CULTURA

Salvare la storia per salvare noi stessi

La storia è un bene comune. La sua conoscenza è un principio di democrazia e di uguaglianza tra i cittadini. È un sapere critico non uniforme, non omogeneo, che rifiuta il conformismo e vive nel dialogo”. Con queste parole si apre il manifesto lanciato lo scorso aprile dallo storico Andrea Giardina, dalla senatrice a vita Liliana Segre e dallo scrittore Andrea Camilleri. Parole forti e decise che hanno un chiaro obiettivo: il tentativo di salvaguardare una disciplina che rischia di essere sempre più marginale, cadendo nell’oblio all’interno di una società che sembra non riconoscerle più un vero ruolo. Una tendenza presente già da alcuni decenni, ma che sembra essersi intensificata recentemente, con la decisione ministeriale di eliminare il tema storico all’esame di maturità. Una ferita per la storia, ma anche per l’intera comunità che forse ignora il pericolo esistente.

Prigioniero del presentismo, il mondo contemporaneo considera quasi irreali il passato e il futuro: l’attualità acquista così un grande potere diventando di fatto l’unica protagonista assoluta, degna di attenzione. Il riferimento al passato è utilizzato solo per giustificare e legittimare i fatti del presente, senza un vero interesse per il primo, nella convinzione che non serva analizzarlo criticamente per comprendere la realtà odierna.

Tutto ciò si accompagna ad un fenomeno che sembra in parte contraddire il minore coinvolgimento nei confronti di questa disciplina: oggigiorno, vi è infatti una fortissima domanda di storia all’interno del mercato mediale con una diffusione assai copiosa di romanzi, serie televisive, film e videogiochi a soggetto storico. Una vera e propria ossessione per ogni prodotto che contenga elementi di altre epoche o che ricostruisca eventi ed episodi del passato. Alla luce di questa crescente richiesta, si tratta quindi di comprendere come si sia giunti ad una svalutazione della disciplina nelle scuole e nella stessa società, che dimostra una forte passione per il cinema o la letteratura di carattere storico, ma spesso non riesce a relazionarsi con la materia nel modo giusto.

“Negli ultimi decenni si è verificata una variazione della modalità di fare ricerca storica: abbiamo avuto un ampliamento dei temi trattati, delle fonti e anche delle connessioni con altre discipline” - afferma Carlotta Sorba, docente di Storia e teoria culturale all’università di Padova - “Gli storici, anche quelli che si concentrano sulla contemporaneità, si occupano oggi di emozioni, di immaginari, di relazioni familiari e di genere, ma poco di tutto ciò che è stato registrato dai media che per lo più continuano a proporre al pubblico una visione molto tradizionale della storia – fatta di grandi personaggi, di guerre e di battaglie – diffusa nel senso comune e che la rende probabilmente poco appealing per i giovani di oggi”.

François Hartog, storico francese, sostiene che ogni società si caratterizza per un proprio ‘regime di storicità’, costituito dal rapporto che nei vari tempi si crea tra passato, presente e futuro, diverso in base alle caratteristiche dell’epoca. Questo profondo legame sembra oggi venire a mancare: ci si concentra totalmente sull’attualità perdendo in parte la capacità e la volontà di guardare con occhio critico ai fatti lontani. Se è vero, come gli storici insegnano, che il passato è una terra lontana e straniera popolata da uomini e donne che presentano un modo di vivere, dei valori e degli ideali diversi dai cittadini odierni, tuttavia è impensabile affrontare i problemi del presente senza porli in una dimensione lunga, che affondi lo sguardo nella storia.

Ignorare la nostra storia vuol dire smarrire noi stessi, la nostra nazione, l’Europa e il mondo. Vuol dire vivere ignari in uno spazio fittizio dal manifesto “La storia è un bene comune” di Andrea Giardina, Liliana Segre, Andrea Camilleri

È fondamentale che la nostra società sviluppi e valorizzi la conoscenza storica” - continua Sorba - “Questo può aiutarci a ristabilire una circolazione insieme positiva e critica tra presente, passato e futuro, indispensabile per capire noi stessi e il mondo in cui viviamo. Per raggiungere tale obiettivo è importante che gli storici imparino a comunicare meglio anche al grande pubblico i nuovi percorsi e i nuovi temi che la storiografia affronta. È solo così, analizzando il vissuto degli attori sociali del passato, le loro reazioni alle trasformazioni del mondo, i loro comportamenti e le loro emozioni, che si possono coinvolgere attivamente i ragazzi, farli riflettere e interessarli alle realtà del passato. Trasmettere le profonde trasformazioni che la ricerca storica ha conosciuto negli ultimi decenni è un passo difficile, ma che può dare molte soddisfazioni”.

Agire per migliorare, ma come? “Quando si ha a che fare con la storia, l’ottica interdisciplinare è assolutamente necessaria dal momento che gli storici utilizzano categorie interpretative per lo più tratte da altre discipline. Ed è su questa strada che bisogna proseguire: intrecciare continuamente le competenze e le aree del sapere per dare significato al passato. È importante prestare attenzione a tutti quelli elementi del passato che si possono definire culturali: questo attira indubbiamente l’interesse e la partecipazione di un pubblico più ampio” conclude Sorba.

Con il profondo cambiamento della disciplina si è verificato un altro fenomeno di enorme rilevanza che dovrebbe coinvolgere maggiormente anche la divulgazione storica: il superamento del dominio delle storie nazionali. Oggigiorno, la storiografia adotta in maniera crescente prospettive di analisi che superano i confini dei propri paesi e rilevano le connessioni e le mobilità che hanno sempre caratterizzato i rapporti tra stati e tra macroaree geografiche. Anche questo elemento, consistente nell’insegnamento e nella diffusione di una storia transnazionale – o globale – può far comprendere meglio all’uomo la realtà che lo circonda. Una realtà molto complessa che senza la storia risulterebbe sempre più sfuggente e sfuocata.

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