CULTURA

L'anima della frontiera

“Esattamente cento anni fa appena si concludeva in Europa una guerra sanguinosissima. […] Abbiamo per la prima volta l’occasione di vivere in un’Europa di pace senza confini” dice Matteo Righetto, in libreria di recente con due romanzi (L’anima della frontiera, Mondadori 2017, e L'ultima patria, Mondadori 2018) ambientati a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento la cui protagonista, una giovane contrabbandiera di tabacco veneta, le frontiere, quelle di allora, è costretta a valicarle con enorme coraggio.

In un periodo in cui da più parti si lanciano segnali di allarme per la chiusura dei confini (dall'Austria per l'Europa ma i muri eretti di recente sono troppi e in continuo aumento) per fermare l’esodo di migranti, ha quindi senso domandarsi che significato abbia oggi in Europa il termine confine. Cosa significhi l’appartenenza a una patria, per esempio, o se questa parola non sia ormai obsoleta. E ancora, in che modo le identità dei singoli e delle diverse culture contribuiscano a determinare la cultura collettiva in cui siamo immersi.

Matteo Righetto, cui dobbiamo il concetto di “ecologia dei popoli” (ossia la convinzione che sia necessario preservare la biodiversità culturale, salvaguardando, in una visione sistemica, anche quelle piccole identità che contribuiscono al tutto, come accade in natura) ha in modo indiretto affrontato queste tematiche nei suoi ultimi romanzi, e spiega il bisogno di trovare un significato contemporaneo al termine patria, che vada oltre quello etimologico. “Ognuno ha delle patrie, che sono ben altro che l’appartenenza a una nazione. Anche la libreria può essere una patria […]. Le migrazioni sono un fenomeno connaturato all’essere umano, basti pensare al fatto che la letteratura occidentale si fonda su libri come l’Antico testamento e l’Odissea”.

Le migrazioni sono un fenomeno connaturato all’essere umano, basti pensare al fatto che la letteratura occidentale si fonda su libri come l’Antico testamento e l’Odissea

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