C’è un filo rosso che unisce le grandi città di tutta Europa. Che siano Porto o Lisbona in Portogallo, Milano, Venezia e altre città italiane, Dublino, Berlino, Parigi, insomma molte grandi città dall’uscita della fase più complessa della pandemia in poi si sono ritrovate ad avere un grosso problema di affitti. Parliamo degli affitti a lungo termine, perché quelli a breve, cioè pochi giorni di villeggiatura, continuano ad essere ben presenti e, in alcuni casi, sono anche una delle cause del problema. I motivi dell’incremento dei prezzi degli affitti e della mancanza di abitazioni per questa tipologia di mercato però sono innumerevoli ed ogni città ha una sua personale storia sociale e politica che dovrebbe essere analizzata a fondo. È utile vedere però che l’aumento dei prezzi dell’affitto è una tendenza che è ben presente in tutta Europa.
Facendo un confronto tra gli ultimi trimestri vediamo che nel primo del 2023, i prezzi delle case nell’UE sono diminuiti del -0,7% rispetto al quarto trimestre del 2022, mentre gli affitti sono aumentati dello 0,9%. Rispetto al primo trimestre del 2022 poi, gli affitti delle case nell’Unione Europea sono aumentati del 2,9%.
I dati sono stati rilasciati da Eurostat, e grazie a questi possiamo vedere come la serie storica riporti una continua crescita dei prezzi negli ultimi 20 anni sia nell’area euro che nell’intera Unione Europea.
Si nota inoltre che i prezzi delle case e gli affitti nell’UE hanno seguito un andamento crescente simile tra gli ultimi trimestri e il 2010 e il secondo trimestre del 2011. Un aumento che però è variato tra le due topologie. I prezzi per l’acquisto di immobili infatti sono cresciuti con notevoli oscillazioni negli anni, mentre gli affitti sono aumentati costantemente durante tutto questo periodo, fino al primo trimestre del 2023, ultimo dato a nostra disposizione.
Un trend che vale per 26 paesi su 27. La sola Grecia dal 2010 ad oggi ha visto calare il prezzo degli affitti, prezzo però che in quegli anni è stato ai massimi degli ultimi 20 anni a causa della grave crisi economica che aveva colpito diversi Paesi. Oggi la situazione greca non è di certo rosea in quanto due terzi della popolazione spendono attorno al 40 per cento del proprio reddito per pagarsi un affitto. Un’oscillazione non banale negli anni ‘10 del 2000 è avvenuta anche in Spagna e, in misura minore, anche in Italia.
I Paesi che però negli ultimi otto anni hanno visto un incremento del costo degli affitti più marcato sono: Ungheria, Lituania ed Estonia. Tutte queste nazioni hanno avuto un incremento dei prezzi d’affitto superiore al 60% dal 2015 ad oggi. I Paesi in cui dal 2015 in poi gli affitti sono aumentati in modo meno marcato invece sono Francia e Italia, dove però dopo una crescita lieve si è notato un aumento drastico nell’ultimo anno.
Ma a cosa son dovuti questi rincari? Come spesso accade trovare un’unica motivazione significherebbe dare una visione troppo miope della questione. Sappiamo che l’insicurezza abitativa è sulle spalle dei privati ed è dovuta da concause quali l’elevata inflazione, l’aumento dei tassi di interesse e l’aumento dei costi di costruzione. In alcune zone, come abbiamo visto per la Grecia, la spesa delle famiglie per l'abitazione e il riscaldamento supera il 50% del reddito mensile. Acquistare o affittare una casa, da Berlino a Londra, da Parigi a Venezia, sta diventando quasi impossibile per un comune cittadino.
Facciamo però degli esempi concreti: partendo dal nord Europa vediamo come in Norvegia, ed in particolare ad Oslo, gli affitti siano aumentati di quasi il 17% dal terzo trimestre del 2021 ad oggi. A Dublino i prezzi sono in continua crescita, tranne nel mese di aprile 2020, dal 2014. Rispetto a dieci anni fa l’affitto costa quasi il doppio.
In città come L'Aia e Utrecht in Olanda ci sono stati aumenti considerevoli in tutte le tipologie di immobili mentre sembra che i prezzi degli appartamenti ad Amsterdam si stanno stabilizzando, mostrando però ancora un aumento elevato su base annua (17,9%).
A Lisbona poi, secondo l'indice HousingAnywhere International Rent, nel secondo trimestre del 2023 affittare un appartamento con una stanza costa mediamente 2.300 euro. Un aumento che si è riscontrato non solo nella capitale portoghese ma che nell’intera UE è stato del 9,6% annuo, contro l'11,9 % nel primo trimestre 2023. L’HousingAnywhere International Rent ha analizzato circa 64.000 immobili in tutte le varie città prese in considerazione rispetta a tre diverse tipologie di locazione: appartamento completo ammobiliato, stanza singola o studio. Le camere hanno mostrato un aumento medio su base annua del 9,7%, con i prezzi a Lisbona che sono aumentati del 29,4% da un anno all’altro, seguita da L'Aia (28,6%) e Berlino (22,6%). Per gli appartamenti invece è Budapest che mostra il maggiore aumento dei prezzi con il 42,9%, seguita da L'Aia (27,8%) e Utrecht (25,8%). Gli studi infine vedono un aumento medio nell’UE su base annua del 10,1%, e, anche in questo caso, Lisbona è in testa con un aumento annuo del 70,3%, seguita da Firenze (33,3%) e Amburgo (27,4%).
Alla luce di tutti questi dati abbiamo la conferma che nell’intera Europa (e non solo) c’è un problema di insicurezza abitativa. Lo ribadisce anche il report Unaffordable and inadequate housing in Europe che mette in luce come ulteriori fattori da tenere in considerazione quando parliamo dei costi delle abitazioni, siano anche i cambiamenti a lungo termine nel consumo di energia e nella produzione della stessa derivante dalla transizione verde. Inoltre l’instabilità deriva sia dai cambiamenti socioculturali derivanti dalla pandemia di Covid-19, che potremmo banalizzare dicendo che le case ora spesso non solo solo degli ambienti di vita privata ma anche di lavoro, sia dalla guerra russa contro l’Ucraina, che in molti luoghi ha creato la necessità di ospitare un gran numero di rifugiati.
Negli ultimi anni sono cambiate le preferenze abitative, si è trasformato il lavoro e questi cambiamenti sono arrivati ad una velocità che non permette una rapida stabilizzazione. L’ultimo aspetto su cui vogliamo concentrare l’attenzione, è analizzare a che età si esce di casa, cioè capire se tutti i fattori visti fino ad ora hanno influito anche sul lasciare casa dei genitori e, se si, in che modo. Secondo i dati l’età in cui almeno il 50% delle persone nell’UE viveva fuori dalla casa dei genitori è aumentata dai 26 anni del 2007 ai 28 del 2019. Mediamente nel 2010, nell’UE, l’80% delle persone di età compresa tra 18 e 24 anni e il 29% di quelle tra 25 e 34 anni vivevano con i propri genitori. Nel 2019 queste quote erano salite all’83% e al 31%.
Aiutati dai dati Eurostat vediamo come negli ultimi dieci anni la percentuale di giovani adulti, cioè ragazzi e ragazze tra i 18 ed i 34 anni, che vivono con i genitori è mutata, ma non in modo uniforma in tutti i Paesi. Si va da dagli estremi della Svezia, in cui poco più del 12% vive ancora con i genitori (era il 26,6% nel 2013) alla Croazia dove tale percentuale supera il 78%. In Italia nel 2013 i giovani adulti che vivevano con i genitori erano il 62,5%, mentre nel 2022 tale percentuale è aumentata al 69,4%.
Insomma anche l'età in cui i giovani lasciano la casa dei genitori è influenzata da tutti quei fattori che abbiamo visto come fino ad ora abbiano cambiato completamente il mercato dell’abitare. Fattori che vanno dal coinvolgimento nel mercato del lavoro, alle scelte educative, dalla formazione familiare fino ai costi dell’alloggio. Costi che negli ultimi anni abbiamo visto essere saliti in modo vertiginoso. A questo poi bisogna aggiungere che l’instabilità ha fatto si che salissero anche i tassi dei mutui, motivo per cui l’acquisto di una casa non può essere automaticamente la soluzione migliore.