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Pandemia e psico-pandemia. Le conseguenze del lockdown sul funzionamento cognitivo

Uno studio condotto all'interno del Dipartimento di psicologia generale dell'università di Padova, con la collaborazione di alcuni ricercatori dell'l’IRCCS Santa Lucia di Roma, ha indagato gli effetti psicologici del lockdown sulla capacità di memoria, concentrazione, attenzione e pianificazione delle attività. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Plosone e hanno evidenziato un generale peggioramento delle funzioni cognitive, accompagnato da un relativo miglioramento della memoria, una relazione tra funzionamento cognitivo e aspetti psicologici, e un fattore di rischio differenziato per alcuni gruppi di popolazione.

La coordinatrice dello studio è la professoressa Giorgia Cona, del Dipartimento di psicologia generale dell’università di Padova e del Padua Neuroscience Center, che ci ha illustrato gli obiettivi principali della ricerca e l'importanza dei risultati ottenuti.

“Diverse ricerche hanno mostrato che il periodo del lockdown sia associato ad un aumento di ansia stress, depressione”, spiega la professoressa Cona. “Tuttavia, finora nessuno aveva indagato se vi fossero delle modificazioni a livello cognitivo, come conseguenza di questa condizione. Per questo ci siamo domandati: come gestiamo, dal punto di vista cognitivo, la nostra giornata durante il lockdown? Qual è il nostro livello di attenzione, di concentrazione, di memoria? E quale la nostra capacità di pianificare e gestire più compiti e attività contemporaneamente? Nessuno aveva ancora risposto a queste domande, quindi abbiamo pubblicizzato un questionario online che valutava queste abilità cognitive prima della chiusura e poi durante l'ultimo periodo del lockdown.

Dal confronto di questi dati è emerso che le persone, in generale, riferivano un peggioramento del loro funzionamento cognitivo. Erano meno attente, facevano fatica a rimanere concentrate, avevano un peggiore orientamento temporale, cioè facevano fatica a ricordare che giorno e che ora fosse. D'altra parte, riferivano un miglioramento della loro memoria. Questo aspetto, che può sembrare paradossale, può essere probabilmente spiegato dal fatto che in quel periodo nessuno di loro avesse una vita frenetica e piena di appuntamenti, perciò era più facile ricordare quali fossero i pochi impegni da rispettare”.

“Lo step successivo è stato quello di mettere in relazione il peggioramento cognitivo con i sintomi psicologici”, continua la professoressa Cona. “Abbiamo trovato uno stretto legame tra i due. Infatti, più la persona riferiva un aumento di ansia e depressione, più sentiva che la sua performance cognitiva era peggiore. All'aumentare dei disturbi psicologici corrispondeva quindi un peggioramento nella cognizione.

Il terzo obiettivo era quello di indagare i fattori di rischio, per capire se esistessero dei gruppi di persone più fragili e vulnerabili, che risentivano maggiormente dell'effetto del lockdown. È stato abbastanza sorprendente individuare questi gruppi, che comprendono i giovani (in confronto a loro, il peggioramento delle funzioni cognitive negli anziani non risultava particolarmente evidenziato), e le donne. Inoltre, abbiamo notato una relazione generale tra la tendenza compulsiva a ricercare notizie sul covid e un peggioramento dei sintomi psicologici, che aveva come effetto un peggioramento della funzione cognitiva”.

Dalla ricerca è emerso quindi che coloro che tendono a cercare spesso informazioni sul covid, sentono aumentare l'ansia e la depressione, con un effetto anche sulla cognizione. Sono state individuate invece delle ragioni in particolare che potessero spiegare il peggioramento cognitivo in particolare sui giovani e sulle donne?

I nostri dati non possono identificare una vera causa”, chiarisce la professoressa Cona. “Tuttavia, abbiamo pensato a delle possibili spiegazioni: i giovani, rispetto agli anziani, hanno una rete sociale più fitta. Sono abituati a uscire di più, rimangono meno in casa, e perciò la riduzione delle attività sociali è maggiore per loro. Per quanto riguarda le donne, una spiegazione verosimile è dovuta alla difficoltà di gestire lavoro e anche incarichi familiari contemporaneamente. Quindi è possibile che si sentissero più oberate dai loro compiti e costrette a gestire più aspetti della loro vita allo stesso tempo”.

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