CULTURA

Racconti giovanili e riscritture nell’archivio Mario Rigoni Stern

Di recente è stato concluso da Ilaria Zacchilli il censimento dell’archivio personale dello scrittore asiaghese Mario Rigoni Stern, il cui "Sergente" tutti abbiamo certamente letto almeno una volta.

Il suo archivio privato (“di persona” tecnicamente) è stato dichiarato d’interesse storico particolarmente importante il 14 giugno 2017 dalla Soprintendenza archivistica e bibliografica per il Veneto e per il Trentino Alto Adige, che lo ha reso così, a tutti gli effetti, un bene culturale.

Quel che però conserva non è tutto, perché Mario Rigoni Stern ha voluto, ancora in vita, che una parte dei suoi manoscritti fosse al Centro per gli studi sulla tradizione manoscritta di autori moderni e contemporanei di Pavia dove sono confluiti nel 1991 e nel 2000 sole due scatole, ma dal contenuto molto denso.

Anche l’Istituto per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea di Verona conserva parte dei documenti dello scrittore nel “Fondo Mario Rigoni Stern (Commissione d’indagine sui fatti di Leopoli)” in merito al massacro avvenuto nel 1941 in Ucraina. Si tratta di verbali e allegati, comunicati interni e comunicati stampa prodotti dalla commissione nel corso dei lavori e le bozze presentate in commissione da Lucio Ceva e Nuto Revelli, riviste da Rigoni Stern. 

"Ma in realtà – ci dice l'archivista che ci ha lavorato –  l’unico vero archivio è quello presente ad Asiago, perché solo in quest’ultimo i legami tra le carte sono riconoscibili e ricostruibili".

La corrispondenza è moltissima e tra questa, quella con le case editrici, specialmente con Einaudi, rivela aspetti significativi sia per la levatura degli interlocutori sia per le vicende, a volte tumultuose, che emergono dalle carte. Alcune lettere erano già note perché pubblicate dall’editore o rinvenute nelle ricerche di Giuseppe Mendicino presso l’Archivio di Stato di Torino dove si conserva l’archivio Einaudi, altre sono inedite.

Ma sono stati fatti anche ritrovamenti interessanti per quanto riguarda la produzione letteraria, come quaderni utilizzati per le minute, grazie ai quali è possibile, oltre che ricostruire un carteggio, identificare brevi racconti giovanili. In soffitta, in una scatola di latta con tanto di etichetta originale su cui si legge: “Manoscritti”, erano ben riposti 19 quaderni per un totale di 36 testi con date che arrivano fino agli anni Ottanta. Uno di questi, del 1950, è intitolato "Ghe riverem a baita? Il caposaldo" e su un biglietto l’autore ha annotato: "Questo è un tentativo di riscrittura del Sergente partendo prima del Caposaldo, ma interrotta alla 13sima pagina”.

Di tutto questo abbiamo parlato con Ilaria Zacchilli.

Che tipo di lavoro è stato compiuto sul fondo Rigoni Stern? Qual è lo stato dell’arte?

Quello che ho fatto tecnicamente si chiama “censimento analitico” ed è volto a rilevare la consistenza più precisa possibile della documentazione presente e la collocazione attuale nella abitazione privata di Rigoni Stern. Si tratta di una operazione preliminare al riordino e alla inventariazione vera e propria che avverranno nei prossimi mesi. Attualmente l'archivio non è ancora consultabile, ma abbiamo un quadro chiaro di quel che c’è.

I documenti, le carte, le lettere, i testi, gli articoli: come erano conservati? Il modo in cui erano disposti dal punto di vista archivistico ci dice qualcosa anche sulla personalità di Mario Rigoni Stern?

La parte propriamente di lavoro è conservata nei classici faldoni: i fascicoli editoriali, gli articoli dattiloscritti. In altri casi Mario Rigoni Stern utilizzava le cassette di legno delle bottiglie ricevute in dono, ma in pratica la documentazione è collocata un po' ovunque: dentro le ante dei mobili dello studio, in degli scatoloni in soffitta, riposti con un ordine sicuramente apprezzabile, ma ovviamente non archivistico. Ciò che ho potuto rilevare è la grande coerenza di vita tra l'uomo e lo scrittore. La semplicità, il rigore, la pulizia, la funzionalità si colgono anche nel modo di conservare le proprie carte. 

E sul Mario Rigoni Stern romanziere, questa analisi permette nuove riflessioni?

In questa fase del lavoro è difficile dirlo. Le correzioni che egli stesso apponeva agli articoli e ai racconti possono testimoniare il suo processo creativo. Così anche l'analisi dei taccuini poi rielaborati per la stesura dei suoi libri. Sarà interessante indagare in generale il rapporto che c’è tra il materiale raccolto da lui stesso secondo i suoi interessi e conservato in archivio e i libri o gli articoli poi pubblicati.

Il lavoro dell’archivista, in questi casi, si accompagna a una analisi di esperti del settore (critici letterari ecc.)? Verrà tutto letto nel dettaglio ed esaminato?

È sicuramente auspicabile un affiancamento di un esperto, a un certo punto del lavoro, anche se la finalità dell'archivista è fornire chiavi di accesso a un pubblico il più ampio possibile, non solo a quello di specialisti. Trattandosi dell'archivio di uno scrittore ci vorrà tempo, soprattutto per la cospicua corrispondenza, ma sarà senz'altro tutto letto ed esaminato, con una particolare attenzione – naturalmente – ai manoscritti.

È pensabile che i vari documenti presenti ad Asiago, a Pavia e a Verona vengano a un certo punto riuniti? E magari resi accessibili al grande pubblico?

Riuniti fisicamente no, a parte in occasioni di eventuali mostre. La tecnologia oggi ci permette però di riunire, almeno virtualmente, un archivio che si trova conservato in diverse sedi. Gli standard per la descrizione archivistica impongono un rimando alla documentazione dello stesso soggetto produttore conservata altrove. Gli altri fondi sono già presenti sul web e consultabili su richiesta e, in un progetto di valorizzazione dell'archivio di Asiago, non potrà mancare la componente della messa a disposizione sul web della banca dati prodotta.

Quando si compie un lavoro di archiviazione su un archivio personale quale compromesso si cerca tra “l’ordine” scelto dall’autore/artista ecc. e l’esigenza di catalogare in modo univoco e accessibile? E nel caso specifico di Rigoni Stern?

Bisogna rispettare la logica di produzione, più che la scelta delle modalità di conservazione. Come ho già detto la tecnologia informatica ci permette di eseguire un riordino “sulla carta e non sulle carte”, per usare una espressione molto conosciuta in archivistica. Questo non vuol dire certo che “le carte” non verranno toccate. Occorre ricostruire la struttura archivistica, spesso latente negli archivi di persona e descrivere tutte le unità secondo gli standard condivisi. Struttura e descrizione, corredate dagli apparati che si ritengono più utili, restituiscono l'archivio e lo rendono accessibile.

Da questo primo censimento è emerso qualcosa di “inaspettato”?

I quaderni manoscritti giovanili, conservati con cura, dimostrano che l'impulso alla scrittura è sempre stato presente nell’autore, ben prima della esperienza della guerra che tanto ha segnato la sua vita e quella di tanti giovani come lui.

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