SCIENZA E RICERCA
Clima anomalo, vietato guardare solo agli eventi locali
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Foto: Reuters/Stringer
Un’estate insolita quella che stiamo attraversando, che almeno per ora ci costringe a non dimenticare mai a casa giacca e ombrello. Nuvolosità persistente, temperature fresche e piogge abbondanti che, nel mese di luglio da un secolo a questa parte, si erano riscontrate poche volte. Unico escluso l’estremo sud.
A essere interessata in modo particolare è l’Italia centro-settentrionale, dove la pioggia ha raggiunto in totale livelli anche quattro, cinque volte superiori alla media. Le zone più piovose sono state le Prealpi e l’area compresa tra Levante ligure e alta Toscana. A Belluno e a Pontremoli si tratta del luglio più piovoso dal 1950, il secondo a Torino dal 1802 e il settimo a Milano dal 1858. Anche le temperature nell’ultimo mese sono state più fresche rispetto alla norma, con un’anomalia di circa mezzo grado sotto la media a livello nazionale e di uno due gradi al nord.
Non sono mancati nemmeno gli eventi estremi. Basti pensare al recente nubifragio di Refrontolo nel trevigiano, al tornado sulla bassa pianura modenese lo scorso aprile e alle alluvioni che negli ultimi anni hanno interessato il nostro Paese in più di un’occasione. Eventi con conseguenze talora molto gravi in termini di perdite economiche e di vite umane (quattro persone a Refrontolo). In Europa, allargando lo sguardo, stando ai dati riportati in Atlas of mortality and economic losses from weather, climate and water extremes della World Meteorological Organization, i danni economici dovuti a eventi atmosferici estremi nel periodo compreso tra il 1970 e il 2012 ammontano complessivamente a circa 376 miliardi di dollari e sono dovuti in larga parte a inondazioni e tempeste, rispettivamente con una percentuale del 40% e del 37%.
Una stagione anomala dunque quella che stiamo attraversando, fresca e molto piovosa, ben diversa (almeno finora) dalle estati a cui eravamo abituati. E il riscaldamento globale? In realtà il 2014, a livello mondiale, potrebbe diventare uno degli anni più bollenti dell’ultimo secolo e mezzo: aprile, maggio e giugno sono stati i più caldi che mai si siano registrati al mondo. “Dobbiamo esaminare i cambiamenti climatici su scala planetaria, non su un piccolo angolo della carta geografica – sottolinea Luca Mercalli – Se analizziamo infatti i dati degli ultimi tre mesi su scala globale, ci si renderà conto che si tratta di un periodo record a livello di temperature planetarie”. Il mese di giugno, in particolare, ha raggiunto la più elevata temperatura mai registrata in 150 anni. E su scala europea se nel Mediterraneo si è avuta un’estate sottotono, con una temperatura media a livello nazionale di mezzo grado inferiore alla norma, in alcune aree della Scandinavia si è verificato un record assoluto con ben sette gradi in più. In alcune stazioni vicine al circolo polare artico nel mese di luglio sono stati registrati sei sette gradi oltre la media, raggiungendo punte di 30-34 gradi centigradi. “Se mettiamo questi fenomeni a confronto, ci accorgiamo che è molto più pesante l’anomalia di caldo sulla Scandinavia rispetto all’anomalia di leggero fresco sul Mediterraneo”.
Proprio i cambiamenti climatici potrebbero essere la causa di “situazioni di blocco”, stabili per settimane o mesi sulle stesse zone, che si manifestano con anomalie meteorologiche come alluvioni, siccità, caldo o freddo eccessivi. “L’andamento della piovosità in Italia – spiega Mercalli - è collegato alla situazione della Scandinavia”, dove un anticiclone bloccato su quest’area ha infatti provocato un aumento delle temperature e lasciato invece la porta aperta per il passaggio delle perturbazioni atlantiche sul centro-nord Italia. A ciò va sommato anche l’anticiclone delle Azzorre che solitamente si posiziona sul Mediterraneo e ci difende dal passaggio di queste perturbazioni: quest’anno ciò non è avvenuto e il maltempo ha avuto libero accesso sul nostro territorio. Si tratta di una disposizione anomala delle grandi aree anticicloniche, che tuttavia secondo Mercalli non rappresenta la causa ultima di queste perturbazioni, quanto piuttosto un “sintomo”.
“Certamente questi fenomeni sono in parte collegati al riscaldamento globale che mette in moto dinamiche nuove nell’atmosfera, tuttavia sovrapposte alla naturale variabilità climatica. Il problema, scientificamente parlando, è capire in che misura. È importante, ad esempio, comprendere la ragione per cui gli anticicloni si sono disposti in un certo modo”. Dunque saranno necessarie delle simulazioni su modelli climatici per studiare la probabilità di accadimento di questi fenomeni, per capire se sono frutto del caso o se sono stati favoriti dal riscaldamento globale.
In tutto questo non è possibile dire, a breve termine, se potremo goderci al sole lo scorcio di estate che ci rimane: le previsioni hanno una validità di pochi giorni. A lungo termine, invece, il discorso è diverso. “I modelli climatici dell’Ipcc prevedono in questo secolo un aumento della temperatura proporzionale alla quantità di gas a effetto serra immessa nell’atmosfera”. Nel peggiore dei casi c’è il rischio di avere alla fine del 2100 quasi cinque gradi in più rispetto ad oggi, che potrebbero però essere contenuti entro i due gradi se si prendono gli opportuni provvedimenti. “Qui, però, finisce il ruolo della scienza e inizia quello della politica”.
Monica Panetto