SOCIETÀ

I Bitcoin utilizzano più energia dell'intera Finlandia

Il mondo cambia ad una velocità che solo 20 anni fa probabilmente era inimmaginabile. Spesso vivendo nella stretta quotidianità non ci si accorge che gran parte delle cose che abbiamo intorno a noi ed utilizziamo, solo pochi anni fa nemmeno esistevano. La tecnologia fa fare passi da gigante in tempi brevissimi ma questa accelerazione dev’essere analizzata ed indirizzata. Vale in particolar per la sfida che da qui in avanti sarà la principale per il mondo intero: i cambiamenti climatici.

Di climate change, o ancora meglio di crisi climatica fortunatamente si sente parlare sempre più spesso, ma per evitare che queste parole siano solamente dei “bla bla bla”, citando Greta Thumberg, è necessario agire. Lo devono fare i governi nazionali, lo devono fare i grossi emettitori di gas serra, ma nel nostro piccolo dovremmo iniziare ad essere più consapevoli anche noi cittadini. Sono tutte piccole gocce di un enorme oceano, ma ciò non significa che non siano importanti.

Questa premessa è per parlare di un’evoluzione, o meglio una rivoluzione, anche in ambito economico. I Bitcoin sono una realtà interessante e che sfrutta una tecnologia che può essere utilizzata in innumerevoli altri campi. La loro ascesa però, è coincisa con il costante aumento di richiesta di energia elettrica per sostenere il mining degli stessi.

Partiamo dal dato finale: il processo di creazione dei Bitcoin necessita di 91 terawattora di elettricità all'anno, cioè più di quella utilizzata da tutta la Finlandia. Chiaramente anche tutte le più normali transazioni finanziare necessitano di energia, ma a vederlo nero su bianco sembra che nulla sia paragonabile al dispendio energetico della criptovaluta più famosa. Un confronto ha provato a farlo Statista, che ha messo in luce come la necessità energetica di un milione di transazioni di Bitcoin sia di 1,810.74 kw/h, contro 148.63 per lo stesso numero di transazioni con il circuito VISA.

Statistic: Bitcoin average energy consumption per transaction compared to that of VISA as of September 24, 2021 (in kilowatt-hours) | Statista
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Ma perché “minare” i Bitcoin consuma così tanta energia? Da un punto di vista tecnico il motivo è che fare “mining” significa banalmente far lavorare un algoritmo all’interno di un computer. Più potente è questo, più si riesce a minare. Questa naturalmente è una spiegazione banalizzata dell’operazione, ma una buona analogia, messa in luce in questo articolo, è quella tra la creazione di Bitcoin ed il Casinò.

Bisogna immaginarsi di essere in un casinò e tutti coloro che giocano hanno un dado con 500 facce. Il vincitore è la prima persona che ottiene un numero inferiore a 10. Va da se quindi che più potenza hai, più ipotesi, o lanci di dadi, puoi fare al secondo. La rete Bitcoin poi, è strutturata per rendere tutto ciò un po’ più complesso in base a quanti più minatori partecipano. Questa complessità però si trasforma anche in sicurezza per l’utente.

Il processo di creazione dei Bitcoin necessita di 91 terawattora di elettricità all'anno, cioè più di quella utilizzata da tutta la Finlandia

Chiaramente questa non vuole essere una spiegazione dettagliata del mining, ma vuol rendere l’idea del motivo per cui ad oggi estrarre Bitcoin significa consumare più energia di tutta la Finlandia messa assieme, con i suoi 5,5 milioni di abitanti. Un trend inoltre che è in costante crescita da anni. L’analisi è fatta dall’università di Cambridge che ha messo a punto il Bitcoin Electricity Index, che ha lo scopo di monitorare il consumo energetico mensile per il mining dei Bitcoin.

Tutto ciò consapevoli che il reale consumo di elettricità di Bitcoin non può essere misurato direttamente per diverse ragioni. In primis perché i cosiddetti minatori possono operare sotto pseudonimo senza bisogno di identificarsi oppure possono utilizzare diverse apparecchiature hardware con diverse efficienze energetiche per le quali non esistono dati di vendita o distribuzione affidabili. Il consumo di elettricità dovuta ai Bitcoin può quindi essere solamente stimato. 

Nelle stime del CBECI vediamo come le percentuali tra Stati siano sempre ad appannaggio della Cina. Negli ultimi anni però, anche in altri paesi si è vista un’intensiva produzione di Bitcoin, basti pensare che nel settembre 2019 la Cina era detentrice di più del 75% della produzione, con gli Stati Uniti al 4,1%. Ad Aprile 2021 la Cina era scesa al 46% e gli Stati Uniti erano saliti a più del 16%.  Una tendenza che presumibilmente continuerà, viste le restrizioni cinesi alla criptovaluta più famosa.

Il problema principale quindi, è quello che negli ultimi dieci anni sembra ci sia stata un'escalation per quanto riguarda le necessità tecniche e tecnologiche per minare Bitcoin. Se nel 2011, in termini di energia elettrica, anche un semplice pc di casa poteva bastare per fare il mining di un Bitcoin, ora non è più possibile. Sono necessarie macchine specializzate, con grande potenza di calcolo ma ancor più con un sistema di raffreddamento importante, proprio per evitare il surriscaldamento dovuto alla costante operatività. Il mining quindi, di fatto ora avviene in giganteschi data center di proprietà di aziende o privati.

Un ulteriore aspetto poi, è dovuto proprio alla quantità di hardware utilizzato per un periodo più o meno lungo e poi accantonato. Più potenza di calcolo significa necessità di macchine più nuove e veloci, con conseguente creazione di rifiuti elettronici. Come riportato dal New York Times, Alex de Vries, economista francese, ha stimato che ogni anno e mezzo circa, la potenza di calcolo dell'hardware di mining raddoppia, rendendo di fatto in breve tempo obsolete le macchine più vecchie. Secondo i suoi calcoli, all'inizio del 2021, il solo Bitcoin generava più rifiuti elettronici di molti paesi di medie dimensioni.

Insomma le criptovalute rappresentano il futuro, la blockchain è tecnologia già utile in innumerevoli campi ma se vogliamo cercare d’avere un futuro sostenibile, la tematica dei Bitcoin e del loro relativo mining dev’essere analizzata a fondo per fare in modo che non impatti, anche questo, sul nostro clima.

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