Il ministero della Salute inserisce l'approfondimento sui disturbi alimentari in una pagina del suo sito dedicata alla salute della donna, specificando: "Tutti i disturbi dell’alimentazione sono più frequenti nella popolazione femminile che in quella maschile: negli studi condotti su popolazioni cliniche, gli uomini rappresentano il 5-10% di tutti i casi di anoressia nervosa, il 10-15% dei casi di bulimia nervosa. L’incidenza dell’anoressia nervosa è di almeno 8-9 nuovi casi per 100mila persone in un anno tra le donne, mentre per gli uomini è compresa fra 0,02 e 1,4 nuovi casi". La cronaca recente - con la morte a vent'anni di Lorenzo, per anoressia - ha riportato l'attenzione sulla malattia, introducendo una riflessione relativa al genere. Ne abbiamo parlato con la professoressa Angela Favaro, docente di Psichiatria, direttrice della Clinica psichiatrica e della Scuola di specializzazione in Psichiatria del dipartimento di Neuroscienze dell'Università di Padova, attiva nell'equipe padovana del Centro regionale per la cura dei disturbi alimentari.
Professoressa Favaro, che cosa intendiamo per anoressia e cosa ci dicono i dati più recenti rispetto alla situazione nazionale.
"L'anoressia nervosa è una malattia che comporta una profonda alterazione del rapporto della persona con il proprio corpo e con il cibo, tale da compromettere l'elementare istinto di sopravvivenza che accomuna tutti gli esseri umani. Le persone che soffrono di anoressia nervosa riducono il loro introito energetico provocando una perdita di peso e hanno quello che viene definito un 'disturbo dell'immagine corporea', ossia un insieme di idee e percezioni la cui natura non è ancora stata del tutto compresa da un punto di vista psicologico e neurofisiologico, che include una sovrastima delle dimensioni fisiche, una forte insoddisfazione corporea che condiziona fortemente la considerazione di sé della persona, una negazione delle conseguenze della perdita di peso e frequenti comportamenti di controllo del peso e del corpo. L'anoressia nervosa si può presentare con diversi livelli di gravità e può essere associata a comportamenti come il vomito autoindotto e l'abuso di lassativi o diuretici. Rappresenta la malattia psichiatrica con la più alta mortalità ed è frequentemente associata a una scarsa consapevolezza del problema che rende difficile la richiesta di trattamento e aumenta il rischio di cronicizzazione. I disturbi dell'alimentazione nel loro insieme colpiscono fino ad oltre il 10% della popolazione femminile, comportando ingenti spese sanitarie e rappresentano una delle più frequenti cause di disabilità nelle giovani donne".
Si parla di anoressia femminile, ma esiste anche una anoressia maschile di cui si sa davvero poco. Esistono, in questo senso, differenze di genere?
"La principale differenza di genere è evidente nell'epidemiologia di questi disturbi: i maschi infatti rappresentano meno del 10% di tutti i casi di anoressia nervosa. Da quanto risulta dai dati a disposizione, non ci sono invece differenze per quanto riguarda la sintomatologia presentata o la gravità".
A livello di cura e trattamento non è necessario distinguere?
I trattamenti sono gli stessi. Purtroppo la relativa rarità dei casi di sesso maschile ha precluso fino ad oggi studi più accurati sulle caratteristiche cliniche e sui fattori di rischio, per capire se ci sono delle differenze che ancora non abbiamo individuato. È importante sapere che non ci sono dati che dimostrino attualmente un aumento di incidenza dell'anoressia nervosa né nel sesso maschile né nel sesso femminile. I dati epidemiologici, e in particolare quelli raccolti dal nostro centro regionale, mostrano invece una significativa diminuzione dell'età di esordio di questa malattia nelle ultime generazioni (dai 16-17 anni ai 14-15, e sono sempre più frequenti i casi con esordio prima dei 13 anni, ndr)".
“ I dati epidemiologici, e in particolare quelli raccolti dal nostro centro regionale, mostrano una significativa diminuzione dell'età di esordio di questa malattia nelle ultime generazioni
Quali sono i soggetti più a rischio?
"L'anoressia nervosa è una malattia multifattoriale in cui fattori genetici e fattori ambientali contribuiscono a causare la malattia. Tra i fattori ambientali ci sono sia fattori precoci come le complicanze perinatali, sia fattori sociali come l'influenza dell'esposizione a pressioni verso la magrezza. Ad oggi non conosciamo differenze tra i fattori di rischio nei soggetti di sesso femminile e nei soggetti di sesso maschile. In entrambi i casi è evidente una difficoltà ad affrontare l'età adolescenziale, ma i motivi che spiegano questa difficoltà possono essere di vario tipo e origine e non è possibile generalizzare".
Qual è l'attività del Centro di Padova dove lei opera e quali professionisti sono coinvolti nel lavoro della vostra equipe?
"Il Veneto è stata la prima regione in Italia a istituire una rete di centri provinciali e regionali per la cura dei disturbi dell'alimentazione. Ogni centro è in grado di diagnosticare e curare a livello ambulatoriale questo tipo di disturbo. Alcuni centri dispongono poi di livelli di intervento più intensivo per i casi che non rispondono alle terapie ambulatoriali (circa il 20-30% dei casi), si tratta di day-hospital o centri di ricovero che mettono in atto trattamenti di riabilitazione nutrizionale intensiva. Le raccomandazioni della letteratura internazionale sottolineano l'importanza di trattamenti che abbiano le caratteristiche di multidisciplinarietà, tempestività e specificità. Il Centro regionale di Padova cerca di fornire trattamenti specialistici che abbiano queste caratteristiche e dispone da alcuni anni di un day-hospital per i trattamenti intensivi. Le principali figure coinvolte sono psichiatri, psicologi clinici, dietisti, infermieri e medici nutrizionisti o internisti. Inoltre è un centro di ricerca noto a livello internazionale. Svolge un ruolo di osservatorio epidemiologico, ha fondato una biobanca per lo studio della genetica di queste malattie e studia in particolare le caratteristiche del funzionamento cognitivo e della connettività cerebrale che ci possono aiutare a capire non solo i meccanismi con cui queste malattie si sviluppano, ma anche i fattori che portano alla cronicizzazione. Infine il centro si occupa della formazione degli operatori, dei medici e degli psicologi che lavoreranno in questo campo".
“ Ad oggi non conosciamo differenze tra i fattori di rischio nei soggetti di sesso femminile e nei soggetti di sesso maschile. In entrambi i casi è evidente una difficoltà ad affrontare l'età adolescenziale