SCIENZA E RICERCA

Profumo di niente

L'aroma del caffè che rende più accettabile una levataccia mattutina, quelle spezie che aggiunte ad una ricetta semplice e veloce ci fanno sognare di essere in viaggio verso l'oriente del mondo, le piante aromatiche tipiche della macchia mediterranea che rendono ancora più speciale una passeggiata vicino al mare. Ma anche il profumo che all'improvviso ci riporta all'infanzia o l'odore del nostro partner, così familiare e rassicurante.

Quelle appena elencate sono tutte esperienze abbastanza comuni e se ne potrebbero aggiungere molte altre, anche decisamente meno piacevoli. Ma cosa potrebbe succedere se la nostra vita diventasse all'improvviso priva di ogni possibilità di rapporto con gli odori? O se il loro "vocabolario" si ribaltasse e ci trovassimo con un caffè che sa di metallo? Nel volume Profumo di niente. Perdere l'olfatto e riscoprire i propri sensi, fresco di stampa per Codice edizioni, la neuroscienziata e divulgatrice Anna D'Errico indaga l'esperienza di chi, in modo temporaneo o permanente, dalla nascita o nel corso della vita, si trova a dover ricalibrare le proprie esperienze di sé, degli altri e del mondo dovendo fare a meno della possibilità di percepire gli odori. E restituisce la complessità di un senso che a lungo è stato ingiustamente trascurato, probabilmente perché associato a una dimensione corporea e irrazionale, e dunque privo di quelle caratteristiche che filosofi come Kant ed Hegel attribuivano alla vista e all'udito in qualità di sensi dell'intelletto, gli unici ritenuti in grado di garantire una conoscenza affidabile della realtà. 

Eppure negli esseri umani i geni dedicati alla vista sono soltanto tre mentre circa 900 codificano per recettori olfattivi, anche se quelli realmente funzionanti sono 400 in quanto i rimanenti hanno perso funzionalità nel corso dell’evoluzione. "Il corredo genetico dedicato all’olfatto è tra i più estesi dell’intero genoma", spiega l'autrice ricordando che questo rende "un’idea di quanto ampia possa essere la gamma di odori che possiamo percepire".

L'olfatto rimane comunque in parte ancora misterioso. I recettori olfattivi furono scoperti solo nel 1991 dagli scienziati Richard Axel e Linda Buck che ricevettero poi il premio Nobel nel 2004. I loro studi permisero di intuire alcuni aspetti importanti della logica olfattiva ma la stima di quanti odori ognuno di noi può sentire e distinguere è ancora incerta e va da qualche migliaio ad alcuni milioni. "Diversamente dagli altri sensi, l’olfatto ha un funzionamento che non si è ancora del tutto compreso ed ecco spiegato il motivo di tanta incertezza. Infatti, uno degli ambiti di ricerca di frontiera nella scienza dell’olfatto riguarda questi meccanismi, a partire proprio dal codice degli odori: i ricercatori non hanno ancora capito in che modo esattamente le molecole odorose interagiscono con i recettori e, in particolare, non si sa perché certe molecole hanno l’odore che hanno", osserva l'autrice.

Se dell'olfatto non è ancora stato capito tutto altrettanto ampia è la scarsa consapevolezza sull'esperienza della sua perdita. Eppure si tratta di una condizione molto più comune di quanto non si possa pensare visto che si stima riguardi circa il 5% della popolazione, con numeri che crescono significativamente con l'aumentare dell'età. Se applichiamo il dato al contesto italiano significa che nel nostro Paese sono circa tre milioni le persone che non sentono gli odori, o li sentono poco e in modo disfunzionale, ricorda Anna D'Errico.  

E nonostante sia una condizione tutt'altro che rara se ne parla poco: Covid-19 ha portato a una maggiore attenzione su questo tema perché, sin dall'inizio della pandemia, è stato osservato come la perdita di gusto e olfatto fosse uno dei sintomi del contagio (almeno per le prime varianti virali in circolazione), oltre che una conseguenza a medio-lungo termine anche una volta guariti dall'infezione. Prima dell'irrompere del virus SARS-CoV-2 l'attenzione dedicata alle alterazioni olfattive è stata invece generalmente limitata e questo nonostante le condizioni in grado di determinarle siano molteplici (più raramente congenite o dovute a malattie neurologiche, più frequentemente causate da stati infiammatori o poliposi nasale). 

consideriamo l’olfatto un senso dispensabile, eppure ci profumiamo tantissimo. Questa enorme discrepanza si riflette [...] nella quasi completa assenza di una cultura di prevenzione e cura dei problemi legati all’olfatto

E l'esperienza di chi perde la possibilità di percepire gli odori può essere traumatica: come spiega Anna D'Errico il rapporto con il cibo può modificarsi radicalmente, la sfera sessuale può risultare fortemente condizionata e le persone possono sviluppare profonde paure legate all'impossibilità di avvertire eventuali fughe di gas o al rischio di mangiare cibi andati a male, ma anche la difficoltà di non poter avere un controllo sul proprio odore arrivando talvolta a vere e proprie fobie di non essersi lavati abbastanza.

Nel libro, che arriva dopo il precedente volume Il senso perfetto con cui l'autrice nel 2020 è arrivata nella cinquina finalista del Premio Galileo, Anna D'Errico approfondisce in modo accessibile a tutti gli aspetti fisiologici dell'esperienza olfattiva e il suo legame con la sfera gustativa, sottolineandone sia la variabilità individuale, sia il ruolo della dimensione culturale. Una narrazione avvincente che intreccia i progressi con cui la scienza è gradualmente arrivata a una maggiore conoscenza dei meccanismi olfattivi a riferimenti storici che ci ricordano come un tempo la teoria dei miasmi avesse portato alla speranza di arginare le epidemie (l'esempio più emblematico è quello della peste) contenendo gli odori, erroneamente reputati la causa e non la conseguenza di infezioni e malattie. 

Capitolo dopo capitolo l'esperienza della perdita dell'olfatto viene indagata approfondendone le cause (anosmia congenita, senilità e malattie neurodegenerative, cause non neurodegenerative come da un lato incidenti e traumi alla testa, dall’altro infezioni virali, riniti e infiammazioni) e lo stesso viene fatto per i disturbi gustativi, anch'essi "piuttosto difficili da calcolare con esattezza, perché non sempre vengono fatti test specifici per il gusto e quelli estesi a un largo campione di popolazione sono pochi". A proposito di test vengono approfondite le diverse categorie di esami con cui sono condotte misure oggettive e quantificabili di olfatto e gusto e si arriva poi agli aspetti psicologici e pratici legati all'anosmia e alle prospettive di possibile riscoperta dei propri sensi.

Per i lettori che hanno la curiosità di provare a comprendere meglio, a livello pratico, le modalità con cui il proprio corpo elabora gli stimoli olfattivi e gustativi (ma anche tattili, visivi e uditivi) la sezione Sensorium, posta alla fine di ogni capitolo, offre molti spunti per abituarsi a rallentare, apprezzando così molte sfumature in più presenti nelle nostre esperienze quotidiane e hanno un'utile dimensione applicativa anche i consigli elaborati per aiutare chi ha alterazioni di gusto e olfatto ad alimentarsi in modo più gratificante e che in realtà possono essere interessanti per tutti i palati.

Combinando i risultati della ricerca scientifica, storie individuali ed esercizi sensoriali, Anna D'Errico offre informazioni comprensibili ma approfondite a chi si confronta con un mondo che non ha odori o in cui gli stessi sono percepiti in modo anomalo. E parallelamente rivela a tutti come l'olfatto sia molto più complesso di quanto non si possa pensare e resti per alcuni aspetti ancora un senso misterioso.

E' più opportuno parlare di alterazioni e non di perdita, proprio per lasciare aperta la strada verso una trasformazione che non equivalga al vuoto di un'assenza irreversibile

POTREBBE INTERESSARTI

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012