MONDO SALUTE

Telemedicina: la spinta dovuta alla pandemia

Nell’ultimo anno la pandemia da Covid-19 ha costretto a ripensare le relazioni sociali, lavorative, educative e non solo. Le restrizioni imposte per arginare la diffusione del contagio da Sars-CoV-2, chiusure pressoché totali nei mesi di lockdown e parziali in quelli successivi, hanno indotto a valutare e adottare metodi alternativi di confronto, lavoro e apprendimento, in cui il digitale ha fatto irruzione. Il comparto sanitario non è rimasto esente da questo rinnovato impulso: mai come in questo periodo è risultata evidente la necessità di non sovraccaricare le strutture ospedaliere e dunque di ricorrere a strumenti alternativi di monitoraggio, trattamento e prescrizione. Di telemedicina – cioè della possibilità di erogare servizi sanitari a distanza attraverso dispositivi digitali, internet, software e reti di comunicazione – si parla ormai da tempo e ora, con l’accelerazione indotta dalla pandemia, la telemedicina entra a pieno titolo nel sistema sanitario nazionale.

Il Ministero della Salute ha infatti predisposto delle linee guida, le Indicazioni nazionali per l’erogazione di prestazioni in telemedicina, che sono state recentemente approvate dalla Conferenza Stato-Regioni. “La pandemia Covid-19 – si legge nel documento – ha reso indispensabile ripensare l’organizzazione del Sistema sanitario nazionale, in particolare a livello territoriale e […] in tale situazione l’attivazione degli strumenti di sanità digitale rappresenta anche un’opportunità unica per un servizio sanitario più in linea con i tempi e le necessità individuali e dell’organizzazione”.

Ormai un anno fa, durante i primi mesi in cui Sars-CoV-2 ha iniziato a circolare e diffondersi in modo significativo anche in Italia, per limitare il contagio sono state sospese le visite specialistiche e di controllo e gli interventi programmati, con una conseguente diminuzione dell’assistenza rivolta soprattutto alle persone con patologie croniche o multiple. Compatibilmente con l’andamento della pandemia, la ripresa di questi servizi rivolti al paziente è avvenuta e continua, tuttavia, con limitazioni logistico-organizzative, soprattutto in termini di spazi e accesso alle strutture, che diluiscono i tempi di erogazione dei servizi. Per tale ragione, soprattutto in questo momento, si ritiene importante sfruttare le possibilità offerte dalla telemedicina. Il documento recentemente approvato definisce, dunque, le prestazioni sanitarie che potranno essere erogate a distanza, ne stabilisce le modalità di pagamento, prescrizione, prenotazione e rendicontazione e indica gli strumenti che devono avere a disposizione il personale sanitario e i pazienti per potersi avvalere di questi servizi. A tutti gli effetti quindi, le prestazioni online saranno tariffate e quando previsto sottoposte a ticket.

Ma entriamo nel merito delle attività sanitarie descritte nelle Indicazioni nazionali per l’erogazione di prestazioni in telemedicina. I medici, innanzitutto, potranno interagire a distanza e in tempo reale con il paziente in televisita, la quale tuttavia non potrà mai ritenersi sostitutiva della prima visita in presenza. La relazione medico-paziente inoltre, sottolinea il documento, non potrà essere condotta esclusivamente a distanza: sarà il medico a definire quando optare per questa soluzione in favore del suo assistito. La televisita dovrà essere limitata alle attività di controllo di pazienti che abbiano già avuto una diagnosi in presenza e durante la prestazione dovrà essere garantita la possibilità di scambiare in tempo reale dati clinici e referti medici relativi al paziente.  

Il teleconsulto medico permetterà invece agli specialisti di confrontarsi tra loro – attraverso soprattutto la condivisione di dati, immagini e referti – per discutere la condizione clinica di un paziente, quando nel percorso terapeutico siano coinvolti più medici. Qualora sia presente anche il paziente, il teleconsulto assume le modalità di una visita multidisciplinare. Questo tipo di prestazione inoltre può essere utile a fornire un secondo parere specialistico, quando questo venga richiesto. Viene definita, invece, teleconsulenza medico-sanitaria un’attività, non necessariamente medica, ma specifica delle professioni sanitarie, svolta a distanza tra professionisti con responsabilità diverse rispetto al caso clinico in questione, chiamati a dare supporto. Il documento prevede inoltre la possibilità che il paziente riceva supporto a distanza da parte di infermieri, logopedisti, fisioterapisti (teleassistenza da parte di professioni sanitarie): in questo caso, gli operatori sanitari e il paziente interagiscono tramite videochiamata, se necessario condividendo dati, referti o immagini o ricorrendo all’uso di app per agevolare lo svolgimento delle attività prescritte all’assistito, eseguibili da casa. Infine, anche la telerefertazione – il referto trasmesso attraverso sistemi digitali – viene inclusa tra le prestazioni in telemedicina.

Sono vari, dunque, gli ambiti nei quali i sistemi di telemedicina possono rivelarsi utili: come si è visto, offrono la possibilità di interagire con il paziente a distanza e di monitorarlo specie nei casi in cui necessiti di assistenza sanitaria per periodi più o meno lunghi (in caso di malattie croniche o a rischio di complicazioni, per esempio, di disabilità psicosociali o per la riabilitazione). Ma consentono anche di erogare prestazioni sanitarie raggiungendo l’assistito in strutture sanitarie decentrate o a domicilio e di gestire le attività di emergenza sanitaria. In molte Regioni, per esempio, proprio nei casi di emergenza,  esiste la possibilità di trasmettere immagini dal Pronto soccorso alle unità ospedaliere specializzate per il trattamento delle malattie cerebro-vascolari (stroke unit), così da ottenere opportune indicazioni terapeutiche; è possibile inviare i tracciati elettrocardiografici ai centri di riferimento (hub cardiologici) per la refertazione o un secondo parere medico; possono essere trasmessi i parametri vitali rilevati nelle ambulanze alle unità di Pronto Soccorso, per velocizzare il monitoraggio del paziente. E ancora, possono essere svolti teleconsulti con trasmissione di immagini, videochiamate tra operatori sanitari, televisite specialistiche tra unità di Pronto soccorso di strutture ospedaliere diverse, rilevazioni continue di sensori con tracciati diagnostici. Nel nostro Paese, dunque, esistono già realtà in cui si fa ricorso a servizi di telemedicina, ma si tratta ancora di una situazione a macchia di leopardo.

Il tema si colloca nel contesto più ampio dell’e-health, o sanità digitale, che ha iniziato il suo percorso circa una decina di anni fa. A livello nazionale il Ministero della Salute in collaborazione con le Regioni, a partire dal 2008, ha avviato iniziative di sanità in rete in molteplici ambiti di applicazione, a partire dai centri unici di prenotazione che permettono ai cittadini di prenotare le prestazioni sanitarie su tutto il territorio nazionale alla digitalizzazione e trasmissione elettronica delle prescrizioni, dai certificati telematici di malattia fino al fascicolo sanitario elettronico che consente al cittadino di archiviare e accedere alle proprie informazioni sanitarie.

Stando ai dati dell’Agenzia per l’Italia digitale, i fascicoli elettronici attivati sono ad oggi 32.806.112 e 311.258.507 i referti digitalizzati. Con  sensibili differenze, tuttavia, da Regione a Regione: se vi sono aree come la Campania, la Calabria o l’Abruzzo in cui, stando ai dati riportati (al 12 febbraio), non sono ancora stati attivati fascicoli sanitari elettronici, ve ne sono altre invece in cui quasi tutti gli assistiti dalla Regione possiedono un proprio fascicolo (Lombardia 100%, Provincia autonoma di Trento 97%, Emilia Romagna 89%, Piemonte e Veneto 71%).

E delle possibilità offerte nell’ambito della sanità digitale e della telemedicina, in particolare, tiene conto anche il Piano strategico-operativo nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale (PanFlu) 2021-2023, recentemente pubblicato in Gazzetta Ufficiale. “In fase inter-pandemica – si legge nel documento – occorre definire criteri omogenei di indirizzo, finalizzati a potenziare le capacità di risposta territoriale in caso di evento pandemico. […] aspetti da verificare riguardano la presenza di sistemi diagnostici, di telemedicina ed informatici in grado di supportare l’assistenza ed il monitoraggio a domicilio di coloro che vengono colpiti dalla pandemia, ma non presentano quadri che necessitino il ricorso alle cure ospedaliere. In particolare per rispondere a tali esigenze si ritiene indispensabile un governo dell’assistenza e del monitoraggio a domicilio […]”. E proprio a questo scopo tra gli strumenti utili è previsto l’“utilizzo della tecnologia nell’ambito dei servizi sanitari (strumenti informativi, telemedicina e teleassistenza)”.

Nel piano pandemico 2021-2023 il concetto viene ripreso in più punti e quando si parla, per esempio, di flessibilità di risposta dei sistemi sanitari si precisa che “per quanto riguarda la programmazione del territorio, l’esperienza della pandemia Covid-19 ha evidenziato la necessità di intervento sul sistema sanitario territoriale, agendo prioritariamente e in maniera flessibile su cinque aspetti strutturali [tra cui] il potenziamento delle attività delle centrali operative territoriali con funzioni di raccordo con tutti i servizi e con il sistema di emergenza urgenza, anche mediante strumenti informativi e di telemedicina”.

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