SCIENZA E RICERCA

L'Italia è un paese fragile, lo dice il rapporto sul dissesto idrogeologico

Il 91,1% dei comuni italiani sorge in un’area in cui il rischio di dissesto idrogeologico è notevole. La superficie delle aree classificate a pericolosità da frana medio-alta e/o idraulica di media intensità ammonta complessivamente a 50.117 chilometri quadrati, ed è pari al 16,6% del territorio nazionale. Si tratta di zone in cui, a seguito di precipitazioni molto abbondanti, possono verificarsi frane o alluvioni, anche di ampie dimensioni. A dirlo sono i dati raccolti nel rapporto Ispra sul dissesto idrogeologico, pubblicato a giugno 2018.

I dati riportati dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) sono stati rilevati nel corso del 2017 e forniscono un quadro di riferimento sul pericolo di frane e alluvioni sul territorio nazionale e su altri indicatori di rischio relativi alla popolazione, agli edifici e ai beni culturali.

L’Italia è tra i paesi più interessati da fenomeni franosi in Europa, con un’area a pericolosità da frana alta, media, moderata e di attenzione pari al 19,9% del territorio nazionale (59.981 chilometri quadrati). Per quanto riguarda, invece, le alluvioni, la superficie interessata con più frequenza ammonta a 12.405 chilometri quadrati (4,1% del territorio nazionale), mentre le aree a pericolosità media raggiungono i 25.398 chilometri quadrati (8,4%).

Toscana, Emilia-Romagna e Lombardia sono tra le regioni più interessate dal dissesto idrogeologico e a rischio sia di frane, sia di alluvioni

Con frana si intende un fenomeno eterogeneo che varia a seconda della velocità e capacità distruttiva: si va dai crolli e dalle colate rapide di fango e detriti, fino alle colate lente e alle frane complesse.
Considerando che ogni anno si verifica circa un centinaio di frane sul territorio nazionale, che causano vittime, feriti, evacuazioni e danni a edifici, beni culturali e infrastrutture, si può affermare che non si tratti solo di eventi isolati e causati da condizioni atmosferiche particolari o da eventi sismici.

Con alluvione, invece, si intende un allagamento temporaneo di aree che di norma non sono coperte d’acqua, ad opera di fiumi, canali, torrenti, laghi o anche del mare. Le alluvioni sono state catalogate secondo il tempo di ritorno e distinte in alluvioni frequenti (tra i 20 e i 50 anni), alluvioni poco frequenti (tra i 100 e i 200 anni) e, infine, in zone a scarsa probabilità di alluvione.

Toscana, Emilia-Romagna, Campania, Valle d’Aosta, Abruzzo, Lombardia, Sardegna e la provincia di Trento presentano le zone in cui il rischio di frane è più elevato.
Invece le aree a maggior rischio di alluvione si trovano in maggioranza in Emilia-Romagna, prima tra le regioni italiane, e con un certo distacco su Toscana, Lombardia, Piemonte e Veneto.

Oltre 7 milioni di italiani risiedono in zone vulnerabili, ma in potenza il numero potrebbe essere più alto

Analizzando il rischio dal punto di vista della popolazione, si scopre che il 2,2% della popolazione italiana (da censimento Istat 2011), risiede nelle zone giudicate a rischio frane elevato e molto elevato, per un totale che supera il milione di abitanti (1.281.970).
La popolazione esposta a rischio alluvioni elevato è pari al 3,5% della popolazione (2.062.475 abitanti), quella esposta a uno scenario di pericolosità media (con tempo di ritorno tra i 100 e i 200 anni) arriva invece al 10,4% dei cittadini italiani (6.183.364 abitanti).

Complessivamente quindi, oltre 7 milioni di persone risiedono in territori vulnerabili, ma in potenza il numero potrebbe essere molto più grande dato che i dati demografici fanno riferimento alla rilevazione Istat di sette anni fa.

A pochi giorni dall’ondata di maltempo che ha colpito l’Italia, da nord a sud, oltre a contare i danni, si assiste alla ricerca, da parte di governo, esperti e opinione pubblica, di qualcosa verso cui puntare gli indici. I primi colpevoli sono già sul banco degli imputati: abusivismo edilizio, cambiamento climatico, errori di piantumazione.
Ma non si tratta solo di questo: ci sono ampie zone del nostro Belpaese a rischio idrogeologico, la cui esistenza è nota da anni. Il primo rapporto ISPRA sul dissesto idrogeologico è stato pubblicato nel 2015, e già aveva sottolineato quali fossero le zone e i rischi per il nostro Paese.
E nemmeno prima si viveva nell’ignoranza: si calcola che dal 1944 al 2012 i danni per dissesto idrogeologico sono costati più di 61 miliardi di euro.

L’unica via per ridurre i danni arrecati da alluvioni e frane rimane la più scontata, ma incredibilmente anche la meno battuta: la prevenzione. La prevenzione è possibile attivando progetti di monitoraggio del territorio e di mitigazione del rischio idrogeologico. I progetti che vanno in questa direzione esistono, ma troppo spesso si sono fermati sotto la scure di qualche manovra finanziaria.

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