Foto di Carloalberto Canobbi per il Comitato regionale per le onoranze ai caduti di Marzabotto
Memoria che separa; memoria che però, pur senza cancellare le responsabilità, può anche unire. È quello che è successo nel luogo della peggiore strage nazista avvenuta in Italia, che tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944 costò la vita e sofferenze indicibili a 770 vittime, tra le quali 216 bambini. “Marzabotto è divenuto luogo che non separa più tedeschi e italiani ma li unisce”, disse nel 2002 il presidente tedesco Johannes Rau, venuto assieme a Carlo Azeglio Ciampi a commemorare le vittime; parole ripetute quest’anno anche da Sergio Mattarella, presente assieme al suo omologo Frank-Walter Steinmeier per l’ottantesimo della strage.
“Occasioni come questa dimostrano l’importanza della memoria pubblica, capace anche di catalizzare le memorie private presenti nelle comunità”, spiega a Il Bo Live Eloisa Betti, docente di storia contemporanea presso il Dipartimento Spgi dell’Università di Padova e responsabile dell’archivio del Comitato regionale per le onoranze ai caduti di Marzabotto. A proposito questo la studiosa ha recentemente pubblicato il volume Monte Sole, la memoria pubblica di una strage nazista (Carocci 2024), che esplora con ricchezza di fonti e dovizia di particolari i diversi agenti coinvolti e i conflitti nella preservazione del ricordo, con particolare attenzione al rapporto tra piano locale, nazionale e internazionale. A partire dalla ricostruzione del volume è stata realizzata la mostra fotografica Monte Sole dopo gli eccidi. Per una storia delle commemorazioni dal 1945 (Marzabotto, 29 settembre – 13 ottobre 2024) a cura della stessa Eloisa Betti e Carloalberto Canobbi, che ripercorre, attraverso una selezione di circa 100 immagini, in larga parte inedite, la storia delle commemorazioni della strage di Monte Sole dall’immediato dopoguerra agli anni duemilaventi.
“Una caratteristica fondamentale di Monte Sole è che negli anni non ci si è concentrati esclusivamente sulla strage e le sue vittime – continua la storica –. Nel corso del tempo sono state ad esempio intrecciate relazioni con altri luoghi oggetto della violenza nazista, sia in Italia che all’estero, come Oradour-sur-Glane, Lidice e Coventry. La memoria pubblica è così diventata l’occasione per connettersi con altre realtà, dando vita nel 1982 a un’Unione mondiale delle città martiri, da allora molto attiva per la promozione della pace e della solidarietà”. Una memoria dunque aperta e inclusiva, protesa alla riappacificazione, portata avanti in questi anni principalmente dal Comitato regionale per le onoranze ai caduti di Marzabotto, che ha svolto un ruolo chiave nel coordinare le commemorazioni ufficiali e nel promuovere la costruzione di monumenti.
Un percorso che nel 1989 ha conosciuto una svolta con il Parco storico di Monte Sole, istituito con l’obiettivo di preservare i luoghi del massacro e di trasformarli in uno spazio di riflessione e di incontro: scelta che ha facilitato anche il processo di riappropriazione del territorio da parte delle comunità locali, che fino ad allora avevano vissuto la memoria della strage in modo spesso isolato o frammentato. È del 2002 invece la nascita della Scuola di pace: per Eloisa Betti “Monte Sole, viene così attualizzata diventando un luogo della memoria per promuovere la pace in Europa e nel mondo, ma anche per combattere altri mali come dittature, forme di apartheid, corruzione e mafie. La memoria pubblica di una strage è diventata così lo spunto per portare avanti i valori di una ‘nuova Resistenza’”.
Una memoria che dunque cambia e si evolve, e che per mantenersi viva si costringe in qualche modo continuamente a ripensarsi e ad arricchirsi. “Nel primo trentennio dopo la strage la componente cattolica era meno presente rispetto a quella laica, promossa da istituzioni locali che si rifacevano soprattutto a partiti di sinistra come Pci e Psi – esemplifica la storica –. Negli anni ‘80 però la situazione è cambiata, in particolare con la presenza a Monte Sole di don Giuseppe Dossetti e della Piccola Famiglia dell’Annunziata, l’ordine religioso da lui fondato. Oggi la Chiesa è rappresentata soprattutto dal cardinale Zuppi, che da diversi anni officia la messa durante le commemorazioni ufficiali ed era presente anche all’incontro del 29 settembre. Un esempio interessante di come differenti posizioni possano confluire in un unico alveo nel segno di una memoria riconciliata”.
A 80 anni di distanza dalla tragedia non mancano comunque sfide e questioni aperte: la scomparsa lo scorso gennaio di Ferruccio Laffi, considerato l’ultimo testimone della tragedia, suscita sgomento ma anche interrogativi per il futuro, mentre il ritorno della guerra ai confini dell’Europa e del Mediterraneo sfida e allo stesso tempo interroga il pensiero pacifista di cui Monte Sole è oggi un luogo simbolo. C’è infine il mutato clima politico e sociale, sia a livello interno che internazionale, caratterizzato negli ultimi anni da un lato dal progressivo venir meno della solidarietà tra popoli europei, che affondava le radici proprio nella memoria degli orrori della guerra, dall’altro dal risorgere di fenomeni di matrice neonazista o fascista. “L’ultima visita dei presidenti Steinmeier e Mattarella si è svolta in un clima molto diverso rispetto a quella del 2002 – conclude Eloisa Betti –. Indubbiamente la memoria è sempre potenzialmente oggetto di manipolazioni e interpretazioni, non sempre corrette, e cambia e si trasforma anche a seconda delle epoche e dei nostri vissuti. Per questo è soprattutto importante conoscere e studiare la storia. Che, al contrario di quanto si diceva in un tempo non troppo lontano, è tutt’altro che finita”.