SOCIETÀ
Turismo 2022: le prenotazioni su Airbnb & Co. superano il 2019, ma male le grandi città
Per il settore turistico, il periodo pandemico è stato nero: limitazioni agli spostamenti e poi le paure. Il raggio d’azione del turista medio è sembrato ridursi, sia nello spazio, sia nella durata delle vacanze. Lo mostrano chiaramente i dati di una recente ricerca realizzata in collaborazione da Booking, la piattaforma di prenotazione di alloggi, e Statista, un sito specializzato nelle analisi di mercato basate sui dati.
I dati relativi al 2020 e 2021, quando i condizionamenti del Covid-19 erano ben presenti, hanno fatto scendere drasticamente i pernottamenti all’interno dell’Unione Europa. Il dato del 2020, quello peggiore, è addirittura meno della metà dell’anno precedente. Meno colpite, rispetto alle altre forme di prenotazione, sono state però le piattaforme digitali, come Booking appunto, ma anche la nota Airbnb.
Proprio questo tipo di turismo, che preferisce gli affitti brevi e i bed&breakfast agli alberghi e agli hotel, era già tornato in ottima forma nel 2022. Secondo i dati dell’Eurostat, infatti, il dato dello scorso anno era migliore di quello del 2019. Le cose sono andate particolarmente bene nel quarto trimestre del 2022: circa 97 milioni di notti in alloggi nell'UE prenotati su Airbnb, Booking, Expedia o TripAdvisor. L’incremento rispetto allo stesso quadrimestre del 2021 è pari a +25%. Non solo, secondo Eurostat, il dato è superiore al periodo pre-pandemia.
Una ripresa disomogenea
Una nuova pubblicazione di dati di Eurostat mostra che il trend continua anche nel 2023, con un consolidamento dell’andamento delle prenotazioni su queste quattro piattaforme. Nella stessa pubblicazione, però, si analizzano anche più nel dettaglio i dati dell’intero 2022, individuando alcuni aspetti particolarmente curiosi. La ripresa, infatti, non è omogenea e confrontando 2022 e 2019 si scopre che nelle regioni del Nord dell’Europa, della Germania orientale e della Francia centrale e settentrionale le prenotazioni sulle piattaforme digitali sono cresciute di più che altrove. Nel 2022, in generale, i pernottamenti totali nell'UE sono cresciuti di circa il 7%, passando da 512 milioni nel 2019 a 547 milioni.
I segni negativi più sorprendenti, invece, arrivano dalle grandi città: Amsterdam (-54,5%); Praga (-52,4%); Berlino (-38,6%); Budapest (-33,8%), Vienna (-24,9%) e Roma (-19,3%). Ovvero, proprio da quelle zone dove il conflitto tra alloggi in affitto turistico e la difficoltà di trovare alloggi per gli abitanti sono state più accese negli ultimi anni, anche perché proprio dalle città le piattaforme come Airbnb hanno iniziato il proprio business.
Per esempio, a Dublino il numero di notti prenotate sulle piattaforme digitali è diminuito quasi del 60%. Commentando questi dati, il giornalista irlandese Seán McCárthaigh scrive come sia “probabile che le cifre sollevino interrogativi sul giro di vite sugli affitti a breve termine introdotto a Dublino nel 2019 a causa delle preoccupazioni per il loro impatto sulla disponibilità di alloggi residenziali data la crisi degli alloggi nella capitale”. Si tratta probabilmente di un dibattito che si accenderà mano a mano che questi dati verranno letti e digeriti dalle diverse realtà coinvolte.
Piattaforme digitali vs. tutto il resto
Una perplessità che può nascere leggendo solamente i dati sulle prenotazioni effettuate tramite piattaforme, è che non rispecchino l’andamento generale delle prenotazioni turistiche. Cioè, non è che i dati di Airbnb e simili sono molto peggiori del dato generale sul numero di turisti che arrivano nelle diverse destinazioni? Il rapporto di Eurostat di cui ci stiamo occupando non ne fa menzione, perciò abbiamo effettuato alcuni controlli a campione tra le grandi città europee.
Il dato su Berlino ricavato dal sito ufficiale del turismo della capitale tedesca ci dice che il dato complessivo dei turisti della prima metà del 2022 è -34,7% rispetto al 2019. Un andamento simile a quello registrato dalle piattaforme da parte di Eurostat. Lo stesso vale per Vienna, dove il dato dell’agosto del 2022 è di circa 1,4 milioni di turisti contro gli 1,8 del 2019, pari a circa -28,5%. Per quanto riguarda Roma, secondo i dati del XIX Albergatore Day di Federalberghi riportati dal Corriere della Sera, i turisti che hanno raggiunto Roma nel 2022 sono stati il 78,2% di quelli del 2019, ovvero una differenza del -21,7%. In tutti i casi, i numeri mostrano come i dati Eurostat sulle piattaforme siano in linea con il numero di turisti generale per le stesse località.
Certo, va tenuto presente, per onestà intellettuale e completezza, che i numeri dei turisti che abbiamo mostrato per Berlino, Vienna e Roma non corrispondono necessariamente ai pernottamenti: ci sono turisti che arrivano in giornata. Altri fattori metodologici influenzano i due tipi di dati, ma a spanne ci permettono di concludere che la differenza tra l’andamento delle piattaforme e il turismo, almeno per le grandi città, non è particolarmente significativa.
Città vs. campagna
Un altro aspetto sottolineato dalla presentazione dei nuovi dati di Eurostat è la differenza tra le prenotazioni in ambito urbano rispetto a quelle in ambito rurale. Per una Parigi che vede meno prenotazioni sulle piattaforme, c’è una Franche-Comté (la regione che in italiano si chiama Franca Contea) al confine con la Svizzera, in cui il dato registrato del 2022 sul 2019 è un +93%. Si legge nel comunicato che “delle dieci regioni con i tassi di crescita più elevati, nove sono regioni rurali in Francia”.
In realtà, il dato non dovrebbe sorprendere troppo. In generale, già prima della pandemia, le piattaforme online erano molto usate per prenotare nelle zone rurali. Lo mostrano i dati della ricerca di Booking e Statista citata in apertura che riporta risultati di uno studio di Oxford Economics: nel 2019 più di 1 prenotazione su 3 tramite piattaforma riguardava una destinazione rurale.
Dal punto di vista delle imprese che gestiscono le piattaforme digitali, questo dato veniva letto come una valorizzazione del territorio rurale e una “beneficio per gli alloggi rurali”, come si può leggere nel documento.
La stagione estiva 2023 sarà il banco di prova definitivo per valutare se la crisi del turismo innescata dalla pandemia è definitivamente passata. Ma servirà anche per capire se questa velocità differenziata di grandi città e aree rurali sarà confermata o se invece le abitudini dei turisti cambieranno ancora.