SOCIETÀ

L’Unione Europea blocca l’AI di Meta

Un po’ ce lo potevamo aspettare, ma non con queste tempistiche. Era già tutto pronto, e il 26 giugno Meta avrebbe dovuto lanciare anche in Europa la sua intelligenza artificiale, che avrebbe potuto allenarsi utilizzando i contenuti degli utenti su Facebook, Instagram e Whatsapp. Nessun utente avrebbe dovuto dare il proprio consenso, ma in conformità al GDPR esisteva una procedura per opporsi (qui abbiamo spiegato come impedire all’AI di Meta di allenarsi con i nostri dati): non esattamente intuitiva, ma ne abbiamo viste di peggiori. Questa possibilità non era prevista invece per gli utenti degli altri paesi, che hanno dovuto accettare la novità di buon grado senza poter opporsi, a meno di non abbandonare le tre piattaforme.
In varie agenzie di comunicazione fervevano i preparativi, visto che la possibilità di creare immagini “dal nulla” quando un cliente ha un budget scarso semplificava il lavoro a entrambe le parti in gioco.

Peccato che “dal nulla” non esiste, e che quelle immagini sarebbero appunto state il frutto della combinazione tra moltissimi elementi di altre foto condivise sui social dagli utenti. In effetti il dubbio sulla liceità del procedimento per un’istituzione che come l’Unione Europea è sempre stata molto attenta alla privacy dei suoi cittadini era sorto, ma con il diritto di opposizione garantito da Meta, per quanto non troppo pubblicizzato, sembrava essere tutto a posto.

All’ultimo momento, però, l’Unione Europea ha bloccato il lancio di Meta AI sul suo territorio, anche se, come Meta stessa ha fatto notare in un articolo sul suo blog, le autorità europee erano state informate ancora a marzo. Eppure la Irish Data Protection Commission (DPC), Garante Privacy irlandese, ha aspettato l’ultimo momento per bloccare Meta AI (agendo a nome delle autorità di protezione dei dati europee) perché non garantisce la privacy degli utenti, anche se l'azienda aveva garantito che i dati raccolti non sarebbero stati collegabili a un profilo specifico, tanto che in un primo momento la DPC aveva dato un parere positivo.

Quello che stupisce, infatti, è soprattutto il timing: un blocco a poco più di una settimana da un lancio crea ingenti danni economici all’azienda che lo subisce, e Meta era convinta di aver avuto un approccio conforme alle leggi e ai regolamenti europei. L’ipotesi è che il blocco sia dovuto alle recenti denunce di alcune associazioni non profit che agiscono per il diritto alla privacy, come per esempio None Of Your Business, che si occupa di protezione dei consumatori, che aveva criticato la procedura di silenzio/assenso: gli utenti, infatti, non venivano interpellati direttamente, ma se non si preoccupavano di fare opt-out per opporsi al trattamento dei dati davano implicitamente il loro consenso. La cosa è ancora più grave perché se questi dati non sono legati all’account, come ha dichiarato Meta, ne risulta difficile, se non impossibile, anche la cancellazione su richiesta.

Rimaniamo molto fiduciosi che il nostro approccio sia conforme alle leggi e ai regolamenti europei. La formazione AI non è esclusiva dei nostri servizi e siamo più trasparenti di molte delle nostre controparti del settore Meta

Quello che stupisce è soprattutto il timing: un blocco a meno di sei giorni da un lancio crea ingenti danni economici all’azienda che lo subisce, e Meta era convinta di aver avuto un approccio conforme alle leggi e ai regolamenti europei. L’ipotesi è che il blocco sia dovuto alle recenti denunce di alcune associazioni non profit che agiscono per il diritto alla privacy, come per esempio None Of Your Business, che si occupa di protezione dei consumatori, che aveva criticato la procedura di silenzio/assenso: gli utenti, infatti, non venivano interpellati direttamente, ma se non si preoccupavano di fare opt-out per opporsi al trattamento dei dati davano implicitamente il loro consenso. La cosa è ancora più grave perché se questi dati non sono legati all’account, come ha dichiarato Meta, ne risulta difficile, se non impossibile, anche la cancellazione su richiesta.

Cosa succederà adesso non è chiaro, ma di sicuro chi aspettava a braccia aperte e tastiere pronte questa innovazione è destinato a rimanere deluso, visto che la DPC ha chiesto esplicitamente di ritardare le procedure di addestramento. Probabilmente Meta dovrà sedersi al tavolo delle trattative (ma potrebbe anche rinunciare, come aveva fatto inizialmente, ma per lungo tempo, per il lancio europeo del nuovo social Threads, legato a Instagram), anche se si è già lamentata dell’”ulteriore ritardo nel portare i benefici dell'IA ai cittadini europei”, rilevando come le procedure dell’azienda siano più trasparenti di quelle dei concorrenti.

Superando l’iniziale sogghigno dovuto a una reazione piuttosto infantile (“maestra, ma anche i miei compagni vanno a sbirciare nell’armadietto delle bambine!”) ci troviamo a constatare che siamo di nuovo di fronte a un conflitto tra innovazione e privacy, che ci spinge a chiederci come sia possibile che una tecnologia così avanzata non lo sia abbastanza per garantirla. Va anche notato che nulla impediva a Meta di lanciare la sua AI anche in Europa, senza raccogliere i dati dei cittadini: certo, ci sarebbero state frizioni culturali, com’è successo con le forzature etniche e sociali di Gemini, che restituiva immagini di papi donna e senatrici afroamericane del XIX secolo, ma se è l’innovazione che interessa (e non i dati altrui) su questi inconvenienti si potrebbe chiudere un occhio.

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