SCIENZA E RICERCA

Il motore liquido del mondo: intervista a Helen Czerski

«La nostra canoa galleggia tranquilla nell’oscurità, un puntino minuscolo alla deriva sovrastato dal cielo stellato. Aspettiamo, mentre l’orizzonte si colora di un profondo blu inchiostro, che salendo spegne delicatamente le stelle e rivela via via la gigantesca sagoma di Haleakalā...» Inizia con un’alba struggente al largo di Maui, nelle isole Hawaii, l’ultimo libro di Helen Czerski La macchina blu - Come gli oceani danno forma al nostro mondo (Bollati Boringhieri, 2024) e fin dalle prime righe si capisce lo sconfinato amore che l’autrice nutre per il mare.

Czerski è una fisica e oceanografa britannica, oltre che una brillante divulgatrice scientifica, e insegna nel Dipartimento di Ingegneria meccanica presso lo University College di Londra. Qui fa ricerca sulle bolle d’aria che si formano sotto le onde in mare aperto per capire – tra le altre cose – i loro effetti sul clima e sul riscaldamento globale. Ma al di là delle sue credenziali scientifiche, la ricercatrice inglese è anche una notissima presentatrice di programmi televisivi di fisica, oceanografia e climatologia alla BBC, inoltre scrive spesso su varie testate internazionali trattando temi come i cambiamenti climatici e la sostenibilità ambientale.

Ed è anche autrice di libri come La tempesta in un bicchiere - Fisica della vita quotidiana (Bollati Boringhieri, 2017) in cui esplora le leggi della fisica usando oggetti comuni per spiegare fenomeni naturali come i terremoti e le interazioni dei gas. Quest’opera ha vinto nel 2018 il Premio Asimov per l’editoria scientifica divulgativa, a riprova non solo della qualità del lavoro di Czerski, ma anche del suo impatto nel rendere la scienza più accessibile a un pubblico ampio.

Tornando però alla sua ultima fatica editoriale, il libro La macchina blu approfondisce il ruolo dell’oceano nel modellare il nostro mondo intrecciando in modo poetico fisica e biologia marina, storia e scienza. Nelle sue pagine l’autrice cerca di sensibilizzare chi legge sull’importanza della ricerca scientifica per capire e proteggere l’ambiente, usando una narrazione coinvolgente che stimola la curiosità. Un’opera che ha da poco vinto il Wainwright Prize per la “scrittura sulla conservazione” e fonde le preoccupazioni legate ai cambiamenti climatici con un’affascinante esplorazione dell’oceano, attingendo agli anni di esperienza dell’autrice e ai suoi tanti viaggi per i mari del mondo.

L’importanza dei saperi “indigeni”

Partiamo proprio dal suo ultimo libro per fare qualche domanda a Helen Czerski: vi sono spesso citate le popolazioni che abitano la Polinesia e il loro rapporto millenario con l’oceano, chiediamo allora all’autrice se viaggiando in quelle zone ha imparato ad apprezzare quelle antiche conoscenze che rischiavano di andare perdute. Ovviamente una prima precisazione che fa Czerski è che ci sono «molte culture indigene con atteggiamenti diversi nei confronti dell’oceano. Tuttavia, un aspetto particolarmente importante della cultura polinesiana è quello di considerare l’oceano come qualcosa con cui collaborare, piuttosto che come un mostro da combattere. La Polinesia è composta da molte piccole isole sparse su migliaia di chilometri di oceano, e i polinesiani sono esperti navigatori, capaci di viaggiare tra le isole. Questo richiede di osservare e imparare dall’oceano: a volte il modello delle onde può indicare la direzione del sud o la vicinanza a un’isola, ma implica anche lavorare “con” l’oceano e non contro di esso».

Un approccio in netto contrasto con le civiltà occidentali che – continua – spesso «danno per scontato che una nave a motore possa andare in qualsiasi direzione, ma lottare contro la natura richiede molta energia e risorse. L’oceano è un motore grande e potente, ed è molto più sensato collaborare con esso, usandolo per facilitare i propri spostamenti. Questo è ciò che fanno i polinesiani: rispettano l’oceano, lo osservano attentamente e pianificano le loro azioni in modo che li aiuti a raggiungere i loro obiettivi. A volte questo comporta aspettare o prendere un percorso leggermente diverso, ma è molto più efficiente e a basso impatto».

Il triplice ruolo della scienza

Facciamo un passo indietro e tornando alle sue esperienze di fisica e oceanografa, chiediamo in che modo pensa che la ricerca scientifica possa contribuire ad affrontare le sfide ambientali e la crisi climatica che stiamo vivendo. La sua risposta è netta: «il contributo della ricerca può essere significativo in tre modi. Il primo è comprendere cosa sta accadendo e perché è importante: sperimentiamo il clima, che si manifesta in giorni o settimane, ma abbiamo realmente bisogno della scienza per osservare i modelli a livello globale e per capire i meccanismi planetari che guidano quei cambiamenti. Il secondo modo è identificare e testare azioni efficaci per il futuro: abbiamo bisogno della scienza per far funzionare turbine eoliche e pannelli solari, e anche per capire quando e dove queste nuove tecnologie possono essere impiegate in modo efficace. Il terzo modo è quello di cui parliamo meno, ovvero che la conoscenza scientifica alimenta le nostre idee su cosa sia il mondo e come ci inseriamo in esso».

E prosegue spiegando che molto di questo “quadro mentale” riguarda come ci vediamo: «tradizionalmente, gli esseri umani si sono considerati superiori alla natura e separati da essa, ma la scienza ci dice che siamo parte del sistema Terra e non separati. Dobbiamo cambiare la nostra visione del mondo per riflettere su questa comprensione, e abbiamo bisogno della scienza per aiutarci a capire quale dovrebbe essere la nostra visione del mondo. Questo è importante perché il nostro comportamento è guidato sia dalle emozioni che dalla logica, e la nostra comprensione personale di cosa e chi siamo fa una grande differenza nel nostro modo di agire. Dobbiamo sapere di essere cittadini di questo pianeta e parte di esso per prendere decisioni efficaci a lungo termine».

Fisica delle bolle per caso

Restando in tema domandiamo all’autrice come si è appassionata alla fisica delle bolle, che ha studiato a lungo, e quale impatto hanno questi “soggetti effimeri” sulle dinamiche oceaniche e sul nostro ambiente in generale. Scopriamo così che in realtà Czerski è diventata fisica delle bolle quasi per caso: «mi è sempre piaciuta la fisica sperimentale, la sfida di costruire esperimenti per osservare cosa sta realmente facendo la natura e comprendere come funziona il mondo. Ero molto interessata a cose che potevano essere proprio davanti a te, ma che erano comunque troppo veloci e/o troppo piccole per essere viste direttamente. Ho imparato a costruire esperimenti per studiare quei fenomeni fisici piccoli e veloci, in particolare per analizzare esplosivi, ma in realtà non me ne sono mai appassionata. Quando ho concluso il mio dottorato, ho cercato un altro argomento che richiedesse la fisica del piccolo e del veloce, e così sono arrivata alle bolle».

Qui forse serve un breve ripasso: le bolle sottomarine sono importanti perché rappresentano un gas e un liquido molto vicini tra loro, ma che non si mescolano. Il gas è all’interno delle bolle mentre il liquido rimane all’esterno, ma la combinazione dei due rende possibili cose che né il liquido né il gas potrebbero fare da soli. Per esempio, ci dice Czerski, «il gas all’interno delle bolle è facile da comprimere, quindi l’acqua con molte bolle di gas al suo interno è “morbida”; questo fa una grande differenza nel modo in cui il suono viaggia attraverso l’acqua. Ma la differenza più grande che le bolle oceaniche fanno per il nostro pianeta è che aiutano i gas a attraversare la superficie dell’oceano. Gas come l’ossigeno e l’anidride carbonica passano continuamente dall’atmosfera all’oceano e viceversa, ma la velocità con cui avviene questo trasferimento dipende da cosa sta facendo la superficie oceanica. Se è piatta e calma, il trasferimento è lento; ma durante una tempesta, con molte bolle e turbolenze, il trasferimento è molto più veloce. Quindi, la presenza di bolle aiuta l’oceano a respirare. E poter monitorare questo respiro è davvero importante per la nostra comprensione del mondo».

Ci piacciono le storie che aiutano a capire

Concludiamo l’intervista parlando della sua esperienza come divulgatrice, domandando se ha notato qualche argomento scientifico che appassiona di più il pubblico. Scopriamo così che secondo Czerski le persone sono «fondamentalmente interessate alle storie: se una storia è buona, e soprattutto se riguarda qualcosa di cui hanno già sentito parlare, suscita il loro interesse. Ma apprezzano anche spiegazioni per ciò che vedono intorno a loro ogni giorno: tutti amano quel momento in cui imparano qualcosa di nuovo e poi vedono il mondo che li circonda in modo diverso. Quindi, in realtà, siamo interessati alla novità e alle storie, e si possono trovare in qualsiasi argomento».

Per esempio? «C’è molto più interesse ora su come funziona il pianeta: questo cambiamento è davvero evidente. Le persone si stanno rendendo conto che c’è qualcosa da sapere sull’oceano che non riguarda solo i pesci, o qualcosa da sapere sull’atmosfera che non riguarda solo le nuvole, e sono interessate».

Viceversa, chiediamo se ha incontrato delle resistenze rispetto ad alcuni temi. Per la sua esperienza di solito non è un certo argomento a generare resistenza nelle persone, quanto piuttosto «il fatto che dici o fai intendere qualcosa che le fa sentire stupide o minacciate (o che qualcosa che amano nella loro vita quotidiana è minacciato): questo non piace a nessuno. Quello che cerco di fare nel mio lavoro è spiegare le cose con alcune componenti che le persone possono testare da sole: per esempio, nel mio primo libro ho scritto su come si può distinguere un uovo cotto da uno crudo mentre sono ancora nel loro guscio. Lo stesso principio fisico spiega molte cose importanti (come il modo in cui i satelliti sanno quale sia la loro posizione), quindi il concetto di base è davvero rilevante. Ma tutti possono provare l’esperimento con l’uovo da soli, quindi non devono semplicemente credere a me. Le persone amano fare queste cose, e poi sono interessate all’idea, piuttosto che sentirsi subito minacciate».

E forse è proprio così che potremmo riassumere lo stile comunicativo di Helen Czerski: una sapiente miscela di passione e competenza, che attraverso le sue trasmissioni e i suoi libri ci offre una nuova prospettiva su cosa significhi essere cittadini e cittadine consapevoli di un pianeta fragile, che però è anche l’unico che abbiamo.

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