SOCIETÀ
L'Unione Europea vuole difendere la Moldavia contro la disinformazione russa

La Presidente della Moldavia Maia Sandu in visita al Parlamento europeo nel dicembre 2024 a seguito della sua rielezione. © Unione europea, 2024 - Fonte: Parlamento europeo
La Commissione Europea sta tentando di offrire un concreto aiuto alla Moldavia, in vista delle elezioni parlamentari che si terranno il prossimo 28 settembre. Un aiuto non soltanto economico, anche se la presidente Ursula von der Leyen, nel recente vertice bilaterale che si è tenuto a Chișinău, ha comunque annunciato uno stanziamento di 1,9 miliardi di euro per rafforzare il partenariato e per sostenere “l’integrazione nell’Ue della Moldova e le riforme nel Paese”. Ma il piccolo stato dell’Europa orientale, racchiuso tra Romania e Ucraina, finito non da oggi nel mirino della Russia (che lo vorrebbe come parte della sua ideale “cintura di cuscinetto” con i paesi della Nato), si trova attualmente sotto “attacco ibrido”, con la rete di disinformazione “Matrioska”, sostenuta dal Cremlino, attiva dal 2023 con materiali in gran parte provenienti canali Telegram in lingua russa (già neutralizzata su Twitter, poi migrata sulla piattaforma Bluesky), particolarmente attiva nel lanciare un’ondata di attacchi informatici con l’obiettivo di indebolire la posizione della presidente moldava, l’europeista Maia Sandu, spesso accusata di autoritarismo dai suoi detrattori. L’aiuto che la Commissione Europea vorrebbe offrire alla Moldavia riguarda proprio questo aspetto: inviare a Chișinău un pool di esperti in grado di individuare e di prevenire ulteriori attacchi informatici. Sarebbe la prima “missione sul campo” di questa “task force informatica” ideata dall’UE anche in conseguenza del clamoroso episodio avvenuto in Romania, dove la Corte Costituzionale, lo scorso dicembre, aveva disposto l’annullamento del primo turno delle elezioni presidenziali dopo che i servizi segreti avevano rilevato l’esistenza di una estesa operazione di “influenza elettorale”, orchestrata attraverso i social media, a favore del partito di estrema destra AUR e del candidato filo-russo Călin Georgescu. Secondo un successivo rapporto della piattaforma TikTok, erano stati individuati e poi rimossi 27.217 account “non autentici” che avevano generato con i loro contenuti inquinati oltre 27 milioni di visualizzazioni (la Romania ha complessivamente 19 milioni di abitanti, e gli aventi diritto al voto sono 15 milioni oltre al milione che vive all’estero). Stesso schema era stato applicato, questa volta con successo, in Georgia dove il partito filo russo “Sogno Georgiano”, fondato dal miliardario ed ex premier Bidina Ivanishvili, aveva vinto le elezioni nell’ottobre 2024 scatenando proteste antigovernative tuttora in corso, peraltro con quattro esponenti dell’opposizione finiti in carcere pochi giorni fa.
Ora a subire il pressing del Cremlino è la Moldavia, che già nel 2022 ha presentato formale richiesta d’ingresso nell’Unione Europea, passaggio politico confermato con il referendum vinto lo scorso ottobre, seppur di misura (51% a favore) nonostante le ormai abituali “interferenze” russe. Alla fine di giugno The Insider, una rete di giornalismo investigativo e di analisi politica, ha denunciato che i bot russi della rete “Matrioska”, proprio alla vigilia del vertice Moldavia-UE del 4 luglio scorso, avevano pubblicato diversi video, anche sotto le insegne contraffatte di prestigiose testate (Deutsche Welle, Der Spiegel, Euronews e Business Insider), nel quale si diffondevano false notizie di dissidi tra la presidente moldava Maia Sandu e la vicepresidente della Commissione europea, Kaja Kallas. In uno di questi, Sandu veniva definita come “un burocrate fantoccio nelle mani di Ursula von der Leyen”.
I pericoli della disinformazione
Sembra incredibile che notizie palesemente inventate, senza alcun fondamento e immediatamente “smentibili”, possano condizionare fino a tal punto una parte consistente dell’opinione pubblica (il che la dice lunga sul livello di attenzione sempre superficiale e affrettato nel valutare la credibilità delle notizie). Ma distinguere il falso dal vero è un’attività che richiede sempre più impegno, attenzione e preparazione, in un’epoca dominata dai social media, dall’intelligenza artificiale e dalla sistematica manipolazione della realtà messa in atto da soggetti che puntano a deformare il quadro democratico. Come riassumeva pochi mesi fa il sito web DISA (Disinformation Social Media Alliance): «La “democratizzazione” dell’informazione ha portato con sé anche un’ombra: la proliferazione della disinformazione, la diffusione di informazioni false o fuorvianti, che rappresenta una minaccia significativa per i processi democratici, la salute pubblica e la coesione sociale. Distinguere tra misinformation (informazioni false diffuse involontariamente) e disinformation (informazioni false diffuse intenzionalmente per ingannare) è fondamentale per comprendere le sfumature di questo complesso panorama. Sebbene entrambi contribuiscano all’erosione della fiducia e all’amplificazione di narrazioni dannose, la disinformazione ha un intento più deliberato e malevolo, spesso esercitato per guadagno politico, manipolazione sociale o profitto economico. L’ascesa delle piattaforme di social media, con la loro amplificazione algoritmica e le loro camere d’eco, ha esacerbato la diffusione sia della misinformation che della disinformation, creando un ambiente in cui le false narrazioni possono rapidamente guadagnare trazione e influenzare l’opinione pubblica».

La Presidente della Moldavia Maia Sandu (a sinistra) in visita al Parlamento europeo nel dicembre 2024 a seguito della sua rielezione. © Unione europea, 2024 - Fonte: Parlamento europeo
E qui entra in ballo l’Unione Europea e la task force che potrebbe aiutare la Moldavia a “schermare” gli attacchi informatici. Già il mese scorso, a Chișinău, è stato condotto uno stress-test sulle minacce ibride digitali alla quale hanno partecipato funzionari UE, istituzioni moldave, fact-checker e rappresentanti di Meta, Google, Microsoft e TikTok. La Commissione Europea ha successivamente dato conto dell’esercitazione con un comunicato: “La simulazione di scenari di minaccia per l’intera giornata mirava a migliorare la consapevolezza e una risposta efficace da parte di tutti gli attori pertinenti a potenziali campagne di disinformazione maligne e attacchi informatici volti a turbare le prossime elezioni parlamentari. Per sostenere ulteriormente la Moldova - annuncia ancora la Commissione UE - sarà istituito un nuovo hub regionale dell’Osservatorio europeo dei media digitali (EDMO). L’hub si concentrerà sulla disinformazione russa e riguarderà, tra l’altro, anche la Moldova”.
While you progress on your EU path, we are already bringing you closer to us.
It’s the objective of our €1.9 billion Growth Plan.
Investing in infrastructure that connects us.
And even ending all roaming charges between us ↓ https://t.co/hK0YOGFOZ0— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) July 4, 2025
La risposta della società civile
L’allarme non è eccessivo: la minaccia è concreta. Il centro studi European Policy Centre (EPC) ha pubblicato pochi giorni fa un intervento piuttosto esplicito della ricercatrice Chris Kremidas-Courtney, che scrive: «Mentre la Moldavia si avvicina alle cruciali elezioni parlamentari del 28 settembre 2025, si trova nell’epicentro di un’intensificazione dell’offensiva ibrida russa. Chișinău affronta una campagna di distruzione a tutto campo che mescola disinformazione, coercizione energetica, compravendita di voti e sovversione digitale per spezzare la resilienza democratica della Moldavia. Il modo in cui questa piccola nazione risponderà, e con quanta forza l’UE la sosterrà, invierà un segnale potente sul futuro dell’allargamento dell’UE; e dirà se le democrazie all’estremità orientale dell’Europa saranno in grado di resistere e di respingere la pressione di un’interferenza autoritaria coordinata». La ricercatrice è comunque convinta che non tutto sia perduto: «La più grande risorsa della Moldavia in questa lotta potrebbe essere la sua società civile e la popolazione giovanile. Organizzazioni come Ziarul de Gardă, TV8, StopFals, WatchDog.MD e l’Independent Journalism Center continuano a monitorare, sfatare ed educare, spesso lavorando con risorse minime e sotto pressione significativa. Il loro ruolo non è solo quello di smascherare le bugie, ma anche di aiutare a ricostruire la fiducia nei fatti». Nello stesso articolo si cita il parere di Valeriu Pașa, del think tank moldavo WatchDog.MD: «La Russia non mira a conquistare i cuori e le menti, piuttosto, cerca di svuotarli. L’obiettivo è quello di seminare abbastanza confusione e cinismo da far sì che i cittadini si disimpegnino del tutto dal processo democratico. In Moldavia, questo significa incoraggiare l’apatia, la disillusione e la sensazione che non valga la pena credere in nessuna scelta politica. Il voto della diaspora ha salvato la situazione nelle elezioni presidenziali del 2024, il che ha portato Mosca a intensificare i suoi sforzi nella comunità moldava espatriata nel 2025».
La Moldavia è una piccola nazione (3,6 milioni di abitanti) ma con un ruolo non secondario a livello geopolitico. È incastonata tra l’Ucraina, devastata dalla guerra, e la Romania, membro della Nato. Ha un altissimo livello di povertà (oltre il 33% della popolazione), un’economia fragile (le rimesse della diaspora rappresentano circa il 30% del Pil) e perennemente al centro dello scontro tra Russia e Occidente: ogni volta che la Moldavia tenta di avvicinarsi all’Europa, la Russia interviene. Non con i carri armati, ma con azioni coordinate di sabotaggio. Emblematico il caso della Transnistria, una sottile striscia di terra tra il fiume Dniester e il confine ucraino, che si è autodichiarata indipendente dalla Moldavia nel 1990, sostenuta politicamente, economicamente e militarmente dal Cremlino (sono stanziati lì 1500 soldati russi), che però non ha esitato a bloccare, lo scorso inverno, le forniture di gas proprio per creare disagi alla popolazione e per mettere in cattiva luce il governo di Maia Sandu. O della Gaugazia, un’altra regione indipendentista, nel sud del paese, con forti tendenze filo-russe.
Il tessuto sociale e politico della Moldavia è chiaramente frammentato, tra chi guarda con fiducia verso Bruxelles e chi invece vorrebbe abbracciare lo scudo del Cremlino. È quindi probabile che le prossime elezioni si risolveranno sul filo di lana, anche perché gli attacchi ibridi cominciano a produrre i risultati sperati da Mosca: secondo un sondaggio pubblicato alla fine di maggio, il partito di Maia Sandu, Azione e Solidarietà (PAS), sta perdendo consensi e con ogni probabilità non riuscirà a conquistare da solo la maggioranza parlamentare nel prossimo voto. Se andrà al governo, sarà costretto a stringere alleanze.