SCIENZA E RICERCA

L’estinzione dei dinosauri: confermata la validità dell’ipotesi dell’asteroide

Il fatto, dimostrato in modo inequivocabile dai dati paleontologici, è che intorno a 66 milioni di anni fa i dinosauri non aviani (gli uccelli sono, in effetti, gli ultimi dinosauri sulla faccia della Terra) scomparvero in maniera repentina da ogni ambiente. La domanda è: perché?

Oggi è diffusamente accettata, nel mondo scientifico, l’ipotesi secondo cui a causare l’estinzione che segna la fine del Cretaceo e l’inizio del Paleogene (limite K/Pg) sia stato l’impatto sulla superficie terrestre di un enorme asteroide (dal diametro di 10-12 km), che nell’arco di pochi minuti avrebbe sconvolto la storia della vita sulla Terra dando inizio a un lunghissimo “inverno da impatto” che, in poco tempo, avrebbe causato un tale abbassamento delle temperature terrestri da causare una estinzione di massa – la quinta delle cosiddette Big Five. Ma, quando l’ipotesi venne avanzata per la prima volta da un gruppo di ricerca guidato da Luis e Walter Alvarez, padre fisico e figlio geologo, la comunità scientifica si oppose saldamente. Una simile teoria metteva in dubbio, infatti, alcuni principi cardine della geologia e delle scienze della vita: l’uniformitarismo e il gradualismo, universalmente riconosciuti come validi fin dai tempi di Charles Lyell, mentore di Darwin e loro teorizzatore; al tempo stesso, sembrava dare nuova linfa – fatto ancora più grave – alla vecchia teoria del catastrofismo di George Cuvier, che sembrava ormai definitivamente caduta sotto i colpi della teoria dell’evoluzione.

Dal 1980 – anno in cui l’articolo degli Alvarez apparve per la prima volta su Science – ad oggi, la ricerca scientifica ha corroborato questa ipotesi così inizialmente vilipesa, confermandola attraverso numerose prove indipendenti (ad esempio gli alti tassi di iridio, minerale “stellare” normalmente segregato nel nucleo terrestre, rinvenuti nei sedimenti risalenti al limite K/Pg in ogni parte del globo, o l’identificazione del cratere dell’impatto – nel paesino costiero di Chicxulub, penisola dello Yucatán, Messico).

Tuttavia sono stati proposti, in anni recenti, anche modelli causali alternativi per spiegare l’estinzione della fine del Mesozoico, teorie che cercano di salvaguardare la prospettiva gradualista. Tra queste ve n’è una, in particolare, che pone l’accento su una curiosa coincidenza temporale: all’incirca in corrispondenza con l’evento di estinzione registrato dalla documentazione stratigrafica si apriva, infatti, un lungo periodo di eruzioni vulcaniche di straordinaria portata, avvenute nell’attuale India occidentale, e i cui effetti sono ancora oggi ben visibili. Si tratta dei cosiddetti Trappi del Deccan, un altopiano ricoperto, in parte, da spessi strati di estesissime colate di lava basaltica, estese oggi per circa 500.000 km2, che documentano una serie di fenomeni vulcanici che si sarebbero ripetuti, in più ondate di diversa entità, anche per alcune centinaia di migliaia di anni dopo il supposto impatto dell’asteroide di Chicxulub. Il punto è capire se, e in che misura, questo prolungato vulcanismo abbia contribuito all’estinzione del Cretaceo.

Secondo il professor Rodolfo Coccioni, professore ordinario di Paleontologia e Paleoecologia all’università di Urbino e già presidente della Società Paleontologica Italiana, è indubbio che l’estinzione dei dinosauri terrestri sia stata causata dall’impatto dell’asteroide: «Le prove sono numerose e pressoché inoppugnabili: raccontano tutte una medesima storia, i cui ingredienti principali sono il carattere improvviso dell’estinzione – documentato, in primis, dal fatto che subito dopo il limite stratigrafico K/T scompare ogni fossile di dinosauro – e la totale assenza di evidenze che facciano pensare a un trend di riduzione della biodiversità già in atto prima dell’evento. Se venissero rinvenuti fossili di dinosauri al di sopra del limite K/T potremmo anche rimettere in discussione l’ipotesi degli Alvarez, ma per ora ciò non è avvenuto. Si tratta di una teoria ragionevole, che ormai possiamo definire accertata».

Questa linea di pensiero è condivisa dagli autori di uno studio pubblicato su PNAS (significativamente intitolato “L’impatto dell’asteroide, non il vulcanismo causò l’estinzione dei dinosauri della fine del Cretaceo”), nel quale si cerca di far luce, analizzando i numerosi dati finora disponibili, sulle reali cause di quell’evento che, 66 milioni di anni fa, modificò ancora una volta la traiettoria evolutiva della vita terrestre. Il gruppo di ricerca ricorre a un metodo quantitativo, realizzando al computer una serie di modelli climatici nei quali, a partire da una riproduzione delle condizioni “normali” del clima sul finire del Cretaceo, vengono ricostruiti i diversi scenari che si sarebbero potuti realizzare in conseguenza dei diversi cataclismi ipotizzati, sia nel caso in cui solo uno dei due abbia influito, sia nel caso in cui le conseguenze dei due fenomeni si siano sovrapposte e sommate.

Il principale argomento di coloro che ritengono che l’estinzione K/T sia stata causata unicamente dagli effetti del vulcanismo del Deccan (in prima linea a sostenere questa ipotesi vi è il gruppo di ricerca di Gerta Keller, paleontologa dell’università di Princeton) consiste nel sottolineare come eruzioni vulcaniche di tale portata debbano aver immesso nell’atmosfera ingenti quantità di anidride carbonica (CO2) e di anidride solforosa (SO2), gas che avrebbero innescato un cambiamento climatico di vasta portata e una conseguente disarticolazione degli ecosistemi su scala globale. Mentre la CO2 causa un aumento delle temperature globali, la SO2, al contrario, influisce negativamente sull’irraggiamento solare, causando un generale raffreddamento: sarebbe stato proprio quest’ultimo effetto, secondo i fautori dell’ipotesi “endogena” (causata, cioè, da fenomeni terrestri), ad aver innescato l’estinzione di massa riducendo drasticamente la vivibilità degli habitat. Il professor Coccioni spiega: «L’ipotesi che il vulcanismo del Deccan abbia potuto innescare, da solo, un’estinzione di massa come quella della fine del Cretaceo è debole: se così fosse stato, in effetti, avremmo trovato prove diverse, coerenti con un lungo e costante periodo di diminuzione della biodiversità. Inoltre, i modelli prodotti dai ricercatori fanno chiarezza anche sulle vicende climatiche: in uno scenario di prolungato vulcanismo, la riduzione delle temperature non avrebbe potuto incidere sugli ambienti così profondamente da spazzare via tutti gli habitat allora presenti, e dunque non avrebbe potuto causare un’estinzione di quel genere».

I risultati presentati nell’articolo, infatti, raccontano una storia diversa da quella sostenuta dai fautori del vulcanismo: gli scenari simulati dai modelli computerizzati includono sia l’impatto dell’asteroide sia le ripetute eruzioni dei Trappi del Deccan, e combinano in diverse maniere i due eventi catastrofici. Da nessuno degli scenari risultanti il vulcanismo appare la causa primaria dell’estinzione: se anche le emissioni di ceneri e gas avessero ridotto temporaneamente la luminosità solare, non avrebbero comunque potuto incidere per più del 5%; al contrario, si pensa che l’impatto dell’asteroide abbia ridotto la luminosità dei raggi del sole del 10% o addirittura del 20%, causando una diminuzione delle temperature tra i 9,7 °C e i 66,8°C. Inoltre, leggiamo nello studio, «alcuni ritengono che anche un oscuramento del 5% della luminosità solare sia una stima esagerata dell’entità del raffreddamento causato dal vulcanismo del Deccan, e che l’ipotesi di un raffreddamento di 4,5°C sia più probabile». La vivibilità degli habitat risulta annullata in ogni parte del pianeta solo nel caso di un oscuramento del sole del 15% o più, mentre nei modelli che simulano un continuo accrescimento dei livelli di CO2, causato dalle eruzioni vulcaniche, essa è addirittura accresciuta.

Questa, forse, è la scoperta più sorprendente dello studio: le ripetute eruzioni dei Trappi del Deccan potrebbero aver avuto addirittura un effetto positivo sul clima, mitigando, grazie alle consistenti immissioni di CO2 in atmosfera, gli effetti dell’inverno da impatto successivo alla caduta dell’asteroide, e contribuendo al ristabilirsi delle normali condizioni climatiche. Il paleontologo Coccioni commenta: «Nonostante, a mio parere, le modellizzazioni contengano sempre, in sé, un margine di incertezza – legato alla possibilità che i dati utilizzati vengano messi in crisi, se non smentiti, da nuove evidenze –, questo lavoro, certamente molto valido, porta con sé delle possibilità di sviluppo interessanti. La dimostrazione che, in ipotesi, l’immissione di CO2 in atmosfera abbia innalzato le temperature incentiva ad approfondire lo studio delle conseguenze ecologiche di quei lontani eventi. Ad esempio potremmo chiederci, sulla base di questi dati, perché alcune specie non si siano estinte, e se alcune siano state addirittura favorite dal repentino sconvolgimento climatico e dall’altrettanto rapido (su scala geologica, s’intende) ristabilirsi di una situazione di normalità».

«Da sempre – continua il professore – mi interesso di quel periodo geologico, e ho conservato tutti gli studi che sono stati finora pubblicati sul limite K/Pg. Se dovessi tracciare un bilancio, mi sembra di poter affermare che la ricerca sia avanzata seguendo un andamento altalenante. Tuttavia, la progressiva conferma della validità dell’ipotesi dell’asteroide è una tendenza innegabile: gli studi pubblicati da alcuni anni a questa parte si concentrano su aspetti collaterali, presentano prove ulteriori, approfondiscono argomenti specifici; oppure hanno natura conclusiva, come quello qui in questione. Gli scettici, da parte loro, non si fermano: anche negli ultimi anni, hanno continuato a pubblicare in favore delle teorie alternative, ma le prove a favore dell’ipotesi esogena sono ormai pressoché schiaccianti».

«Con questo – conclude Coccioni – non si nega in maniera assoluta il ruolo degli eventi vulcanici del Deccan, che sono a loro volta ampiamente documentati: anch’essi, probabilmente, devono aver contribuito allo sconvolgimento climatico ed ecologico del periodo. Un’ulteriore direzione delle future ricerche potrebbe indagare, ad esempio, come quegli eventi, concomitanti alla caduta dell’asteroide sulla Terra, abbiano influito sulla distribuzione globale degli organismi. Pur muovendo da basi teoriche comuni e ormai ragionevolmente certe, vi è ancora molto da esplorare».

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