immagine Flickr/Wikimedia – CC BY-2.0
Le balenottere azzurre sono gli esseri viventi più imponenti mai vissuti sulla Terra, più grandi anche del più grande dei dinosauri, ed evocano immagini magnifiche, di potenza, controllo e dominio dell’ambiente che li circonda. Le loro misure sono sorprendenti: possono arrivare a 180 tonnellate di peso e misurare fino a 33 metri di lunghezza.
La nostra conoscenza di questi animali è inversamente proporzionale alla loro maestosità. Per molti versi i comportamenti e le azioni dei cetacei rimangono avvolti dal mistero, anche per la difficoltà di studiare i loro comportamenti.
Un recente studio pubblicato su PNAS ci permette di fare un passo in avanti: la ricerca ha approfondito il tema delle migrazioni delle balenottere azzurre, scoprendo che queste hanno una memoria molto sviluppata quando devono spostarsi alla ricerca di cibo.
“Le balenottere azzurre sono animali prodigiosi – ha spiegato Bruno Cozzi, che insegna Anatomia veterinaria a Padova – che durante la loro vita si spostano per grandissime distanze. Qui si cerca di capire come avvengono, e quali sono i riferimenti, dei loro spostamenti”.
Lo studio ha preso in considerazione 60 balenottere, i cui movimenti sono stati registrati tramite GPS, e i dati sulla concentrazione di krill, la loro principale forma di alimentazione, misurati in 10 anni di rilevazioni. Quello che si è osservato è una stretta correlazione tra le destinazioni migratorie delle balenottere e i luoghi con grande densità di fitoplancton, cioè organismi che costituiscono il plancton: questa misura è necessaria per stimare le quantità di krill, altrimenti difficilmente misurabili. Quando scelgono quale percorso intraprendere, le balenottere lo fanno sulla base della probabilità di trovare nutrimento, in base alle condizioni che avevano trovato l’anno precedente.
“Gli animali utilizzano l’olfatto e la memoria come strumenti principali per la sopravvivenza, specie se vivono in un ambiente aperto – continua Bruno Cozzi. Nelle balenottere azzurre, però, la parte del cervello “dedicata” ai ricordi è praticamente inesistente: se abbiamo capito che questi esseri viventi hanno una grande memoria, non sappiamo però ancora con precisione come fanno ad utilizzarla”.
È molto difficile dunque individuare una correlazione netta tra memoria e comportamento: in aggiunta, studiare animali così complessi è ancora più difficile visto che vivono e si spostano nei mari e negli oceani. Lo studio conclude le sue riflessioni con un accenno al cambiamento climatico come potenzialmente dannoso per queste migrazioni, a causa delle alterazioni che può produrre rispetto alla presenza dei fitoplancton.
Rimane ancora molto da scoprire sulla vita di questi splendidi animali “a dir la verità – conclude Bruno Cozzi – non sappiamo ancora bene come facciano a sopravvivere! Con le nostre conoscenze attuali non riusciamo a spiegare come i cetacei possano uscire vivi da grandi periodi in immersione di 80-90 minuti, a oltre 2000 metri di profondità”.