SCIENZA E RICERCA

Luna: riparte la corsa

“La Terra è la culla dell'umanità, ma l'umanità non può rimanere nella culla per sempre”: sono le parole del russo Konstantin Tsiolkovsky, ritenuto uno dei pionieri dell'astronautica, a fornire l’ispirazione dei progetti di espansione umana nel Sistema Solare nelle linee guida della Global Exploration Roadmap (Ger).

Marte come obiettivo trainante e la Luna come passaggio intermedio, sono l’intento comune già dichiarato nella Ger del 2018 e ribadito recentemente dopo il forum delle agenzie spaziali di tutto il mondo – l’International Space Exploration Coordination Group – avvenuto l’ottobre scorso a Montréal (Canada). Si tratta di una serie di linee guida sulle strategie di esplorazione spaziale a livello globale, definite attraverso il coordinamento degli sforzi  delle principali agenzie del mondo.

Il piano si presenta articolato e più che ambizioso: una lunga serie di missioni lunari, di cui una trentina robotiche e altre quattro dotate di equipaggio, da lanciare nel periodo 2021-2028, più altre venti circa in fase di valutazione. L'obiettivo è stabilire una presenza umana sostenibile sulla Luna e, in futuro, anche su Marte.

 

Il successo di Artemis I

Coerentemente con queste premesse, si consolida il piano di raggiungimento del suolo lunare con il programma Artemis, che mira a far atterrare gli astronauti sul polo sud della Luna nel 2025. Con il rientro della capsula Orion nell'Oceano Pacifico l’11 dicembre scorso, si è conclusa con successo la missione statunitense Artemis I e ora la Nasa può concentrarsi sulle fasi successive della tabella di marcia. Interessante la coincidenza degli eventi: lo stesso 11 dicembre ha segnato i 50 anni dall'atterraggio dell'Apollo 17 sulla Luna: l’ultima volta che gli astronauti hanno camminato sulla Luna.

Con la conclusione di Artemis I, in cui sia la navetta Orion che il razzo vettore Space Launch System (SLS) sono stati costruiti dalla Nasa, adesso l’ attenzione si sposta su SpaceX, a cui l’ente spaziale statunitense si affiderà per far atterrare gli astronauti sulla luna con una versione speciale di Starship, il gigantesco veicolo spaziale di nuova generazione progettato e realizzato dall’azienda fondata da Elon Musk, che però finora non ha ancora volato nello spazio.

Il volo di Orion aveva un ruolo dimostrativo fondamentale, avendo il compito di testare la capsula che custodirà gli astronauti durante i voli futuri, in particolare dimostrando se il suo scudo termico fosse in grado resistere a oltre 2.700 gradi Celsius causati dall’attrito durante le fasi di rientro nell’atmosfera.

Secondo i piani, la capsula è rimbalzata sullo strato superiore dell’atmosfera prima di rientrare una seconda volta. Questa manovra, nota come skip-entry, consente una virata più precisa verso il sito di atterraggio ed è stata eseguita per la prima volta da una capsula progettata per gli astronauti.

Sebbene la missione sia in ritardo di alcuni anni rispetto ai primi piani e oltre il budget di alcuni miliardi di dollari, il suo successo ha fornito una convalida dell’approccio che il governo statunitense e la Nasa stanno adottando per lo sviluppo del complesso hardware spaziale. Ora il prossimo passo è lanciare la prossima missione Artemis II nel 2024, inviando quattro astronauti ma senza farli ancora atterrare sulla Luna. Quest’ultima fase dovrebbe avvenire con Artemis III, nella quale però SpaceX dovrebbe giocare un ruolo essenziale, mettendo a punto anche un avveniristico lander. Sempre che tutto nel frattempo vada secondo i piani: c’è infatti qualche preoccupazione negli ambienti del governo americano e della Nasa riguardo il rispetto dei tempi di consegna da parte di SpaceX e in parte anche per l’ampia esposizione mediatica che sta caratterizzando la figura di Elon Musk dopo l’acquisizione di Twitter.

Che ruolo gioca l’Italia?

Il successo della prima missione del programma Artemis  chiude un anno eccezionale per l’esplorazione lunare; quest’anno sei missioni spaziali sono state dirette verso la Luna da altrettanti Paesi: India, Giappone, Russia, Corea del Sud, Emirati Arabi e Stati Uniti, in collaborazione con diverse aziende spaziali private. Un numero senza precedenti.

Recentemente il settore aerospaziale è salito agli onori delle cronache anche per il successo della missione  della sonda DART (Double Asteroid Redirection Test), “sparata” dalla Nasa contro l’asteroide Dimorphos, a circa tredici milioni di chilometri dalla Terra. Per la prima volta nella storia dell’umanità la traiettoria di un corpo celeste è stata deviata da un manufatto, sotto lo sguardo attento di decine di scienziati che hanno guidato lo schianto controllato in diretta streaming.

Tutto ciò che ruota attorno allo spazio, anche dal punto di vista economico, è insomma in forte crescita, e anche l’Italia non resta a guardare. A seguito della ministeriale – l’incontro più importante dell’agenda spaziale europea, nel quale si delineano le priorità delle ambizioni extra-atmosferiche europee e quindi anche gli equilibri politici tra gli Stati membri – riunitasi alcune settimane fa a Parigi, l’Italia si è impegnata a investire nel settore oltre tre miliardi di euro, un budget senza precedenti nella nostra storia, rafforzando il ruolo di terzo Paese contribuente al programma spaziale europeo. Complessivamente, i 22 Stati membri dell’Esa hanno stanziato 16,9 miliardi di euro per i prossimi tre anni.

Saranno tre le principali fonti di finanziamento: il Next Generation EU – in Italia noto con il nome di Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) –,  il Fondo Complementare e altri vari fondi nazionali privati. Con questo scopo, è stata recentemente approvata dal ministero dell’Università e della ricerca (Mur) la proposta progettuale "Earth Moon Mars", guidata dall'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana ed il Consiglio Nazionale delle Ricerche, riconosciuta come una delle richieste di finanziamento prioritarie in ambito scientifico del Pnrr.

Il ruolo che Roma sembra aver scelto nel quadro spaziale europeo sembra comunque quello di leader nel campo dell’Osservazione della Terra, un campo ritenuto di assoluto valore strategico, non solo dal punto di vista scientifico ma altrettanto per il settore della difesa. L’Italia è infatti all’avanguardia del settore grazie alla costellazione (nazionale) COSMO-SkyMed e alla sua partecipazione alla realizzazione del 50% dei sei satelliti “Sentinella”, questi ultimi, a loro volta, costituenti il Programma Spaziale Europeo di Osservazione della Terra, anche noto come Copernicus.

Serie GEOSPAZIO

  1. La carica dei privati arriva alle stazioni spaziali
  2. Di chi è il cielo?
  3. Addio stelle
  4. L'Italia e la diplomazia spaziale
  5. Guerra e tensioni internazionali: quale futuro per le collaborazioni spaziali?
  6. Stop a ExoMars: la guerra ferma la collaborazione spaziale tra ESA e Russia
  7. Obiettivo Luna
  8. Obiettivo asteroide: impatto!
  9. Gli Emirati Arabi nella fascia degli asteroidi
  10. Tra Luna e Sole: l’India cerca il suo futuro nello spazio

POTREBBE INTERESSARTI

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012