CULTURA

La musica e il suo potere di far dimenticare gli orrori dell'Isis

Si dice che la musica abbia un effetto terapeutico sulle persone, a volte può avere un’influenza a livello di comunità. Siamo nel nord ovest dell’Iraq, più precisamente nella zona montuosa del Sinjar dove 5 anni fa si è compiuto uno dei più violenti e disumani attacchi dell’Isis. In questa ristretta zona del Medio Oriente vivevano gli Yazidi, una minoranza curda religiosa con una storia di persecuzioni che dura da quasi quattro secoli. Dalle recenti violenze subite dallo Stato Islamico, il popolo yazida sta tentando di rialzarsi, grazie anche al recupero della propria cultura e tradizione musicale.


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Nei primi di febbraio 2020, un gruppo di ragazze yazide, di età compresa tra i 15 e i 22 anni, è partito alla volta del Regno Unito. È un coro che celebra e custodisce la cultura e la storia yazidi, legato dagli orrori commessi dall’Isis. Metà delle ragazze, infatti, è stata rapita, resa schiva e stuprata dai militanti durante l’assedio. La musica sta avendo un ruolo terapeutico per queste ragazze, aiutandole a tornare alla normalità e a riscoprire la propria identità yazida.

Questo è stato reso possibile grazie al progetto della fondazione inglese Amar che, attraverso l’interesse e la passione del violinista Micheal Bochmann, ha avviato un progetto per preservare e sostenere la musica di questa comunità per le generazioni future. Storicamente, la musica yazidi, infatti, non è mai stata scritta o registrata. Negli Yazidi viene utilizzata principalmente in tre momenti della vita comunitaria: religioso, cerimoniale e folkloristico. Secondo gli esperti, un musicista yazidi può memorizzare circa 500 canzoni, alcune delle quali risalenti a diversi millenni fa.

Una storia e un popolo antico che ha subito numerosi attacchi nel corso degli anni, soprattutto di carattere religioso. Il loro credo si fonda sul zoroastrismo, con influenze islamiche, cristiane ed ebraiche, e sulla figura di Malak Tawous, l’Angelo Pavone. Da diversi secoli, a causa di questo loro culto, sono perseguitati dagli jihadisti che li considerano “adoratori del diavolo”: in alcune teorie si fa riferimento alla somiglianza tra Malak Tawous e Iblis, l’angelo caduto del Corano. Le persecuzioni del popolo Yazidi iniziarono sotto l’Impero Ottomano che compì numerosi massacri e saccheggi, negando anche i diritti già concessi alle altre religioni. Lungo tutto il Ventesimo secolo, gli Yazidi furono perseguitati nuovamente in più momenti: nel 1957 sotto il regno di Faysall II, nel 1969 e nel 1975 dal presidente Ahmed Hasan al-Bakr e infine durante il periodo di Saddam Husain che ordinò tra il 1987 e 1988 una delle più violente repressioni, a cui si aggiunse una deportazione verso Jebel Sinjar, storico insediamento yazidi. L’Isis è solo l’ultimo degli attori di questa lunga persecuzione: l’Onu ha stimato che sono stati catturati e uccisi quasi 5.000 yazidi, mentre tra i 5.000 e i 7.000 sono stati venduti come schiavi. L’area attorno a Sinjar è ancora oggi disabitata: la paura che lo Stato Islamico ritorni è ancora viva nelle persone di questa cultura così antica e così lacerata.

L’impatto che l’attacco dell’Isis ha avuto sulla cultura e in particolare sulla musica yazida è stato significativo: molti musicisti, infatti, hanno perso la vita prima di poter trasmettere la loro conoscenza alle generazioni più giovani, aggiungendo anche il problema dell’invecchiamento di chi è riuscito a sopravvivere. Questo ha interrotto il tradizionale tramandamento orale della loro cultura.  La fondazione Amar sta intervistando i musicisti, registrando, fotografando e filmando numerose performance con l’obiettivo di creare un archivio, conservandolo poi alla Bodleian Library di Oxford e nelle librerie Mosul e Dohuk. Il violinista Bochmann è a capo del progetto della fondazione: insieme a ingegneri del suono e altri musicisti ha procurato quasi 100 contenuti da preservare per le generazioni future e per far conoscere la cultura yazida. 

Oltre alla parte dedicata alla conservazione, si aggiunge quella dell’insegnamento: in cinque campi profughi sono partiti dei programmi per imparare la musica yazidi che coinvolgono a oggi circa 400 persone e la maggior parte di loro sono bambini e ragazzi. Vengono fatte conoscere e insegnate le canzoni della cultura yazidi a cui si aggiungono le lezioni sugli strumenti tradizionali e il coro di ragazze.

Quest’ultimo elemento del programma è diventato un esempio di rinascita e di come la musica possa essere non solo un fattore aggregante per una comunità ma anche avere un risvolto curativo: Bochmann ha raccontato di come questo progetto abbia incoraggiato le ragazze a uscire dalle proprie tende e iniziare a cantare, trovando così supporto l’una nell’altra. Sono numerose le dichiarazioni che le componenti del coro hanno rilasciato ai media inglesi: Rainas Elias, 19 anni, ha raccontato al The Guardian che il progetto è una parte importante del proprio processo di guarigione, soprattutto a livello psicologico, aiutandola a elaborare ciò che le è successo. Sulle pagine online del The Telegraph, Asia spiega che aveva 10 anni quando è stata rapita e torturata e che ancora oggi soffre di incubi: il coro l’aiuta a distanziarsi da quell’esperienza e a sentirsi in un posto felice

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