SOCIETÀ

Agenda Europea e sfide digitali

L'Agenda Digitale Europea, presentata dalla Commissione Europea nel maggio 2010, è una delle sette iniziative Europa 2020 entro la strategia Horizon2020. Prevede alcuni obiettivi chiave da raggiungere entro quella data attraverso un adeguato sfruttamento del potenziale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) per favorire l’innovazione, la crescita economica e il progresso dei Paesi dell’Unione europea. L'obiettivo principale dell'Agenda è ottenere vantaggi socio-economici sostenibili grazie a un mercato digitale unico basato su Internet veloce e superveloce e su applicazioni interoperabili.

Tra gli ostacoli che minano la crescita e lo sviluppo tecnologico dell’UE, sette sono quelli su cui l’Agenda digitale intende puntare al fine di un loro superamento:

  • la frammentazione dei mercati digitali;
  • la mancanza di interoperabilità;
  • l’aumento della criminalità informatica e il rischio di un calo della fiducia nelle reti;
  • la mancanza di investimenti nelle reti;
  • l’impegno insufficiente nella ricerca e nell'innovazione;
  • la mancanza di alfabetizzazione digitale e di competenze informatiche;
  • le opportunità mancate nella risposta ai problemi della società.

Aprire l’accesso ai contenuti on line legali, semplificando le procedure di liberatoria e gestione dei diritti di autore e di rilascio di licenze transfrontaliere, è uno dei fronti sui quali si lavorerà in Europa attraverso l’emanazione di una direttiva quadro sulla gestione collettiva dei diritti che affiancherà quella già redatta sulle opere orfane. Un’azione ulteriore è la revisione della direttiva sul riutilizzo dell’informazione del settore pubblico, dove si definisce una’ambiziosa politica di apertura intitolata trasformare in oro i dati delle amministrazioni pubbliche: un’iniziativa che riguarda l’intera gamma delle informazioni che gli enti pubblici in tutta l'Unione europea producono, raccolgono o pagano, da intendersi d’ora in avanti come open data. Stati membri quali il Regno Unito e la Francia hanno già cominciato a sfruttare tali potenzialità. 

Se da una parte aumentare l’interoperabilità tra dispositivi, applicazioni, banche dati, servizi e reti significa riesaminare le politiche in materia di standardizzazione, dall’altro la Commissione dovrà definire norme adeguate ai diritti essenziali di proprietà intellettuale [Libro bianco della Commissione «Ammodernamento della normalizzazione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nell'UE: prospettive»].

L’apertura dell’accesso ai risultati e, in particolare, ai dati della ricerca scientifica – strettamente connessa con i dati aperti delle amministrazioni pubbliche - è uno degli aspetti rilevanti di questo programma quadro, che prevede la messa a disposizione degli stessi in termini di interoperabilità e attraverso licenze appropriate di tipo Open. Dati aperti di ambito economico-statistico, geografici (utili alla georeferenziazione per le mappe digitali), relativi all’ambiente, ai cambiamenti climatici o di tipo demografico (relativi a censimenti, popolazione, istruzione, flussi migratori…) saranno rilasciati attraverso partenariati tra enti pubblici e privati. In ambito biomedico, per esempio. il piano d'azione “sanità elettronica” prospetta le possibilità d'impiego delle tecnologie informatiche e telematiche per migliorare la qualità dell'assistenza sanitaria in tutta l'Europa mantenendo i costi stabili o riducendoli. Sarà altresì possibile abbreviare i tempi di attesa, diminuire gli errori, fornire strumenti a sistemi e servizi di telemedicina aperti e fruibili dai cittadini. 

Le recenti proposte della Commissione dello scorso 17 luglio sull’accesso aperto a beneficio degli investimenti pubblici in ricerca, (Spazio europeo della ricerca) sono incentrate su cinque priorità chiave:

  • una maggiore efficacia dei sistemi nazionali di ricerca
  • rafforzamento della collaborazione e della concorrenza transnazionali, garantendo anche la creazione e il funzionamento efficiente di infrastrutture di ricerca chiave
  • un mercato del lavoro più aperto per i ricercatori
  • uguaglianza e integrazione di genere nelle organizzazioni che svolgono e selezionano i progetti di ricerca e
  • circolazione e trasferimento ottimali delle informazioni scientifiche, anche con mezzi digitali, nonché un accesso più ampio e rapido alle pubblicazioni e ai dati scientifici.

È indubbio che un accesso più ampio e più rapido ai documenti e ai dati scientifici possa aiutare non solo i ricercatori nel loro lavoro, ma anche le imprese a sfruttare i risultati della ricerca finanziata con fondi pubblici. L’Europa investe 87 miliardi di EUR annui nella R&S. A fronte di questi investimenti, da uno studio finanziato dalla stessa UE è emerso che attualmente solo il 25% dei ricercatori condivide liberamente i propri dati. Con l’avvento dell’era digitale, alla comunità scientifica si offrono maggiori opportunità per la diffusione elettronica dei risultati della ricerca. Una di queste è l’accesso aperto (licenze Open Access) che permette di rendere disponibili le ricerche condotte dalle comunità di ricerca sotto forma di pubblicazioni scientifiche (monografie e/o articoli di periodici) e il conseguente riutilizzo dei dati. Interessanti a riguardo i risultati di una consultazione pubblica sull’informazione scientifica nell’era digitale, avviata dalla Commissione Europea e aperta a cittadini e organizzazioni coinvolti nelle attività di accesso e conservazione dell’informazione scientifica. 1.140 le risposte e 18 i position paper pervenuti alla Commissione da parte di 42 Paesi. Dai risultati dell’indagine è emerso che l’84% degli intervistati ritiene che l'accesso alla letteratura scientifica, così come è oggi, non sia ottimale. Alcuni studi evidenziano che, in assenza di un rapido accesso alla letteratura scientifica aggiornata, alle piccole e medie imprese occorrono fino a due anni in più per commercializzare prodotti innovativi, a danno dei cittadini e dell’economia. 

L’accesso aperto ai risultati della ricerca rafforzerà la capacità di innovazione dell’Europa, sottolinea Máire Geoghegan-Quinn, Commissaria europea per la ricerca, “L'accesso aperto ai documenti e ai dati consentirà ai nostri ricercatori e alle nostre imprese di realizzare più rapidamente progressi importanti, a beneficio della conoscenza e della competitività in Europa.” Neelie Kroes, vicepresidente della Commissione europea e responsabile dell’Agenda digitale, ha aggiunto: "I contribuenti non devono pagare due volte per la ricerca scientifica e devono beneficiare di un accesso continuo ai dati grezzi. Vogliamo migliorare considerevolmente la diffusione e la valorizzazione dei risultati della ricerca scientifica. I dati sono il nuovo oro nero."

In questo quadro di Agenda digitale e accesso aperto l'Italia, come ogni Paese membro, deve analizzare il contesto nazionale e recepire l'Agenda digitale, individuando le priorità e le modalità di intervento.

Antonella De Robbio

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