SCIENZA E RICERCA
Biologia spaziale: limiti e possibilità della permanenza umana nello spazio
L'umanità è entrata in una nuova era di esplorazione dello spazio profondo, con le agenzie spaziali che annunciano piani per riportare gli esseri umani sulla Luna in preparazione delle prime missioni con equipaggio su Marte.
A partire dai tempi dello Sputnik nel 1957 - astronauti a parte - sono state osservate attentamente in cani, gatti, scimmie, conigli, tartarughe, topi, ricci di mare, quaglie, cellule staminali, soia, batteri, meduse, nematodi, lieviti e moscerini della frutta le variazioni biologiche e fisiologiche indotte dal volo spaziale.
Poco meno di seicento persone hanno lasciato la Terra per volare nello spazio, sperimentando il lavoro e la vita quotidiana in condizioni di microgravità e isolamento estremo.
I limiti attuali della permanenza di lunga durata degli astronauti nello spazio sono rappresentati infatti - ancora di più dei limiti tecnologici e dei grandi investimenti economici necessari - dai suoi effetti in gran parte ancora ignoti sulle condizioni psico-fisiche del corpo umano.
Per essere pronti a un futuro in cui sono previsti voli spaziali di lunga durata e le persone possono iniziare a contemplare il turismo spaziale, i ricercatori stanno studiando in che modo il corpo umano è influenzato dalla vita nello spazio e come si adatta.
Pochi giorni fa è stato pubblicato un numero speciale della prestigiosa rivista Cell interamente dedicato alla biologia del volo spaziale: The biology of spaceflight che fa il punto sulle conoscenze raggiunte finora.
Foto: Cell Press
Il lavoro è frutto di una collaborazione internazionale tra la Nasa e altre agenzie spaziali di tutto il mondo, e analizza l'impatto dei rischi già noti del volo spaziale, come le radiazioni e la microgravità, e discute gli standard per un approccio multiomics dello spazio e i preparativi necessari per andare su Marte e tornare stabilmente sulla Luna, missioni previste nei prossimi due decenni. Con multiomics si intende un nuovo approccio all’analisi biologica in cui i dati di ambiti diversi vengono combinati per ottenere risultati comuni e un’unica strategia. A questo proposito è stato istituito un consorzio internazionale che mira a migliorare le linee guida standard tra i biologi spaziali a livello globale, l’International Standards for Space Omics Processing.
Radiazioni, microgravità, composizione alterata dei gas atmosferici, isolamento e cambiamenti nell’alimentazione sono alcuni dei fattori noti di stress per gli esseri umani nell'ambiente spaziale. L’impatto negativo di questi fattori inoltre aumenta con la durata della missione e la distanza al di fuori dell’orbita terrestre bassa (circa 400 chilometri di quota), a cui vola la Stazione spaziale internazionale.
La radiazione spaziale è composta principalmente da protoni ad alta energia prodotti da eventi solari, ioni pesanti contenuti nei raggi cosmici galattici e particelle secondarie. Le missioni in orbita bassa beneficiano degli effetti protettivi della magnetosfera terrestre ma le prossime missioni di esplorazione sulla Luna, su Marte e oltre esporranno i membri dell'equipaggio a una quantità ancora maggiore di radiazione. Per avere un termine di paragone, il limite di esposizione annuale per i lavoratori professionisti delle radiazioni è di 50 milliSievert (mSv) all’anno (il sievert è l'unità di misura degli effetti provocati dalla radiazione su un organismo). Sulla Iss gli astronauti sono esposti a una dose media di 100-200 milliSievert (mSv) di radiazioni per anno, mentre le dosi ricevute durante un futuro viaggio su Marte saranno ancora più elevate: fino a 350 mSv/anno per una missione di due o tre anni.
Inoltre, i rischi per la salute derivanti dalle radiazioni spaziali sono esacerbati dalla microgravità, dal contatto limitato con la Terra e dagli effetti fisiologici e psicologici derivanti da un isolamento prolungato in un ecosistema chiuso per periodi di tempo prolungati, a una distanza dalla Terra senza precedenti che causa stress psicologico, interrompe ogni possibilità di cooperazione sociale e pregiudica la possibilità di evacuazione rapida o salvataggio immediato durante le missioni oltre l’orbita bassa.
Esempi di effetti avversi sulla salute umana durante il volo spaziale sono la demineralizzazione ossea, l’atrofia dei muscoli scheletrici, disturbi cardiovascolari, diminuzione del controllo vestibolare, depressione del sistema immunitario e disturbi neuro-oculari.
Esperimenti e analisi effettuate sia in ambiente spaziale sia terrestre per studiare l’impatto del volo spaziale su diversi aspetti della biologia e della fisiologia umana. Crediti: Afshinnekoo et al. 2020, Cell Press
Sono stati individuati sei parametri principali della biologia e della fisiologia degli astronauti e di altri organismi che rappresentano la risposta molecolare indotta dalla permanenza nello spazio.
La prima risposta indotta dal volo spaziale sulla biologia è l'elevato stress ossidativo delle cellule, che si verifica quando la quantità di radicali liberi supera le capacità antiossidanti naturali della cellula. La seconda caratteristica è il danno al Dna creato dalle radiazioni ionizzanti che possono indurre rotture a singolo o a doppio filamento che implicano processi di riparazione più o meno complessi. I rischi di riparazioni errate possono provocare l'arresto del ciclo cellulare, la morte cellulare, mutazioni, riarrangiamenti cromosomici e successiva cancerogenesi. Lo studio di organismi semplici estremamente radio-tolleranti come il tardigrado, ha rivelato l’esistenza una proteina capace di sopprimere il danno derivante dall'esposizione cronica alle radiazioni spaziali.
Un’altra caratteristica riscontrata a seguito del volo spaziale è rappresentata dalla variazione della lunghezza dei telomeri, sequenze ricche di proteine che che ricoprono i terminali cromosomici umani per proteggerli dalla degradazione. Anche lo stress ossidativo, l'infezione e l'infiammazione contribuiscono all'accorciamento dei telomeri, così come una serie di fattori legati allo stile di vita, tra cui lo stress e alcuni stimoli ambientali (per esempio l’inquinamento atmosferico). La questione dell'invecchiamento associato ai voli spaziali di lunga durata è stata affrontata per la prima volta negli astronauti valutando la dinamica della lunghezza dei telomeri e la stabilità del genoma nei gemelli Scott e Mark Kelly nel Twin Study pubblicato su Science nel 2019. Nella stessa coppia di gemelli erano stati osservati cambiamenti epigenetici, ovvero cambiamenti adattivi ad opera delle cellule, la maggior parte dei quali è tornata alla normalità dopo un certo periodo.
I gemelli astronauti Mark e Scott Kelly. Crediti: Twin Study /Nasa
Anche il microbioma, l’ecosistema dinamico di microrganismi che vivono nel corpo umano, può subire cambiamenti reversibili e irreversibili con la permanenza nello spazio.
Ma certamente la vera novita è rappresentata da uno studio in particolare i cui risultati sono stati pubblicati nell’ultimo numero di Cell. In questo studio, gli scienziati ipotizzano che alla base di molte patologie spaziali ci sia un’alterazione nei processi fisiologici dei mitocondri, gli organelli che producono l’energia necessaria alle cellule. I risultati dell’analisi hanno evidenziato come il volo spaziale influisca sulla funzione mitocondriale a livello genetico, proteico e metabolico della biologia cellulare, tissutale e organica. Per la prima volta gli scienziati hanno individuato una causa sistemica che spiegherebbe diverse disfunzioni dell’organismo. I ricercatori hanno analizzato i dati del GeneLab della Nasa in cui sono confluiti gli studi effettuati su animali, sui gemelli Kelly e su 59 astronauti nel corso di un decennio di voli spaziali.
In vista dei futuri viaggi spaziali nei prossimi decenni, la ricerca scientifica non si ferma.