CULTURA

Lina Wertmüller e le donne del cinema

La notizia è fresca: l'Academy celebra il talento e i successi di Lina Wertmüller assegnandole l'Oscar alla carriera. Partiamo da qui per attuare una riflessione più ampia sul cinema delle donne. Con Pasqualino Settebellezze, Wertmüller è stata la prima regista donna candidata all’Oscar della storia, era il 1977; ora a novant'anni si gode l'annuncio del premio che le verrà consegnato nel 2020, insieme a David Lynch, Wes Studi e Geena Davis. "Sono sorpresa e felice. Non me lo aspettavo l'Oscar, ma lo prendo volentieri”, ha dichiarato l'autrice di film dai titoli infiniti, da Mimì metallurgico ferito nell'onoreFilm d'amore e d'anarchia - Ovvero "Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza..." a Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto. Tra la candidatura di fine anni Settanta e il premio alla carriera si sistemano ben 42 anni di storie diventate film, diretti da lei e da altre donne di talento a cui Wertmüller ha senza dubbio indicato la via.

Il 2 giugno scorso, a 95 anni, è scomparsa Yannick Bellon, regista francese che per tutta la vita ha raccontato l'universo femminile: nel 1948 presenta alla Mostra del cinema di Venezia il suo Goémons e vince come miglior documentario, nel 1978 dirige L'amour violé, film che tratta il tema della violenza sulle donne. Oggi più che mai, viene da chiedersi quale sia il posto delle donne nel cinema e quanta strada si debba ancora fare per raggiungere la piena parità. In occasione di un dibattito organizzato nei giorni scorsi all’interno di Castiglione cinema e promosso dalla Fondazione Ente dello Spettacolo, la regista Antonietta De Lillo dell’associazione Women in film, television & media Italia - sezione italiana della rete mondiale dedicata a promuovere lo sviluppo professionale e la rappresentanza delle donne nei settori legati all'audiovisivo e i media - ha fornito qualche numero che ben definisce la situazione: “In Italia i dati sono scoraggianti, le registe e attrici donne sono il 25%, i film finanziati a donne sono soltanto il 12%”. E ha aggiunto: “Le professioni legate al mondo del cinema dovranno entro il 2020 essere composte per il 50% da donne", ricordando l’impegno preso alla 75esima Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, in occasione del dibattito About women con la partecipazione, tra le altre, della regista Susanna Nicchiarelli, vincitrice nel 2017 della sezione Orizzonti con il bellissimo Nico, 1988: “Nelle scuole di cinema le domande al corso di regia di donne sono solo il 20%. C’è un problema di visibilità. Le donne non pensano di poter diventare registe, perché mancano i modelli. Bisogna farsi vedere, ispirare. Il rischio è di essere invisibili. L’importante oggi è parlare, comunicare. La discriminazione è subliminale”. Dalla regia alla produzione, passando per sceneggiatura e direzione della fotografia, le donne non sono equamente distribuite nelle professioni del cinema.

“Secondo il World economic forum il divario di genere in tutto il mondo si è ampliato per la prima volta in un decennio nel 2017, con il peggioramento della situazione per le donne in 60 paesi del mondo. Al ritmo attuale, le donne non raggiungeranno probabilmente la parità economica con gli uomini fino al 2234. In questo rapporto l’Italia crolla in classifica di ben 32 posizioni passando all’82esimo posto su 144 Paesi”, lo ricorda Maura Misiti, demografa sociale, ricercatrice senior dell’Istituto per le ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Cnr, alla guida, insieme a Elisabetta Badolisani, Ilaria A. De Pascalis e Pietro Demurtas, del Progetto Dea (realizzato dall’ Irpps-Cnr, sostenuto da Siae con la collaborazione tra gli altri di Doc/it - Associazione documentaristi italiani, Università degli Studi Roma Tre, il Mibac e il patrocinio di Unesco) che si occupa della sotto-rappresentazione delle donne nel cinema e ha pubblicato il rapporto Gap&Ciak 2019, che segue il primo del 2016. Sul canale youtube del progetto registe, attrici, sceneggiatrici, direttrici della fotografia raccontano la propria esperienza nell’industria dell’audiovisivo: “Ho sempre cercato di difendermi dall'idea di essere discriminata e quindi mi sono sempre posta senza quel pensiero, ma poi forse è successo… So di essere stata pagata meno dei miei colleghi uomini, in passato l’ho accettato ma oggi non sarei più disposta a farlo”, racconta Valeria Golino, che proprio con Lina Wertmüller debuttò giovanissima come attrice, nel 1983, in Scherzo del destino in agguato dietro l'angolo come un brigante da strada.

In Italia

Senza girarci troppo attorno, in Italia: “L'88% dei film a finanziamento pubblico italiano sono diretti da uomini. Solo nel 12% dei casi si registra una regia femminile. Il 79% dei film prodotti dalla Rai è stato diretto da uomini. Sono quindi solo il 21% i film prodotti dalla Rai con una regista. Il 90.8% dei film che arrivano alle sale cinematografiche è diretto da uomini, dunque meno del 10% (9,2%) sono i film diretti da donne che arrivano nelle sale cinematografiche”. C'è ancora molta strada da fare, ma Misiti precisa: "Pare opportuno ricordare che, per quanto riguarda l’Italia, si registrano alcuni importanti recenti segnali in questa direzione, presenti nei decreti attuativi della c.d. legge Franceschini sul cinema (legge n. 220/2016): le disposizioni applicative in materia di contributi automatici (artt. 24-25-26) e il nuovo bando per la concessione di contributi selettivi (art. 26) presentano infatti alcuni cambiamenti innovativi e incoraggianti per le donne che lavorano nell’industria cinematografica italiana". E ancora, le informazioni contenute nei database della Siae, relative al 2015-2016, hanno evidenziato "un’inferiorità numerica delle donne tra gli autori che hanno depositato un lavoro riconducibile alla macro-categoria delle opere cinematografiche e assimilate - spiega Pietro Demurtas del Cnr - A fronte di una presenza minoritaria delle donne sul totale, di fatto la loro presenza giunge ad essere paritaria (50,8%) tra i professionisti che hanno depositato prodotti riconducibili alle sitcom e addirittura maggioritaria nelle soap opera (53,8%). Al contrario, negli altri generi la quota maschile è sempre superiore a quella femminile, per divenire preponderante in corrispondenza dei film di sala". E quanto riguarda "il mestiere": "Le donne costituiscono il 32% degli autori che hanno depositato un soggetto di puntata, il 29% di coloro che hanno depositato soggetti di serie e la percentuale cala ulteriormente al 24% per coloro che hanno scritto una sceneggiatura e a poco meno del 23% per coloro che hanno depositato un soggetto. Le differenze osservate con riferimento al ruolo di regista appaiono ancora più evidenti, dal momento che su 545 autrici e autori che hanno registrato un prodotto di questo tipo, le prime costituiscono solo il 15% del totale. Viceversa, la percentuale delle donne aumenta fino a diventare addirittura maggioritaria nell’adattamento: giunge infatti al 45% nel caso dell’adattamento del soggetto di serie e al 59% in corrispondenza dell’adattamento dei dialoghi".

In Europa

A livello europeo, il rapporto Gender bias without boders, pubblicato nel 2014,evidenzia l'assenza di registe nell'ambito dei film che hanno avuto maggior successo al botteghino (su un campione di 120 film di successo) in realtà come la Francia e gli Stati Uniti, ma anche Giappone, Corea e Russia.

Interessante è il caso della Svezia, dove lo Svenska Filminstitutet garantisce finanziamenti pubblici per il 50% a film diretti e/o prodotti da donne. Secondo il rapporto No Sexism Please, We’re Swedish, prodotto nel 2016 da Women in film and television sweden e citato in Gap&Ciak 2019, fra il 2013 e il 2015, la Svezia ha visto una presenza di oltre il 50% di donne produttrici.

Alla fine del 2016, è stato pubblicato un numero speciale della rivista European journal of women’s studies sul cinema europeo delle donne: sono stati analizzati "i dati sulle produzioni che coinvolgono Eurimages, fondo a sostegno delle politiche culturali del Consiglio d’Europa, che in quanto tale ha lo scopo di promuovere i diritti umani e la democrazia, incluse le questioni che riguardano l’uguaglianza di genere nell’industria del cinema" e ciò che è emerso è una sotto-rappresentazione delle donne nelle funzioni di produzione cinematografica e in termini di assegnazione del sostegno del fondo: "I dati si riferiscono a un totale di 4805 membri del cast tecnico e creativo di 335 co-produzioni presentate ad Eurimages nel 2014 e 2015 - si legge nel rapporto Gap&Ciak - Di questi 1458 erano donne. Tutti i 335 progetti erano lungometraggi per l’uscita nelle sale, di cui 290 erano fiction live-action, 30 documentari e 15 film d’animazione [..] Nei 290 progetti di film di finzione presentati, le registe sono presenti per il 24% del totale, in linea con i dati provenienti da altre ricerche sul cinema europeo; le montatrici sono il 39%, e le direttrici della fotografia solo il 10%". In Gran Bretagna il rapporto Succeeding in the film, television and games industries ha presentato le interviste a 50 professioniste e professionisti appartenenti a minoranze e gruppi sotto-rappresentati suggerendo una serie di buone pratiche per favorirne concretamente la carriera.

Negli Stati Uniti

Per quanto riguarda gli Stati Uniti, nel 2017 la Usc Annenberg school for communiation and journalism ha pubblicato un rapporto sulla presenza delle donne e di persone appartenenti a varie minoranze nell’industria del cinema, ripreso poi nello studio Gender equality in the media sector, pubblicato per il Parlamento Europeo nel gennaio 2018. Prendendo in esame i 100 film di maggior successo al botteghino statunitense (e quindi film prodotti dalle majors, pensati per un pubblico globale) dal 2007 al 2016, con l’esclusione del 2011, ne è emerso che "in questi anni, su 900 film considerati, quelli diretti dalle registe rappresentano il 4% nel 2016, oltre a 5 registe su 120, sono attive anche il 13% delle scrittrici e il 21% delle produttrici. Nel 2008 si osserva un picco di presenze, con 9 registe pari all’8% del totale. In pochissime tra le registe (12%) hanno avuto peraltro la possibilità di una carriera articolata: 30 donne su 41 hanno diretto un solo film fra il 2007 e il 2016".

 

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