente per sostituire le fonti fossili. Le questioni ancora aperte sono legate agli aspetti economici e finanziari della transizione, che pure devono essere sostenibili. In particolare sono ingenti i finanziamenti richiesti per realizzare una completa transizione al rinnovabile.
Ma qual è la situazione ad oggi? E quale andamento si è registrato negli ultimi 7-8 anni, che ci possa far ben sperare per i prossimi 20? A questo punto è utile discutere separatamente le varie tecnologie disponibili e la loro attrattività verso il mercato finanziario, per capire che soluzioni anche tecnicamente valide e pronte all’uso possono non essere realizzabili nel breve-medio periodo (i 20 anni di cui sopra) a causa dei costi operativi richiesti e/o dell’elevato rischio di investimento.
L’esempio più rilevante è quello della produzione di elettricità mediante conversione diretta dell’energia solare con pannelli fotovoltaici di silicio. Già da qualche anno il costo di produzione dell’unità di energia elettrica (1 kWh) con questo sistema è simile se non inferiore a quello che impiega combustibili fossili (nel 2017 circa 4,6 cent di dollari americani per il fotovoltaico, a fronte di 4,8 cent per le centrali a gas con ciclo combinato, e di 8,1 cent per quelle a carbone). Stiamo anzi assistendo ad una continua diminuzione del prezzo dei pannelli fotovoltaici per cui, secondo la nota “curva di apprendimento” tipica di ogni nuova tecnologia che si affaccia sul mercato, il fotovoltaico ha raggiunto la maturità tecnologica sufficiente a garantirne la diffusione capillare in tempi brevi. Questa prospettiva riguarda non tanto e non solo l’installazione di pannelli sui tetti delle abitazioni, quanto la costruzione di vere e proprie centrali fotovoltaiche, soprattutto nelle zone della terra dove la richiesta di energia si combina con un grado di insolazione elevato e con la disponibilità di terreni marginali non utilizzabili a scopi più nobili quali l’agricoltura.
Sempre riguardo all’energia elettrica, anche l’idroelettrico è una fonte che può dare un contributo importante ed immediato alla transizione verso le rinnovabili, grazie soprattutto al fatto che assicura un ritorno degli investimenti molto favorevole. Questa prospettiva non riguarda però l’Europa, dove essa è stata già ampiamente sfruttata, ma piuttosto le economie emergenti del Sudamerica e dell’Africa sub sahariana, dove le opportunità sono enormi, localizzabili e quantificabili con grande precisione.
Se invece ci riferiamo all’energia eolica, l’estensione del suo impiego appare meno attraente, proprio a causa della difficoltà di individuare con precisione le zone più adatte, che necessita di anni di studi e di rilevazioni sul campo, incompatibili con i tempi richiesti dagli investitori per finanziare installazioni di questo tipo.
Anche la transizione energetica nel settore dei carburanti per il trasporto si presenta assai problematica. I biocarburanti di prima generazione, come bioetanolo e biodiesel, hanno dimostrato di non essere sostenibili né verso l’ambiente né economicamente, mentre quelli di seconda generazione, come bioetanolo lignocellulosico o biodiesel da microalghe, sono in fase di sperimentazione ma con prospettive temporali di applicazione al di là dell’orizzonte ipotizzato (20 anni). Il trasporto elettrico, invece, è un’alternativa destinata a diventare realtà nel giro di pochi anni, ma è limitato al trasporto su strada. Per le navi è in atto una trasformazione verso l’uso del metano come carburante, sia liquido sia gassoso, mentre per il propellente per gli aerei, che incide sul totale per una quota di circa il 20% (in costante crescita), non esiste altra soluzione se non quella di un carburante liquido ad alta densità di energia. Allo stato attuale, l’unico biocarburante con prospettive concrete nel breve-medio periodo è il biometano, ottenuto dal biogas prodotto mediante fermentazione anaerobica di biomasse, mentre per la messa a punto del biocherosene, che potrebbe sostituire il jet-fuel nel trasporto aereo, si prevedono parecchi anni di ricerca e sviluppo.
Un discorso a parte meritano i fabbisogni energetici collegati alla climatizzazione e al riscaldamento degli edifici, domestici e industriali. In questo settore le tecnologie già disponibili sul mercato sono adatte a ridurre di molto la dipendenza dai combustibili fossili, e sono pure economicamente convenienti. In questo caso la transizione al rinnovabile è quindi a portata di mano, anche perché si può intervenire simultaneamente su due fronti: l’impiego esteso di pannelli solari termici eventualmente integrati con sistemi a pompe di calore, e l’efficientamento termico degli edifici per ridurne al minimo le dispersioni termiche. Sotto questo aspetto, però, gli accorgimenti tecnici necessari per la riduzione delle dispersioni sono economicamente sostenibili soltanto per le nuove costruzioni, mentre gli investimenti richiesti per l’adeguamento del costruito esistente sono molto spesso troppo elevati. E non si sta parlando di rendere gli edifici completamente autosufficienti dal punto di vista energetico, ma di ridurne dell’80-90% i fabbisogni di energia fossile, e quindi le emissioni di CO2nociva, grazie ad un impiego combinato del fotovoltaico per l’elettricità e del solare termico per la climatizzazione.
È infine corretto menzionare altre due tecnologie di carattere rinnovabile: le biomasse e la geotermia, ma va tenuto ben presente che entrambe sono di nicchia e potranno avere un impatto non particolarmente significativo sulla transizione al rinnovabile. La geotermia è infatti legata alla disponibilità, a profondità ragionevoli, di fonti di calore adeguate, una situazione che non si verifica frequentemente. Ma neppure l’impiego delle biomasse si potrà estendere più di tanto, per problemi legati sia alla disponibilità ed al trasporto di quantità rilevanti, sia di compatibilità ambientale, visto che la loro combustione è una consistente fonte di inquinamento.
È facile concludere che la transizione al rinnovabile nel medio-breve termine potrà avere successo soltanto concentrando gli sforzi nelle direzioni (indicate) più favorevoli, evitando di disperdere risorse verso alternative che richiedono tempi molto lunghi, o che non sono ecocompatibili (come l’energia nucleare: ma questa è un’altra storia, per un’eventuale puntata successiva).