SCIENZA E RICERCA

Il bosone W scuote le fondamenta del modello standard in fisica

Da 50 anni il modello standard è la teoria fisica che meglio descrive la microscopica galassia delle particelle elementari. La sua più spettacolare conferma sperimentale è arrivata nel 2012, quando al Cern di Ginevra l’esperimento CMS (Compact Muon Solenoid), allora coordinato dal fisico italiano Guido Tonelli, con l’acceleratore di particelle LHC (Large Hadron Collider) ha osservato e misurato per la prima volta la massa del bosone di Higgs, la cui esistenza era stata predetta negli anni ‘60 dal fisico teorico Peter Higgs, premiato nel 2013 con il Nobel per la fisica.

Sempre al Cern, nel 1983, fu la volta di un altro bosone, osservato grazie all’acceleratore di particelle SPS (Super Proton Synchrotron). La scoperta valse il Nobel nel 1984 a Carlo Rubbia, a capo del’esperimento UA1, che individuò il bosone W prima e lo Z poi, la cui esistenza era stata predetta dalla teoria elettrodebole di Sheldon Glashow, Steven Weinberg e Abdus Salam, a loro volta Nobel per la fisica nel 1979.

Oggi proprio il bosone W, al contrario di rafforzarlo, scuote alle fondamenta il modello standard della fisica. L’esperimento CDF (Collider Detector at Fermi National Accelerator Laboratory) del Fermilab di Batavia, poco fuori Chicago, ha elaborato i dati, raccolti dal 2002 al 2011, di 4 milioni di bosoni W prodotti dall’acceleratore di particelle Tevatron.

Ashutosh Kotwal, fisico della Duke University che ha diretto l’esperimento, assieme a quasi 400 colleghi ha pubblicato il 7 aprile su Science i risultati delle analisi proseguite per un decennio. Le conclusioni sono state accolte con trepidazione dal mondo della fisica: la massa del bosone W sarebbe più grande dello 0,09% rispetto alle attese, un’enormità per la scienza delle particelle fondamentali se si pensa che l’intervallo di errore di misurazione tollerato è dello 0,01%. Più precisamente la misura di massa ottenuta da CDF è stata 80.433,5 MeV ± 9,4 MeV (milioni di elettronvolt), circa 85 volte quella del protone.

Una breve nota di precisazione: sarebbe più corretto scrivere 80.433 MeV/c2, ovvero un valore di energia diviso per il quadrato della velocità della luce. Questo perché l’equazione di Einstein E = mc2 stabilisce la relazione tra energia e massa di un qualunque sistema fisico. La massa pertanto sarà m = E/c2. Per semplicità i fisici riportano solo il valore dell’energia.

Altri esperimenti, prima di CDF, avevano misurato la massa del bosone W e tutti avevano restituito risultati leggermente superiori alle predizioni teoriche del modello standard, che si sarebbe atteso una massa di 80.357 MeV.

L’esperimento ATLAS ad esempio, compiuto sempre al Cern di Ginevra, nel 2018 aveva misurato una massa di 80.370 MeV ± 19 MeV. Lo stesso CDF del Fermilab di Chicago nel 2012 aveva restituito la misura di 80.387 MeV ± 19 MeV. Quest’ultima, più piccola di quella attuale, era stata ottenuta analizzando solo un quarto dello stesso dataset utilizzato oggi per i nuovi calcoli. L’ultimo risultato ottenuto da CDF vanterebbe però una precisione doppia rispetto alle misurazioni precedenti, passando da un intervallo di errore di 19 MeV a 9,4 MeV, grazie agli avanzamenti tecnologici ottenuti nell’ultimo decennio.

Come si misura la massa del bosone W

I bosoni W vengono prodotti facendo collidere tra loro particelle accelerate ad alte velocità. La loro vita è molto breve, una frazione infinitesimale di secondo (25 zeri dopo la virgola c’è un 3), e per rilevare la loro presenza viene misurato il loro rapido decadimento, che avviene producendo un elettrone o un muone (simile all’elettrone ma più pesante) e un neutrino. Quest’ultimo è difficilissimo da rilevare, quindi si punta a intercettare l’altra particella.

Se si riescono a intercettare tutti gli elettroni o muoni prodotti dal decadimento è possibile risalire alla massa originale del bosone W. L’incapacità di rilevare il neutrino però rende difficile distinguere quale parte dell’energia degli elettroni o dei muoni proviene dalla massa del bosone e quale parte invece proviene dalla sua quantità di moto. È per questo che la misurazione della massa del bosone W è una delle misurazioni più difficili da compiere in fisica delle particelle.

Il team di CDF ha fatto passi in avanti nella precisione della misurazione. Ciononostante non tutta la comunità scientifica è concorde nel ritenere che i risultati di CDF siano necessariamente la prova che mette sotto scacco il modello standard.

Nella miriade di passaggi di elaborazione e calcolo, potrebbe celarsi un errore che scombina tutti i risultati finali. L’errore potrebbe addirittura celarsi nelle assunzioni di partenza, nell’impostazione del modello che simula la produzione di bosoni W. O ancora, da qualche parte nel programma informatico. Kotwal però assicura che il decennio di lavoro è servito anche a controllare e ricontrollare tutti i passaggi.

Il significato delle anomalie e i paradigmi scientifici

Nel modello standard le proprietà di ciascuna particella dipendono dalle proprietà delle altre particelle con cui interagiscono. Se la massa di una di queste si rivela diversa da quanto previsto, occorre considerare come questa novità impatti su quello che credevamo delle altre particelle.

La questione può essere risolta all’interno del modello standard, riaggiustando i valori delle particelle già note: in questo caso il paradigma scientifico che ha retto per più di 50 anni e che ha avuto conferme sperimentali straordinarie ne uscirebbe salvo.

Potrebbe anche accadere però che all’interno del modello standard gli aggiustamenti ad hoc diventino troppi, fino a che, a un certo punto, i conti non tornano più. Questo non significherebbe che bisogna buttare via il modello standard, ma che occorrerebbe integrarlo con un nuovo impianto teorico che ancora non conosciamo, un po’ come la teoria gravitazionale di Newton è stata inserita nel più ampio impianto teorico della relatività di Einstein.

La massa del bosone W calcolata da CDF, e risultata più elevata rispetto alle predizioni teoriche, potrebbe essere l’indizio di quella che viene chiamata una nuova fisica. Quale essa sia, esattamente ancora non si sa. Esistono però già diversi modelli che provano a superare il modello standard e che ipotizzano una massa maggiore del bosone W. Uno ha a che fare con la teoria della cosiddetta supersimmetria, un altro ha a che fare con una diversa conformazione proprio del bosone di Higgs, che è responsabile anche della massa del bosone W. Quella di Higgs, sostengono alcuni, potrebbe non essere una particella elementare, ma qualcosa di più composito che influenzerebbe anche la massa di W.

Oltre alla anomala massa del bosone W, gli scienziati di CDF avrebbero ottenuto almeno un altro risultato che entra in contrasto con le predizioni del modello standard: il muone risulterebbe leggermente più magnetico delle attese.

Lo stesso esperimento CMS del Cern di Ginevra, che nel 2012 confermò l’esistenza del bosone di Higgs, oggi sta lavorando al calcolo della massa del bosone W. Nel giro di qualche anno probabilmente anche il Cern pubblicherà i propri risultati, anch’essi ottenuti con metodi che consentono una maggiore precisione nella misurazione. Se convergeranno con quelli ottenuti da CDF occorrerà valutare quanto ampia sarà la cesura tracciata rispetto al modello standard, se i nuovi risultati saranno con esso conciliabili o se davvero avremo aperto una porta verso un nuovo paradigma, verso una nuova fisica che, dove ci porterà, ancora non lo sappiamo.

Il modello standard

I bosoni rappresentano una delle due famiglie in cui si dividono le particelle fondamentali: i fermioni prendono il nome dal fisico italiano Enrico Fermi, mentre i bosoni dal fisico indiano Satyendranath Bose, che assieme a Einstein ha descritto il comportamento, o meglio la statistica, di queste particelle (statistica Bose-Einstein). Ciò che distingue bosoni da fermioni è lo spin: intero per i primi (1, 2, 3, ecc.), semi-intero per i secondi (1/2, 3/2, 5/2, ecc.).

Le parole del nostro linguaggio spesso si rivelano inadeguate per descrivere fenomeni fisici così distanti dalle dimensioni con cui quotidianamente abbiamo a che fare. Lo spin è un termine che richiama alla rotazione: anche se non è esattamente così, possiamo immaginare che le particelle, un po’ come una palla da tennis, ruotino intorno al proprio asse e il modo in cui lo fanno determina buona parte delle loro proprietà. Lo spin descrive ciò che i fisici chiamano movimento angolare intrinseco e definisce lo stato quantico della particella.

I fermioni si dividono in due classi: quark, le particelle che compongono protoni e neutroni dei nuclei atomici; e leptoni, di cui fanno parte l’elettrone, i neutrini, la particella mu (o muone) e la particella tau (o tauone).

Anche i bosoni si dividono in due classi. I bosoni di gauge sono responsabili delle interazioni fondamentali, ovvero l’interazione forte mediata dai gluoni, l’interazione debole mediata dai bosoni W e Z, l’interazione elettromagnetica mediata dai fotoni. Alcuni fisici ipotizzano anche l’esistenza dei gravitoni, che sarebbero i bosoni che mediano l’interazione gravitazionale: finora sono state osservate le onde gravitazionali, ma l’esistenza dei gravitoni non è stata dimostrata. L’altra classe di bosoni sono i mesoni, che sono coinvolti in qualche modo in tutte le interazioni fondamentali. Il bosone di Higgs è un cosiddetto bosone scalare (quelli di gauge sono vettoriali): ha spin 0, nessuna carica elettrica, ma ha un ruolo importantissimo perché permette di dare massa alle altre particelle elementari.

Le conoscenze scientifiche, per quanto riescano a mandare in orbita telescopi spaziali o far atterrare rover su Marte, sono sempre limitate e provvisorie. Sono la migliore comprensione che abbiamo della realtà ma non la migliore possibile. Il modello standard è la teoria scientifica che descrive nel modo più accurato a nostra disposizione le particelle elementari e le loro interazioni.

Ha però anche dei limiti che ad oggi non sono stati superati: non solo non ha dimostrato l'esistenza dei gravitoni che spiegherebbero la forza di gravità, ma soprattutto non è in grado di spiegare in modo esaustivo l’esistenza della materia oscura e dell’energia oscura che compongono il 90% dell’universo. Per sapere se la revisione della massa del bosone W comporti un superamento del modello standard e l’inizio di un nuovo paradigma di riferimento lo sapremo solo dopo le conferme (o smentite) del Cern e di altri esperimenti.

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