SOCIETÀ

Puoi impedire a Meta di usare i tuoi contenuti per addestrare l’AI

Spesso alcune persone, trascinate da amici che fanno altrettanto, condividono improbabili post su Facebook per diffidare Meta dall’intraprendere determinate azioni che loro stessi hanno autorizzato accettando le condizioni dei social (questa procedura, lo ribadiamo, è totalmente inutile, anche perché una qualsiasi diffida non si fa attraverso un post sui social).
Queste persone, forse, saranno contente di sapere che se risiedono in Europa potranno finalmente diffidare Meta dal fare qualcosa, è solo un po’ più complicato rispetto alla pubblicazione di un semplice post.

Ma partiamo dall’inizio: manca poco al 26 giugno, il giorno in cui Meta, l’azienda madre di Facebook, Instagram e Whatsapp, comincerà a utilizzare i contenuti degli utenti per allenare la sua intelligenza artificiale (Aggiornamento: il lancio è stato bloccato). Glielo abbiamo permesso noi quando ci siamo iscritti a questi servizi: probabilmente all’epoca non si parlava ancora di intelligenza artificiale, salvo per chi si è arreso a questi social solo di recente, ma abbiamo comunque dato ampia libertà a Meta per l’utilizzo dei nostri contenuti.

Il modello di business di Meta, storicamente, si basa proprio sulla raccolta di dati, che l'azienda accumula in abbondanza per nutrire il suo sistema di advertising, che costituisce la parte più sostanziosa del suo fatturato (parliamo di 40,1 miliardi di dollari di ricavi solo nel quarto trimestre del 2023), e che non si preoccupa di tutelare più di tanto gli utenti, anche perché la normativa statunitense in questo è molto più permissiva di quella europea. A riprova di questo, in America e in altri paesi non c’è alcun modo per impedire a Meta di usare i contenuti per addestrare l’AI, ma in Europa sì, anche se in alcuni casi potrebbe non essere risolutivo.

A questo punto, al lettore a cui interessasse semplicemente calarsi nei panni di Perry Mason declamando “Mi oppongo, Meta!” consigliamo di andare direttamente alla fine dell’articolo dove spieghiamo la procedura di opposizione. Prima però è utile cercare di capire cosa se ne fa Meta dei nostri contenuti, anche se, esattamente, non lo sappiamo. Magari servirà per insegnare all’intelligenza artificiale quali post cancellare in automatico, anche se forse sarebbe meglio impegnare esseri umani in un’attività così legata alla libertà di espressione (sì, è bello sognare). Se abbiamo preso in giro quelli che dalla loro bacheca intimavano a Meta di non utilizzare le proprie foto, perché chissà cosa se ne faceva Zuckerberg delle foto di nonna Abelarda con il copricostume tarmato mentre mangiava la parmigiana in spiaggia, ora sappiamo cosa succederà se un utente un giorno chiederà all’AI di Meta di creare l’immagine di una persona anziana che consuma un pasto pesante fronte mare.

Questa l’abbiamo realizzata al volo con Adobe Firefly, che addestra l’AI con le sue foto di stock (infatti non siamo riusciti a ricreare il copricostume tarmato, ma probabilmente su Meta sarà più facile proprio per l’abbondante materiale di partenza). Non sappiamo come funziona esattamente l’AI, se prenderà solo la posa di nonna Abelarda, solo la parmigiana o anche dei particolari che i parenti e gli amici potrebbero riconoscere, ma la sensazione che potrebbe scaturire sa un po’ da Black mirror.

Come opporsi all’utilizzo di contenuti da parte dell’AI di Meta

Tra fine maggio e inizio giugno all’indirizzo usato per Facebook è arrivata questa mail

Magari non ha destato inizialmente particolare interesse, ma per chi non l’avesse cestinata il procedimento è molto semplice: basta cliccare “diritto di opposizione”, selezionare il paese di provenienza e l’indirizzo che si utilizza per Facebook. Il GDPR non prevede che si debba inserire una motivazione per l’obiezione, quindi nella sezione “Spiegaci che impatto ha su di te questo trattamento dei dati” dovrebbe essere sufficiente scrivere “voglio oppormi” o qualcosa di simile (abbiamo fatto diverse prove: anche se Meta dichiara di riservarsi di analizzare la richiesta, questa è sempre stata accettata immediatamente, forse proprio perché selezionavamo paesi dell’UE).

Se però abbiamo perso la mail, si può accedere a questa pagina, scorrere in basso fino ad arrivare a “opposizione”, flaggare la casella “sì” per dichiarare che la richiesta si riferisce all’AI di Meta e seguire la procedura come descritta per chi accede dalla mail. In entrambi i casi, arriverà una mail dove viene dato un codice da inserire, e dopo averlo fatto arriverà quasi istantaneamente una mail che conferma l’accoglimento della richiesta.

La procedura va poi ripetuta su Instagram, dove i menu però sono diversi a seconda della tipologia di account. Nei profili personali si clicca sulle tre righe parallele nella sezione profilo

A questo punto si scorre fino in fondo e si clicca su “Informazioni”. Da qui si passa alla seconda voce “informativa sulla privacy”. Sembra come la pagina precedente, ma in realtà è diversa e specifica per Instagram, infatti “opposizione” la sezione su cui cliccare per accedere alla procedura già descritta non sta purtroppo alla fine, ma è più complicata da trovare. Un’alternativa più comoda e immediata è quella di cliccare su “diritto di opposizione” nel primo riquadro, e si potranno seguire i passaggi che abbiamo già descritto.

Così risolviamo tutto? Purtroppo no. Le nostre immagini possono continuare a essere utilizzate per allenare l’AI di Meta se le ha pubblicate un nostro amico che non si è opposto, e questo accade anche con i testi che sono stati condivisi tramite copia/incolla. "Potremmo comunque trattare le informazioni che ti riguardano per sviluppare e migliorare l'intelligenza artificiale su Meta, anche se ti opponi o non usi i nostri prodotti e servizi – spiega la normativa privacy. - Ad esempio, questo potrebbe accadere se tu o le tue informazioni: apparite in un'immagine condivisa sui nostri prodotti o servizi da qualcuno che li usa; siete menzionati nei post o nelle didascalie che qualcun altro condivide sui nostri prodotti e servizi”.

E qui andrebbe approfondita anche la questione etica: vogliamo davvero un’AI che si addestra leggendo le cose che scriviamo quando il nostro capo ci ha appena rimproverato? O quando in un commento insultiamo il politico di turno, visto che troppo spesso i social sono percepiti come “altro” rispetto al mondo reale, dove invece vigono norme sociali di cui ci si dimentica quando c’è uno schermo in mezzo? Non si rischia di interagire con bot aggressivi come noi nei momenti peggiori? Ai posteri l’ardua sentenza.

In ogni caso, il problema dei dati è più generale, e riguarda la scarsa consapevolezza dei propri diritti, e questa non può essere risolta dal seppur utile GDPR. Finche le persone continuano a credere che i loro dati e i loro contenuti potranno essere al sicuro grazie alla pubblicazione di un post su Facebook, aziende come Meta avranno vita facile, rendendo fumose le procedure di opposizione e diffondendole quel poco che basta a rispettare la legge europea. Forse in parallelo sarebbe utile organizzare dei percorsi di formazione sia sui dati che condividiamo sia sul funzionamento dei social, ma nel frattempo, come ogni avvocato americano messo in crisi da un nuovo testimone non ci resta che opporci, sperando che il giudice-Meta accolga la nostra richiesta.

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