SCIENZA E RICERCA

Negli Stati Uniti l'aspettativa di vita è la più bassa degli ultimi 25 anni

“Nel 2021 l'aspettativa di vita alla nascita negli Stati Uniti era di 76,1 anni, la più bassa dal 1996”. Si aprano così le conclusioni di un documento rilasciato a fine agosto dal National Center for Health Statistics (NCHS), l’ente americano che si occupa delle statistiche in ambito sanitario. Si tratta di uno scenario che mostra come l’impatto della pandemia di Covid-19 sia stato “massiccio”, per usare il termine utilizzato dall’ente.

Questo effetto è visibile in tutti i paesi e segnala l’universalità della pandemia. Ma negli Stati Uniti il ritorno ai valori pre-Covid-19 sembra essere più difficile. Lo scrivono i ricercatori di un recente paper pubblicato in pre-print su medRvix, una piattaforma online di studi scientifici ad accesso libero: “Tra 2020 e il 2021 l’esperienza della mortalità negli Stati Uniti è stata più grave rispetto ad altri paesi”. Il tutto, inserendosi in un contesto di già documentato “svantaggio statunitense in termini di salute e sopravvivenza che si è accumulato negli ultimi decenni”.

Tra 2020 e il 2021 la mortalità negli Stati Uniti è stata più grave rispetto ad altri paesi National Center for Health Statistics

L’effetto pandemia in USA e altrove

I dati dell’NCHS e dello studio sono ricavati da due metodi diversi. Entrambi si basano su dati consolidati per gli anni 2019 e 2020, mentre hanno costruito una stima del dato del 2021 che potrebbe essere modificata per ritardi nella comunicazione dei decessi, necessaria pulizia del database e molti altri fattori. Ma al netto di questo aspetto tecnico, entrambe le analisi concordano nell’evidenziare come l’impatto della pandemia in termini di vite è stato enorme e come la ripresa americana sia minima rispetto a quanto succede altrove.

Per esempio, in Italia, il primo paese occidentale a entrare in contatto con il virus, la situazione è profondamente diversa. Secondo i dati di EuroStat, l’ente statistico dell’Unione Europea, l’aspettativa di vita per gli italiani nel 2019 era 83,6 anni. Nel 2020, l’anno dei lockdown e delle terapie intensive intasate, il dato scende a 82,3: oltre un anno in meno. Ma già il dato del 2021 è in ripresa: 82,9. Sono dati che mostrano l’eccezionalità del 2020 rispetto al trend dell’ultimo decennio e la ripresa una volta che la pandemia è stata almeno parzialmente contenuta e contrastata. Il caso dell’Italia, nel contesto europeo sembra addirittura anomalo, come segnala un recente articolo di Quotidiano Sanità

Nello studio pubblicato su medRvix i tre ricercatori hanno anche analizzato il dato americano rispetto a una serie di paesi occidentali per certi versi simili o per lo meno paragonabili. Andando a confrontare i dati del 2021 con quelli pre-Covid, nessun altro paese economicamente ricco ha perso così tanto in termini di aspettativa di vita come gli Stati Uniti: 2,42 anni. Anzi, nessun altro paese preso in considerazione, dopo il recupero registrato nel 2021, ha perso più di un anno rispetto al 2019. In alcuni paesi, addirittura, come per esempio la Danimarca, i Paesi Bassi, la Norvegia, l’Australia, la Svezia, la Finlandia, la Svizzera il saldo si è addirittura registrato un saldo positivo. Non solo si è recuperato lo scarto del 2020, ma si è anche guadagnato qualcosa.

Le cause

Secondo i ricercatori non esiste una singola causa che possa essere additata come responsabile di questa situazione. Sicuramente, però, ci sono molti fattori che hanno agito insieme. Sul fronte dell’impatto del Covid-19 c’era una oramai dimostrata impreparazione da parte del sistema sanitario americano durante la prima ondata che, secondo i ricercatori, si abbatté su un contesto in cui l’aspettativa di vita stava già diminuendo, sebbene non così rapidamente. Le cause: frequenza più alta che in qualunque altro paese occidentale della morte per colpo d’arma da fuoco, l’epidemia di abuso di oppioidi, un aumento dell’incidenza di infarto e ictus.

Secondo quanto dichiarato a Vox.com da Noreen Goldman, docente di demografia alla Princeton University, “la mancanza di accesso alla sanità e di un solido sistema sanitario pubblico ha esacerbato l’effetto del Covid”. Altro fattore determinante è stato il basso tasso di vaccinazione rispetto ad altri paesi occidentali, come per esempio l’Italia. Secondo gli autori dello studio di medRvix, questi stessi fattori sono anche la causa della difficoltà a recuperare degli Stati Uniti.

 

Covid come fattore di disuguaglianza

Lo studio inoltre analizza separatamente i diversi gruppi all’interno della popolazione americana, secondo la classificazione del censimento che ancora si basa sulle “razze”. Scomponendo il dato totale in queste categorie è evidente come a essere maggiormente colpiti siano stati i gruppi già più vulnerabili e con le maggiori difficoltà sociali: la comunità nera, quella ispanica e quella dei nativi.

Numeri alla mano, la pandemia ha agito come un fattore acutizzante di situazioni di fragilità già note. Per esempio, all’interno della comunità nera americana il tasso di mortalità a causa del Covid è stato il doppio rispetto alla comunità bianca. Quest'ultima, rispetto al 2019 ha perso 2,1 anni di aspettativa di vita, contro i 3,7 della comunità nera. Il prezzo più alto è quello pagato dalla comunità di nativi americani, per la quale gli anni persi sono 4,7 a fronte di una serie di problemi già noti: alti tassi di povertà e disoccupazione, mancanza di infrastrutture idriche e, soprattutto, un’assistenza sanitaria di qualità inferiore e meno accessibile. La paura degli esperti è che oltre a colpire in modo differenziato, il Covid abbia ulteriormente allargato la disuguaglianza in termini di salute all’interno della popolazione.

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