SCIENZA E RICERCA
Bioinformatica. Una disciplina scientifica in continua evoluzione
Negli ultimi decenni, per fare ricerca nel campo delle scienze della vita si è reso sempre più necessario lavorare con un'enorme mole di dati che sarebbe impossibile gestire senza un programma informatico. Per questo motivo, a partire dagli anni Settanta del secolo scorso è diventato fondamentale, per chi si occupa di biologia molecolare e biochimica, sviluppare delle competenze in campo informatico. È in questo contesto che è nata la bioinformatica. Insieme al professor Giorgio Valle, docente di bioinformatica all'università di Padova, ripercorriamo la storia di questa disciplina scientifica per capire come sono cambiati, nel corso dei decenni, il suo oggetto di studio e le sue applicazioni.
L'intervista completa al professor Valle. Montaggio di Elisa Speronello
“La bioinformatica nasce negli anni Settanta, quando gli studiosi di biochimica e biologia molecolare si sono resi conto che per analizzare le sequenze delle proteine e del DNA era necessario disporre di programmi informatici adeguati”, spiega il professor Valle.
“Negli anni successivi c'è stata una rapidissima evoluzione del settore nella biologia molecolare, in particolare per quanto riguarda il sequenziamento di DNA. Per questo è diventato fondamentale il contributo dell'informatica, senza la quale non riusciremmo né a gestire i dati né a comprenderne il significato”.
Il progetto genoma umano, poi, ha rappresentato un momento di svolta nel settore della bioinformatica. Come racconta il professor Valle, infatti, le grandi domande che gli studiosi si ponevano fino a quel momento riguardavano il numero di geni del genoma umano e i modi per scoprirne di nuovi. “Gran parte della biologia era ancora basata su un approccio riduzionistico: si individuava l'oggetto che si voleva cercare di studiare e poi lo si approfondiva. Con il progetto genoma umano le cose sono cambiate perché è diventato possibile adottare un approccio olistico, orientato non allo studio del funzionamento di un singolo gene, isolato da tutto il resto, ma alla comprensione di come quel gene e le proteine che codifica interagiscono all'interno di un sistema complesso come quello di un organismo vivente.
Nel periodo in cui si iniziavano ad analizzare le prime sequenze di DNA e di proteine, la bioinformatica aveva delle finalità molto diverse da quelle che ha adesso. Oggi abbiamo a che fare con i big data, e non solo per il sequenziamento del DNA, ma anche in tutte le scienze omiche, come ad esempio la trascrittomica o l'interattomica, che studia tutte le possibile interazioni di tutte le proteine e gli acidi nucleici tra di loro”.
“Ci sono tante altre molecole che regolano l'espressione dei geni e la funzionalità dell'organismo, come i microRNA e i long non-coding RNA”, continua il professor Valle. “Esistono insomma varie reti di regolazione, e per capire come funziona il nostro organismo, ma anche ad esempio quello di una pianta, dobbiamo capire come sono costruite. Rispetto al passato, quindi, oggi non è più importante capire solo la natura di un singolo componente di questa rete, ma il modo in cui questi componenti interagiscono tra di loro.
Tra i dati omici di cui disponiamo, ce ne sono alcuni che sono molto accurati e altri che, per loro natura, sono meno precisi perché vengono ricavati con delle approssimazioni. Avendo quindi a disposizione una grossa mole di dati, i quali hanno livelli di precisione diversi, servono dei programmi informatici che cerchino di trovare delle correlazioni tra di loro”.
Un'altra grossa differenza rispetto al passato riguarda il numero di sequenze individuate. “Inizialmente, avevamo a disposizione poche migliaia di sequenze in tutto”, racconta il professor Valle. “Si tratta di un numero ridicolo rispetto a quello attuale. Per questo, quando si cercava la similarità di una sequenza con un'altra, bastavano strumenti rudimentali, mentre adesso ne servono di molto più sofisticati, in grado di costruire modelli matematici e algoritmi e fare operazioni di statistica e programmazione avanzata. Inoltre, è sempre centrale individuare il problema biologico.
Il biologo, quindi, deve porsi delle domande e avere gli strumenti giusti per affrontarlo. Questo non è sempre facile perché è da poco tempo che i metodi per l'elaborazione dei big data sono oggetto di insegnamento nelle università. È necessaria perciò un'interdisciplinarità tra competenze biologiche e informatiche che purtroppo inizia a rendersi disponibile solo adesso”.
È interessante capire, allora, quali sono le nuove frontiere per chi si occupa di bioinformatica. In quali ambiti di ricerca si riveleranno particolarmente utili, nel prossimo futuro, le competenze in questa disciplina scientifica?
“Sicuramente in ambito medico”, risponde il professor Valle, “per capire meglio in che modo il genoma umano e le differenze tra i diversi individui si risolvono poi in differenze nella suscettibilità alle malattie”.
Inoltre, come spiega il professor Valle, la genomica e la bioinformatica possono offrire conoscenze utili anche per l'agricoltura, per aumentare ad esempio la resistenza biologica di alcune piante sia ai fattori abiotici come la salinità e la temperatura, sia ai parassiti.
Senza dimenticare poi lo studio e la protezione dell'ambiente. “In natura esistono microrganismi e batteri in grado di produrre sostanze che neanche conosciamo completamente”, sottolinea il professor Valle. “Si tratta di un settore enorme da esplorare per capire cosa si può fare sia per migliorare il nostro benessere, sia per mantenere il nostro mondo più pulito e vivibile.
Oltre a questo, ci si occupa anche dello studio del microbioma umano. Nel nostro organismo esistono molti batteri che convivono con noi e sono nostri simbionti, perché siamo evoluti assieme a loro. Sono in corso molte ricerche che cercano perciò di individuare delle correlazioni tra i batteri che ospitiamo nel nostro intestino e il nostro stato di salute. Questi sembrano avere delle relazioni, infatti, non solo con il benessere intestinale ma anche con le allergie e persino con i sistemi neurologici. Anche in questo caso la bioinformatica ha un ruolo importante nella ricerca e la comprensione di tali correlazioni, che ci possono aiutare a trovare soluzioni o almeno a descrivere il problema in maniera migliore.
Perciò, la bioinformatica è una disciplina che continua a evolversi e che è resa stimolante da tutte le nuove scoperte e dai progressi tecnologici nel campo delle scienze omiche, che producono grandi quantità di dati che devono essere analizzati e interpretati.
L'uso degli strumenti informatici permette di creare, a partire dai dati, dei modelli matematici dei sistemi che stiamo studiando e di vedere se le simulazioni di quei modelli svolte dal computer corrispondono a ciò che verifichiamo sperimentalmente in laboratorio”.
Infine, il professor Valle lancia un invito a tutti gli studenti, non solo a quelli di bioinformatica, a perseguire una formazione multidisciplinare, che si rivela spesso vincente nel mondo del lavoro ed è anche in grado di dare molte soddisfazioni personali.