SCIENZA E RICERCA

Sulle tracce dei lupi: i risultati del primo monitoraggio italiano

Negli anni Settanta stava quasi per scomparire dall’Italia. Ma in questi ultimi 50 anni, è tornato a popolare il nostro stivale. E da allora ci si interroga sul numero effettivo di lupi presenti in Italia. Ora finalmente abbiamo una risposta ufficiale e affidabile: nel nostro paese circolano 3.307 lupi, distribuiti tra la dorsale appenninica e l’arco alpino. Sono questi i risultati del monitoraggio nazionale del lupo (il primo mai effettuato da quando il lupo è diventato una specie protetta), condotto dall’Ispra – l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, su mandato del Ministero della Transizione Ecologica.

La raccolta dati è cominciata nell’ottobre del 2020 e si è conclusa nell’aprile del 2021. Come vi avevamo raccontato, è stato un lavoro certosino che ha impegnato una rete di oltre 3000 persone che hanno percorso a piedi 85.000 km sulle tracce del lupo per avere una stima affidabile. Ma andiamo con ordine.

L’importanza di una stima affidabile

«Fino ad oggi non avevamo stime così accurate» racconta a il Bo Live Piero Genovesi, responsabile del Servizio Coordinamento Fauna Selvatica dell’ISPRA. «Nel 2015 sono state pubblicate due stime a scala nazionale: in un caso si parlava di 1269-1800 lupi, e nell’altro di tra i 1070 e i 2470 esemplati. Erano stime con accuratezza limitata, da prendere con le molle, perché – sebbene il lupo sia stato sempre molto studiato – queste stime si basavano su progetti a scala regionale o di parchi. Si cercava di capire, anche da dati bibliografici, il numero di branchi e di individui per branco su quel territorio e poi si spalmava questo dato sull’intero areale potenziale della specie» specifica Genovesi. 

Oggi invece abbiamo una stima affidabile, un passo importantissimo, fortemente voluto anche dalle Regioni. «Per decidere delle politiche di conservazione del lupo è essenziale avere dati certi» sottolinea Piero Genovesi. «È fondamentale per capire come e dove investire nella prevenzione dei danni agli allevamenti o nelle misure di mitigazione per proteggere il lupo. E in futuro, la base di dati raccolta con il monitoraggio nazionale ci consentirà di capire dove il lupo sarà in aumento, dove si espanderanno i branchi e mettere in atto quindi le politiche di conservazione e di mitigazione dei conflitti».

I risultati del monitoraggio

I numeri sono chiarissimi: lungo il nostro stivale trotterellano 3.307 lupi. Quasi 2400 abitano la dorsale appenninica, mentre 950 esemplari si muovono nelle regioni alpine: proprio qui si è registrato l’aumento più significativo. A onore del vero, per essere presici, per ciascuno di questi numeri – trattandosi di una stima – va considerata una forchetta di errore. E quindi si parla di 2020-2645 lupi nella penisola e tra gli 822 e i 1099 per le regioni alpine. 

«Abbiamo realizzato la fotografia della presenza del lupo nel nostro paese più accurata di sempre» continua Genovesi. E per ‘scattare’ questa ‘fotografia’ c’è voluto un lavoro certosino: l’intero territorio nazionale è stato suddiviso in celle di 10x10 km e in 1000 di queste celle sono stati tracciati dei percorsi, detti transetti, in cui eseguire il monitoraggio. In pratica, lungo i 22.000 km di transetti prestabiliti, operatori, ricercatori e volontari hanno cercato i segni di presenza del lupo (impronte e tracce, escrementi e carcasse di ungulati), aiutandosi anche con le fototrappole.

In totale le fototrappole installate hanno immortalato il lupo ben 6520 volte. Mentre gli operatori hanno rinvenuto 491 carcasse di ungulato predate, 1310 tracce, 16.000 escrementi (gli zoologi le chiamano fatte) e sono stati segnalati anche 171 lupi morti. In meno di un anno, dall’ottobre 2020 all’aprile 2021, sono stati raccolti sul campo circa 25.000 segni di presenza.

Le analisi genetiche

Sugli escrementi trovati lungo i transetti, sono state condotte 1.500 analisi genetiche, che hanno permesso di identificare con assoluta certezza sia la specie che l’individuo che lo ha deposto. Non solo: «ormai le analisi genetiche sono arrivate a un tale livello di raffinatezza, potenza e precisione, che siamo riusciti a capire in molti casi anche se a lasciare lì quel ‘ricordino’ era stato un maschio o una femmina, a capire il rango sociale dell’esemplare e le relazioni parentali con altri individui» specifica Genovesi. «Insieme ad escrementi di lupo sono stati trovati anche escrementi attribuiti grazie alle analisi a cani, e anche ad alcuni ibridi».

I dati raccolti finora però non consentono ancora di comprendere la totalità del fenomeno dell’ibridazione. «Oltre l’11% dei campioni raccolti aveva segni di ibridazione recenti, ma questo dato non ci permette di fare una stima per capire quanto l’ibridazione sia diffusa sul territorio. Serviranno ulteriori studi per conoscere la sua prevalenza e identificare le zone critiche in cui serve mitigare il fenomeno» sottolinea Genovesi. «Di sicuro, però, l’incrocio tra lupo e cane – che dà prole fertile – è un problema che ci preoccupa molto. L’ibridazione rischia infatti di compromettere il patrimonio genetico del lupo e di alterare quegli adattamenti fisiologici e comportamentali, frutto di una lunga evoluzione, che hanno permesso al lupo di sopravvivere in tempi difficili. In sostanza potrebbe ridurre la probabilità di sopravvivenza del lupo».

Costruire una convivenza pacifica

Il ritorno del lupo in zone da cui era scomparso ci pone di fronte una grande sfida: instaurare una pacifica convivenza. «Il primo monitoraggio nazionale del lupo, ha creato una rete nazionale di operatori formati diffuso in tutto il paese: parliamo di 3000 persone, tra enti, parchi, associazioni nazionali e regionali, 504 reparti dei carabinieri e nove università. I dati raccolti e la rete instaurata servirà anche a questo: ad assicurare una coesistenza pacifica tra presenza del lupo e attività dell’uomo» conclude Genovesi. «Potranno dare supporto a Enti locali e Parchi nazionali per una corretta conservazione del lupo e soprattutto per mitigare i conflitti di questo predatore con le attività dell’uomo, in particolare l’allevamento. C’è bisogno di un dialogo costante e di applicare misure di prevenzione e di mitigazione più efficaci. Solo così possiamo puntare a una pacifica convivenza con il lupo».

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