
Immagina di avere un appuntamento al buio. Ti prepari, ti vesti bene e arrivi al locale in anticipo. Ti guardi un po’ intorno e aspetti. Aspetti ancora. Cominci a provare un bel po’ di fastidio, perché nessuno si presenta. Mediti se restare o girare i tacchi e andartene in compagnia dell’orgoglio ferito ma poi ti rendi conto: sei tu che hai sbagliato a consultare l’agenda e l’appuntamento è la settimana successiva.
Ecco, qualcosa di simile sta accadendo nel mondo naturale, e la cosa non si risolve con una risata e una pacca sulla testa: quando i protagonisti sono fiori e insetti il problema è più serio.
Animali e piante non hanno un’agenda, quindi perché stanno arrivando in ritardo? Beh, come accade sempre più spesso, la colpa è del cambiamento climatico, e in particolare gli eventi metereologici estremi che si porta dietro.
Cosa sono gli eventi metereologici estremi?
Gli eventi meteorologici estremi (EWEs) sono fenomeni atmosferici molto intensi e insoliti che vanno ben oltre quello che consideriamo “normale” per il clima di un certo luogo e periodo dell’anno sulla base delle misurazioni precedenti; sono condizioni atmosferiche così estreme che lasciano il segno sulla natura e sulla nostra vita quotidiana. Comprendono, per esempio, le ondate di calore, con una temperatura che rompe i record storici, e le piogge torrenziali che portano le strade a diventare fiumi in poche ore: non si parla semplicemente di un forte temporale estivo, ma di piogge così intense da causare anche alluvioni e frane. Di contro, anche la siccità intensa, con lunghi periodi senza una sola goccia d’acqua, può essere un evento estremo dovuto al cambiamento climatico, che mette in crisi l’approvvigionamento idrico e quindi anche l’agricoltura.
Gli EWEs sono diventati più intensi e frequenti a causa del cambiamento climatico: l’aumento delle temperature globali scombina gli equilibri, rendendo più probabili questi eventi eccezionali, che forse ormai così eccezionali non sono.
Gli effetti degli eventi metereologici estremi su flora e fauna
Piante e insetti, che si affidano ai segnali climatici per sapere quando fiorire o quando migrare, ormai vengono facilmente ingannati, ma non allo stesso ritmo.
Questo problema ha un nome preciso: mismatch fenologico, ovvero quando le specie che normalmente si sincronizzano perfettamente (tipo fiori e impollinatori) iniziano a non azzeccare più il timing.
E non è solo una questione di appuntamenti mancati: se le farfalle arrivano troppo tardi, trovano i fiori già appassiti e quindi un buffet molto povero. Al contrario, se spuntano troppo presto, ingannate da un’ondata di caldo fuori stagione, potrebbero trovarsi da sole al rinfresco, perché i fiori non sono ancora sbocciati. Traduzione: niente cibo e rischio di congelamento.
Non è solo il caldo a giocare brutti scherzi. Anche gli estremi di freddo sono pericolosi. Se il clima diventa troppo mite in inverno, gli insetti potrebbero svegliarsi dal letargo con un tempismo pessimo, proprio prima di una gelata tardiva. E a quel punto, senza piumone per tornare in letargo, semplicemente non sopravviveranno.
Uno studio per indagare gli effetti degli EWEs sulla fenologia
Mentre gli effetti dei cambiamenti climatici graduali (come l'aumento delle temperature medie) sono stati ampiamente studiati, l'impatto degli EWEs sugli ecosistemi è meno compreso, soprattutto su vasta scala e attraverso gruppi tassonomici diversi. Ora uno studio pubblicato su Nature Climate change cerca di rimediare a questa mancanza: il suo scopo principale è indagare come gli EWEs influenzino la fenologia – ovvero il timing delle attività stagionali ricorrenti – di piante e insetti. In particolare, ci si concentra su inizio e fine della fioritura e degli spostamenti degli insetti e sulla durata degli eventi fenologici, definita come l'intervallo di tempo tra i due.
Quali dati hanno indagato i ricercatori?
Per studiare come gli eventi meteorologici estremi influenzano il ciclo vitale di piante e insetti, i ricercatori hanno utilizzato un ampio campione di dati raccolti tramite la piattaforma iNaturalist, grazie alla quale ogni cittadino può dare il suo contributo alla scienza con foto e osservazioni. Hanno analizzato così 581 specie di piante da fiore (angiosperme) e 172 specie di Lepidotteri (farfalle e falene) negli Stati Uniti continentali, coprendo un periodo di sei anni, dal 2016 al 2022. Le specie selezionate ricoprono un ruolo chiave nelle interazioni ecologiche, come l'impollinazione, il che rende rilevante lo studio dei loro cicli stagionali. Per garantire una rappresentazione accurata, il territorio è stato suddiviso in celle geografiche di 25×25 km, così da analizzare le variazioni locali.
Gli eventi estremi sono stati definiti come anomalie significative rispetto al clima storico della regione, utilizzando dati climatici degli ultimi 22 anni.
“ Il clima sta cambiando più velocemente di quanto piante e insetti possano reggere, e gli eventi estremi stanno scombinando i loro ritmi naturali come mai prima d’ora
Metodi statistici utilizzati
Per analizzare i dati, i ricercatori hanno utilizzato un metodo statistico che permette di confrontare diversi fattori contemporaneamente, come le differenze tra specie, aree geografiche e anni. In pratica, hanno confrontato due modelli statistici: uno che considerava solo il clima annuale (ad esempio, la temperatura media e le piogge complessive) e un altro che aggiungeva anche gli eventi estremi e il loro effetto combinato con le condizioni climatiche medie.
Per capire quale approccio descrivesse meglio la realtà, hanno confrontato i risultati dei due modelli e lo hanno fatto usando metodi statistici che aiutano a capire se aggiungere gli eventi estremi migliorava effettivamente la capacità di spiegare i cambiamenti nel ciclo vitale delle piante e degli insetti. Detto in parole povere, hanno verificato se includere ondate di calore, gelate o periodi di siccità aiutasse a prevedere meglio quando sarebbero sbocciati i fiori o quando gli insetti sarebbero diventati attivi in una data area.
Questo metodo ha permesso di separare gli effetti degli eventi estremi da quelli delle normali variazioni climatiche stagionali, così, i ricercatori hanno potuto osservare come gli eventi estremi influenzino l'inizio, la fine e la durata della fioritura o del periodo di attività degli insetti in modi molto diversi a seconda della specie e delle condizioni climatiche locali.
Cos’hanno scoperto i ricercatori
Uno dei risultati più interessanti è che piante e insetti reagiscono in modo diverso agli eventi estremi. Le piante sono risultate particolarmente sensibili al caldo estremo, iniziando spesso a fiorire prima del previsto e mantenendo i fiori aperti per un periodo più lungo, soprattutto nelle zone più secche. Anche gli insetti hanno reagito al caldo estremo, comparendo prima e rimanendo attivi più a lungo, ma l'effetto è stato meno marcato rispetto a quanto succedeva alle piante. Questa differenza potrebbe dipendere dal fatto che il caldo estremo accelera lo sviluppo delle piante più di quanto non faccia con gli insetti, influenzando i loro cicli vitali in modo più diretto.
Per gli insetti, il problema principale è stato invece il freddo estremo: nelle aree più calde, il freddo intenso e improvviso ha anticipato il loro periodo di attività, probabilmente perché, dopo un improvviso calo delle temperature, il ritorno al caldo accelera lo sviluppo larvale. Nelle aree più fredde, invece, ha ridotto il tempo in cui sono rimasti attivi, anche se l'effetto non è stato sempre lo stesso per tutte le specie. Questo potrebbe dipendere dal fatto che, in climi freddi, il freddo estremo può bloccare temporaneamente lo sviluppo, accorciando così il periodo di attività complessivo. Al contrario, il freddo estremo non ha avuto un grande impatto sul periodo di fioritura delle piante, probabilmente perché molte specie vegetali sono fisiologicamente più resistenti al freddo.
La siccità estrema ha ritardato l’attività degli insetti nelle aree aride, ma l’ha leggermente anticipata nelle zone umide, dove la scarsità d’acqua può indurre gli insetti a emergere prima per evitare la competizione per le risorse. Per le piante, la siccità ha prolungato il periodo di fioritura nelle aree secche: le piante potrebbero aver sviluppato strategie di sopravvivenza come una fioritura più lunga per aumentare le possibilità di impollinazione in condizioni difficili, mentre, nelle aree umide, la siccità ha leggermente accorciato il periodo di fioritura, probabilmente perché queste piante non sono abituate a condizioni aride e rispondono in modo più drastico.
Le piogge abbondanti hanno influenzato soprattutto le piante, estendendo il periodo di fioritura, in particolare nelle zone più secche, dove l'acqua extra ha fornito una risorsa di solito più rara. L’effetto sugli insetti è stato meno evidente, ma in alcuni casi ha ritardato la loro comparsa, specialmente nelle aree più aride, probabilmente perché la pioggia intensa ostacola il volo o danneggia le larve. Questi risultati mostrano che le risposte di piante e insetti agli eventi estremi sono diverse e dipendono molto dal clima locale. Lo stesso evento estremo può avere effetti opposti in climi diversi: ad esempio, la siccità ritarda l'attività nelle aree aride, ma la anticipa leggermente in quelle umide. Questa complessità potrebbe portare a disallineamenti nei tempi di interazione (come tra fioritura e impollinazione) e influenzare gli equilibri ecologici.
Le conseguenze dei mismatch fenologici, un effetto domino
Queste risposte divergenti, insomma, possono causare i mismatch fenologici di cui parlavamo prima, cioè disallineamenti nei tempi di attività tra piante e insetti che normalmente interagiscono tra loro. Ad esempio, se i fiori sbocciano prima ma le farfalle si presentano in ritardo, i fiori potrebbero appassire senza essere impollinati, compromettendo la produzione di semi e frutti. A lungo termine, questo significa una riduzione del successo riproduttivo delle piante, che può portare a un calo della popolazione. Allo stesso tempo, le farfalle potrebbero non trovare nettare a sufficienza, mettendo a rischio la loro sopravvivenza e la capacità di riprodursi.
Questi disallineamenti possono avere gravi conseguenze ecologiche, influenzando non solo le specie coinvolte, ma anche tutte quelle che dipendono da loro. Se i fiori non producono frutti, ad esempio, uccelli e mammiferi frugivori potrebbero ritrovarsi senza cibo. A loro volta, i predatori che si nutrono di questi animali dovrebbero fronteggiare un calo di risorse. Inoltre, gli insetti impollinatori, come le farfalle o le api, sono anche prede per molti uccelli insettivori. Se emergono troppo presto o troppo tardi rispetto al periodo di massima richiesta alimentare di questi uccelli, potrebbe esserci una riduzione del tasso di sopravvivenza dei pulli (i cuccioli di uccello), con effetti a cascata sulla dinamica delle popolazioni.
Questo gioco di appuntamenti mancati quindi non riguarda solo singole specie, ma interi ecosistemi. Quando una specie scompare o si riduce drasticamente, si innesca un effetto domino che colpisce altre specie connesse attraverso la rete alimentare. Quando un pezzo del puzzle ecologico viene a mancare, tutto il sistema si destabilizza.
L’evoluzione che continua?
Alcune specie riescono ad adattarsi. Ad esempio, piante più “flessibili” potrebbero fiorire più volte all’anno, aumentando le possibilità di incrociare il volo degli impollinatori. Oppure, insetti con cicli vitali più corti potrebbero sincronizzarsi meglio con i capricci del clima, modificando rapidamente i loro tempi di sviluppo in risposta ai cambiamenti climatici. Alcuni impollinatori potrebbero persino cambiare piante ospiti, adattandosi a nuove fonti di nettare disponibili in tempi diversi. Questa capacità di adattamento potrebbe portare a una coevoluzione tra piante e impollinatori, modificando le reti ecologiche in modi ancora imprevedibile.
Sbagliare appuntamento con il pianeta è pericoloso
In fondo, la natura ci sta dando un messaggio chiaro: non possiamo più permetterci di vedere fiori e piante che mancano i loro appuntamenti. Ogni ondata di caldo fuori stagione o gelata tardiva è un campanello d’allarme che ci ricorda quanto siano delicati gli equilibri ecologici. Dobbiamo proteggere il clima che li guida da milioni di anni e questo significa ridurre le emissioni di gas serra, proteggere e ripristinare gli habitat naturali e promuovere la biodiversità, perché ecosistemi più ricchi sono anche più resilienti ai cambiamenti climatici. Dopotutto, la natura sa essere puntuale. A patto che non le scombiniamo l’agenda.