SOCIETÀ

"Rubare" uno scatto. Le fotografie permesse e proibite in Italia

La riforma del copyright è stata approvata dal Parlamento Europeo. Rispetto ad altri provvedimenti, come il GDPR, ha fatto meno scalpore al di fuori degli ambienti interessati, ma sul web ci si è accaniti contro uno specifico emendamento non approvato, quello sulla libertà di panorama, che consente di pubblicare foto di luoghi pubblici anche se contengono opere con diritto d’autore. Si era cercato inizialmente di estendere questa libertà a tutti gli stati membri, mentre non approvando l’emendamento ogni stato potrà auto indirizzarsi.

Questo ha fatto infuriare stampa e blogger italiani, alcuni dei quali non si erano mai accorti che in Italia attualmente non c’è la cosiddetta libertà di panorama. In teoria, infatti, non potremmo pubblicare nemmeno su blog e social network le foto di beni culturali protetti dallo Stato. Anche se difficilmente il fotografo si vedrà recapitare una multa, di fatto questa possibilità esiste, e a quanto pare continuerà a esistere anche dopo la riforma.

Per avere indicazioni su ciò che si può o non si può fotografare, ci siamo rivolti a Roberto Caso, professore associato all’università di Trento (giurisprudenza) e delegato per l'open access e le politiche contro il plagio. “La materia è complessa – spiega il professore – perché su beni esposti alla pubblica vista (edifici, statue, pitture) possono insistere diritti diversi (proprietà, privacy, diritto d'autore e tutela dei beni culturali).”

 In questa sede scegliamo di limitare il discorso al diritto d'autore e alla tutela dei beni culturali, il secondo dei quali sembra anche il meno conosciuto, a giudicare dagli articoli che recentemente hanno popolato il web. Per quanto riguarda il diritto d’autore, l'eccezione dell'art. 70 della l. n. 633 del 1941 sul diritto d'autore consente "il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico [...] per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera".

“La norma – spiega Caso – è da interpretare alla luce della Costituzione e in particolare dell'art. 21 sulla libertà di manifestazione del pensiero. Secondo il mio punto di vista, la riproduzione e la comunicazione al pubblico mediante Internet di un'immagine di un'opera esposta alla pubblica vista è lecita se non costituisce concorrenza allo sfruttamento commerciale del titolare del diritto d'autore. Il terreno si fa scivoloso quando la foto non è pubblicata sulla propria pagina Web che non ha finalità commerciali, ma è pubblicata su un social network che ha finalità di lucro. Condotte di questo genere potrebbero essere ritenute come non comprese nell'eccezione dell'art. 70. Ovviamente, esiste poi uno scollamento tra quello che è la realtà e l'interpretazione corrente della legge.”

I social sono popolati di fotografie di questo tipo, che di fatto porterebbero dei guadagni, per esempio, a Facebook. Resta però da capire se qualcuno si sognerebbe mai di perseguire tutti quelli che scattano delle foto di fronte ad opere d’arte contemporanea, che spesso vengono esposte nei luoghi più frequentati delle città.

C'è poi l’eventualità che l’opera che si vuole immortalare sia un bene culturale protetto dallo Stato. “Il codice dei beni culturali (d.lgs. 22/01/2004, n. 42) presentava originariamente una disciplina molto restrittiva sulla riproduzione” spiega Caso. “Le diffuse critiche all'iniziale impostazione hanno portato a modificare il testo nel 2014 e nel 2017. L'attuale art. 108 comma 3-bis rende libera la riproduzione e la divulgazione dell'immagine del bene culturale, purché non sia fatta a scopo di lucro. Più specificamente con riferimento alla pubblicazione la norma rende libera la divulgazione con qualsiasi mezzo delle immagini di beni culturali, legittimamente acquisite, in modo da non poter essere ulteriormente riprodotte a scopo di lucro. La precisazione relativa all'ulteriore riproduzione per scopo di lucro sembra rendere problematica la pubblicazione dell'immagine su piattaforme commerciali come i social network".

Ma, in definitiva, come si fa a sapere se una specifica foto può essere condivisa senza problemi sui social? Purtroppo non si può. “Per i beni culturali – spiega Caso – esiste un catalogo in via di completamento. Per le opere dell'ingegno il problema è molto più complesso. L'opera dell'ingegno non è soggetta all'iscrizione obbligatoria in un registro pubblico. Dunque, il tasso di incertezza sulle opere protette dal diritto d'autore e, specularmente, su quelle cadute in pubblico dominio è elevatissimo. Si tratta di uno dei difetti della legge sul diritto d'autore che andrebbe corretto.”  

Nel complesso l’impressione è che la nuova normativa complichi le cose, più che semplificarle. E, come Antonella de Robbio, anche Roberto Caso manifesta delle perplessità: “La proposta di direttiva (nel testo attualmente licenziato dal Parlamento europeo ) è l'ennesimo brutto capitolo della storia del diritto d'autore. Difende alcuni interessi, fa poco per rendere più flessibile il diritto d'autore, interferisce con lo sviluppo di una Rete aperta e non guarda all'interesse pubblico. Inoltre, non raggiunge gli obiettivi prefissati di un mercato unico digitale. Interviene in modo disorganico solo su alcuni aspetti e genera molta confusione, a causa della scadente qualità della redazione delle norme. Ma la proposta di direttiva non è l'unico problema che abbiamo sul piano del diritto d'autore. Forse il maggior problema in questo campo è rappresentato dalla mentalità degli interpreti, tradizionalmente schierati, per la maggior parte, a favore di una visione restrittiva della legge sul diritto d'autore. La Corte di Giustizia dell'UE ha ribadito a più riprese che il diritto d'autore è sì un diritto fondamentale ma non è un diritto 'assoluto', nel senso che deve essere bilanciato con altri diritti fondamentali, come la libertà di manifestazione del pensiero. Da questo bilanciamento occorre ripartire, soprattutto sul piano dell'insegnamento. Occorre formare una nuova generazione di interpreti che sia più aperta mentalmente e guardi con maggiore equilibrio a tutti gli interessi chiamati in causa dal diritto d'autore”.

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