SCIENZA E RICERCA

Terremoto in Adriatico. Di Toro: "Una fortuna epicentro in mare ma investire di più sulla sicurezza"

Nelle ultime ore la sequenza sismica con epicentro nel mare Adriatico, davanti alla costa marchigiana, è proseguita con scosse molto più lievi rispetto al terremoto di magnitudo 5.7 della scala Richter che intorno alle 7 di mattina del 9 novembre è stata avvertita anche in aree molto distanti, compreso il Veneto.

Si è trattato del terremoto più forte che sia mai avvenuto in questa area nel corso di quasi un secolo, ma il fatto che l’epicentro sia stato localizzato a circa una trentina di chilometri dalla terraferma ha limitato i danni e ha evitato conseguenze ben peggiori per le persone coinvolte.

Da un punto di vista geologico il meccanismo alla base di questo evento sismico è di tipo compressivo, caratterizzato cioè dalla presenza di una zona di convergenza che porta i lembi più esterni dell’Appennino ad avanzare sopra alla placca adriatica. E’ lo stesso meccanismo che contraddistinse il sisma dell’Emilia del 2012, mentre quello di Amatrice del 2016 era di tipo distensivo, fenomeno che si verifica quando due placche si allontanano l’una dall’altra.

“Il terremoto avvenuto in Adriatico fa parte della storia sismica di quest’area del nostro Paese: basti pensare che nel 1930 vi è stato un evento di magnitudo simile (denominato terremoto di Senigallia) che provocò però una ventina di vittime, probabilmente perché l’epicentro era più vicino alla costa”, spiega a Il Bo Live Giulio Di Toro, professore ordinario del dipartimento di Geoscienze dell’università di Padova e tra i massimi esperti a livello internazionale in questo ambito di studi.

Il professor Giulio Di Toro illustra le caratteristiche dello sciame sismico in Adriatico. Servizio, riprese e montaggio di Barbara Paknazar

“Anche tutto il nostro nord-est, dal Friuli e fino al lago di Garda e l’area del veronese, può essere interessato da terremoti di tipo distensivo, come furono quello del 1976 del Friuli e quello del 1695 di Asolo, quest’ultimo con una magnitudo stimata di 6.5. Altri terremoti con queste caratteristiche li troviamo al fronte della catena appenninica e quindi in pianura padana, come è stata la sequenza sismica del 2012 che ha interessato l’Emilia”, prosegue Di Toro.

Le Marche sono particolarmente sfortunate perché hanno due tipi di sismicità: sia quella compressiva, che in genere interessa la costa dell’anconetano, sia quella di regime distensivo dove un blocco scende rispetto all’altro. Questi ultimi sono i terremoti classici della catena appenninica, come la sequenza sismica del 2016 che interessò in particolare Norcia e Amatrice”, continua il docente del dipartimento di Geoscienze.

Un terremoto di questa magnitudo, per fortuna avvenuto al largo, serve a ricordare che il nostro Paese è sismico e quindi occorre costruire sempre rispettando sempre le normative in vigore e investendo per mettere in sicurezza gli edifici e le abitazioni”, conclude il professor Di Toro.

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