SOCIETÀ

La vittoria alle urne e la difficile sfida di Petro per la Colombia

Le prime parole pronunciate da Gustavo Petro, il nuovo presidente della Colombia, confermano che davvero di un’elezione storica si è trattato. E non soltanto perché è il primo candidato progressista a diventare Capo dello Stato (ha ottenuto più di 11 milioni di voti, pari al 50,47%, contro gli oltre 10 milioni dello sfidante, il conservatore populista Rodolfo Hernández), ma per il senso di coesione e di comunità che ha voluto da subito infondere. Senza annunciare rivalse, anzi chiamando a raccolta, quasi invocando una sorta di “unità nazionale” per rispondere ai problemi più urgenti del Paese. «Non cerchiamo vendette. I nostri genitori ci hanno insegnato cosa significa l’odio in Colombia. Noi invece vogliamo essere portatori di un vero cambiamento. Le elezioni hanno mostrato due Colombie, molto vicine in termini di voti. Vogliamo invece una sola Colombia e per costruire quel Paese abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti, dell’amore, come politica di comprensione, di dialogo. L’opposizione sarà sempre benvenuta alla Casa de Nariño». Buoni propositi che non sarà semplicissimo tradurre in una forma di concreta collaborazione: l’opposizione dei partiti tradizionali, a cominciare dal Partito Liberale (quello che fece eleggere deputato il narcotrafficante colombiano più famoso, Pablo Escobar), si preannuncia durissima. Ma nessuno, da queste parti, aveva mai sentito pronunciare parole del genere.

La Colombia resta comunque un paese difficile da affrontare, da redimere, pieno di incognite e di contraddizioni: patria del narcotraffico, leader mondiale nella produzione di cocaina, attraversato da bande criminali e paramilitari che finora hanno dettato legge, requisendo le terre ai contadini indigeni, nella più totale impunità, ed eliminando fisicamente chiunque osasse mettersi di traverso. L’Ufficio per gli Affari Umanitari delle Nazioni Unite (Ocha) ha definito la Colombia il paese “con più massacri al mondo” (omicidi intenzionali di 3 o più persone). Secondo l’ong Indepaz nei primi mesi del 2022 (dati aggiornati al 18 giugno 2022) si sono già verificati 44 massacri, con 158 vittime, 88 dei quali leader sociali e difensori dei diritti umani. Violenze e abusi che sono proseguite anche dopo la firma nel 2016 dell’accordo di pace tra il governo e le Farc (Forze armate rivoluzionarie della Colombia), dopo cinquant’anni di conflitto armato. Il nuovo Presidente quel mondo l’ha visto da vicinissimo, da quando, appena diciottenne, nel 1978, entrò a far parte dell’organizzazione armata M-19 (lui sostiene come “organizzatore”, e non come combattente), e in seguito arrestato per possesso di armi e chiuso in carcere, e torturato, per 18 mesi. Il suo nome di battaglia era Aureliano, dal personaggio Aureliano Buendia di “Cent’anni di solitudine”, capolavoro dello scrittore colombiano Gabriel García Márquez. Sempre dalla parte degli emarginati, degli oppressi, degli ultimi.

Il programma socialdemocratico di Petro

Ora la sua storia si arricchisce di un nuovo capitolo, il più importante. E Gustavo Petro, 60° Presidente nella storia della Colombia, sindaco di Bogotà nel triennio 2012-2015, è partito col turbo, nel suo discorso dell’altro giorno alla Movistar Arena di Bogotá, non appena i risultati sono stati formalizzati, con accanto la sua vicepresidente, l’afrocolombiana Francia Márquez, di fronte a 14mila sostenitori e militanti del Pacto Historico, la coalizione progressista e ambientalista che l’ha sostenuto. E ha elencato i primi pilastri sui quali costruirà il futuro politico e sociale della Colombia. Al primo punto la “diplomazia ambientale”: «Saremo in prima linea nella lotta ai cambiamenti climatici. Oggi è necessario che la Colombia tenti di salvare la giungla amazzonica per salvare l’umanità», ha ribadito il Presidente. Il suo progetto è articolato e ambizioso: c’è la promessa riforma agraria, con l’obiettivo di sottrarre oltre 15 milioni di ettari di terreno alla speculazione dei narcotrafficanti; c’è lo stop annunciato alle esplorazioni petrolifere; C’è la riforma fiscale e quella del sistema sanitario, oggi quasi tutto in mano ai privati, per renderlo accessibile a tutti. Ci sono gli investimenti in infrastrutture pubbliche, soprattutto per quanto riguarda gli impianti idrici, con il proposito di far arrivare acqua potabile in ogni angolo del Paese. Ma anche il miglioramento della rete ferroviaria, oltre a una serie di investimenti sull’istruzione e sulla ricerca. E infine il tema del capitalismo, tema più volte evocato dai suoi rivali durante la campagna elettorale: «Era una campagna di bugie e paura, che avremmo espropriato i colombiani, che avremmo distrutto la proprietà privata: falsità», ha subito tenuto a rimarcare Petro. «Invece svilupperemo il capitalismo in Colombia. Non perché adoriamo il sistema, ma perché prima dobbiamo superare il feudalesimo, la nuova schiavitù. Vogliamo passare dalla vecchia economia estrattivista a una nuova economia produttiva». In Borsa, al momento, prevale la prudenza, come se i mercatiaspettassero di fiutare le prossime mosse del governo.

Petro indica la via della collaborazione come l’unica in grado di garantire un reale cambiamento: «Ci sarà senza dubbio un'opposizione, probabilmente feroce, tenace, e forse non la capiremo», ha detto nel suo discorso. «Ma in questo governo non ci sarà mai persecuzione politica, ci sarà solo rispetto e dialogo. Così potremo costruire il grande accordo nazionale. Per fare cosa? Per creare il massimo consenso possibile, per realizzare le riforme che possano rendere migliore la vita alle famiglie: che il vecchio e la vecchia possano avere una pensione, che i giovani uomini e le donne possono avere accesso all’università, che il ragazzo e la ragazza possano avere latte e pane, e che la carne non sia più un bene di lusso. Il grande accordo nazionale è costruire la pace. La pace è che smettiamo di ucciderci a vicenda. Dal governo che comincerà il prossimo 7 agosto, comincerà la pace in Colombia». Il Presidente ha anche chiesto al Procuratore Generale di scarcerare i 18 giovani appartenenti all’organizzazione “Prima Linea”, arrestati nei giorni scorsi in diverse città colombiane con l’accusa di essere autori di violenze e atti vandalici, e di reintegrare alcuni sindaci sospesi nei mesi scorsi per “presunta partecipazione politica”: «Non è più il momento dell’odio». Anche il candidato sconfitto, il magnate Rodolfo Hernández, si è congratulato con il neo Presidente: «La maggioranza della popolazione ha votato per un altro candidato. Accetto i risultati di queste elezioni: spero che Gustavo Petro sappia come gestire il Paese e sia fedele al suo impegno nel combattere la corruzione».

Francia Márquez, il volto della svolta

Al fianco di Gustavo Petro c’è l’altra vera novità di questa elezione, tutt’altro che di facciata: l’ambientalista Francia Márquez, avvocata, femminista, prima vicepremier di origine africana. Ed è una presenza solida, lei stessa segno del cambiamento in atto. «Saremo una potenza mondiale della vita» ha ribadito Márquez, riprendendo lo slogan presentato con Petro in campagna elettorale. «Questo sarà il governo della gente, delle mani callose, il governo delle persone di strada». Per poi ricordare i tanti, troppi, difensori dei diritti umani assassinati in Colombia: «Voglio ringraziare tutti gli uomini e le donne colombiani che hanno dato la vita per questo momento. Tutti i nostri fratelli e sorelle, leader sociali, che sono stati assassinati in questo Paese. I giovani assassinati e scomparsi, le donne violentate e scomparse. Grazie per aver spianato la strada, grazie per aver seminato il seme della resistenza».

Così anche in Colombia comincia una stagione di “vento di sinistra”, come sta già accadendo in Cile e in Perù, in Argentina e in Ecuador, in Uruguay, in Honduras e Messico, presto probabilmente anche in Brasile. Proprio Luis Inacio Lula da Silva, già Presidente del Brasile e candidato favorito alle elezioni di agosto, è stato tra i primi a congratularsi con Gustavo Petro: «La sua vittoria rafforza la democrazia e le forze progressiste in America Latina». Il presidente cileno, Gabriel Boric, si è congratulato al telefono con Petro, esprimendo «Gioia per l’America Latina: lavoreremo insieme per l’unità del nostro continente nelle sfide di un mondo in rapido cambiamento». Congratulazioni sono arrivate anche dagli Stati Uniti, che hanno sempre sostenuto i presidenti di destra, compreso l’uscente, Ivan Duque. Il Segretario di Stato Antony Blinken ha scritto su Twitter: «Non vediamo l’ora di continuare la nostra forte collaborazione con il presidente eletto Petro per costruire un emisfero più democratico ed equo». La Bbc riporta il parere di Ana Beatriz Acevedo, docente dell’Università di Medellin: «Uno dei grandi problemi della Colombia è la disuguaglianza: all’interno delle comunità nere e dei popoli indigeni, tra le donne. E loro (Petro e Márquez) rappresentano quella differenza - uno è di razza mista e l’altro è nero - ed entrambi credono nell'inclusione. Definire i risultati elettorali un'elezione storica è un cliché, ma è successo davvero».

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