SOCIETÀ

Cambiamenti climatici: l'allarme lanciato da Oxfam per i Paesi più poveri

Il summit delle Nazioni Unite è ancora in corso: a sorpresa si è presentato il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, tra i principali oppositori del cambiamento climatico e artefice dell’uscita americana dal protocollo di Parigi per il contenimento delle emissioni climalteranti nell’atmosfera. I potenti del mondo discutono (per l’ennesima volta) su come cercare di migliorare la situazione. Una ragazza di 16 anni, Greta Thunberg, urla la sua indignazione nei confronti della politica e, in questo desolante panorama, arriva un’ulteriore denuncia. È quella del rapporto Oxfam che rimarca come gli stravolgimenti del clima, uniti a una povertà avanzata, stanno già mettendo a dura prova, al limite del collasso, i Paesi più poveri del mondo, soprattutto in Africa

Non è una novità: i cambiamenti climatici porteranno sempre più a aventi intensi (intesi come il susseguirsi di fenomeni sempre più estremi come siccità, alluvioni, cicloni e uragani): se i Paesi più poveri del mondo non saranno in grado di combatterne adeguatamente le conseguenze, si arriverà a situazioni di difficile gestione come crisi umanitarie, dilagare di malattie e migrazioni forzate verso altri territori

E qui suona l’allarme: secondo i dati forniti da Oxfam, nei Paesi più poveri del pianeta, ogni persona, esposta a un rischio continuo, “riceve in media circa tre dollari l’anno in aiuti utili a mettere in sicurezza se stessi e le proprie famiglie dalla perdita di raccolti, allevamenti e tutte quelle risorse essenziali da cui ne dipende la sopravvivenza”. I 48 Paesi più poveri ricevono tra i 2,4 e i 3,4 miliardi di dollari l’anno in aiuti e finanziamenti per ridurre la crisi climatica. Si tratta di una cifra irrisoria: “Meno di un centesimo al giorno”, riporta Oxfam. 

Si parla di decine di milioni di persone ad alto rischio di malattie e carestie “se i leader mondiali non interverranno immediatamente  per invertire la rotta”. 

Qualche esempio, tra i più recenti: in Mozambico l’impatto dei cicloni Idai e Kennet, che sei mesi fa hanno distrutto il Paese, ha portato oltre due milioni di persone sull’orlo della carestia, aumentando a dismisura il rischio di diffusione di malattie come il colera. In aggiunta, i danni causati ammontano a 3,2 miliardi di dollari, pari a oltre un quinto del Pil del Mozambico stesso. “In proporzione – si legge nel rapporto – è come se negli Stati Uniti si fossero abbattuti, assieme, 23 uragani Katrina”. D’altra parte, nell’ultimo anno, la siccità prolungata nel Corno d’Africa ha portato allo stremo oltre 15 milioni di persone tra Somalia, Kenya ed Etiopia. 

Sussistono poi i problemi economici, collegati anche agli aiuti umanitari che arrivano, spesso, sotto forma di prestiti. È il caso della Somalia, indebitata per il 75% del Pil: “Ogni finanziamento per il clima concesso in forma di prestito non fa che sprofondare il paese in un buco nero”.

Mancano, infine, i fondi promessi dai Paesi sviluppati: “Nel 2009 i paesi più ricchi hanno promesso lo stanziamento di 100 miliardi di dollari entro il 2020 per finanziare la riduzione delle emissioni globali e consentire ai paesi in via di sviluppo di adattarsi al climate change – dice il rapporto – Il 13 di settembre di quest’anno hanno dichiarato di aver impegnato 71 miliardi di dollari. Una cifra che per il momento non appare confermata da impegni concreti ed è di gran lunga al di sotto di quanto promesso”.

“Secondo le stime delle Nazioni Unite l'adattamento ai cambiamenti climatici e la gestione dei danni causati dai suoi effetti costeranno ai Paesi in via di sviluppo tra 140 e 300 miliardi di dollari entro il 2030. – conclude Elisa Bacciotti, direttrice delle campagne Oxfam per l’Italia – Per questo i Paesi ricchi devono ridurre drasticamente le loro emissioni di CO2 e stanziare veri aiuti per i Paesi meno sviluppati, rispettando gli impegni da raggiungere entro il 2020. Un’azione che dovrà andare di pari passo con un raddoppio degli attuali finanziamenti per il Fondo per il clima”.

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