SCIENZA E RICERCA

La capacità rigenerativa delle sequoie colpite da gravi incendi

Gli incendi che negli ultimi anni hanno ripetutamente devastato ampie aree della California non hanno risparmiato le foreste costiere di sequoie, alberi tra i più alti del mondo, dotati anche di una straordinaria longevità che può portarli a raggiungere i 2500 anni di vita.

Normalmente il fusto degli esemplari più grandi è ricoperto da una corteccia che alla base può essere spessa fino a 30 centimetri e che contiene acidi tannici in grado di ritardare il progredire delle fiamme. Nel caso di incendi particolarmente intensi anche i rami più alti possono però bruciare, come accaduto nell'agosto del 2020 alle sequoie del Big Basin Redwoods State Park di Santa Cruz quando il fuoco distrusse 35 mila ettari di foresta.

La maggior parte degli alberi sembrava persa per sempre ma uno studio, condotto da ricercatori della Northern Arizona University e pubblicato di recente su Nature Plants, ha scoperto che molte di queste sequoie sono riuscite a rigermogliare dai tronchi anneriti, facendo leva su riserve energetiche di lunga data, acquisite grazie all'attività di fotosintesi anche diversi decenni prima dell'incendio. 

Nonostante gli immensi danni alla foresta e alle infrastrutture del parco, l'evento devastante dell'agosto 2020 "ha rappresentato un'opportunità unica per studiare l'uso delle riserve di carbonio per il recupero post-incendio in alcuni degli alberi più alti e più antichi della Terra", scrivono i ricercatori su Nature Plants aggiungendo che "similmente alla maggior parte dei boschi di sequoie costieri, quest’area non bruciava con intensità così elevata da almeno un secolo". Roghi di minore portata  colpiscono le foreste costiere di sequoie circa ogni decennio, ma incendi di queste dimensioni e gravità sono rari. 

Visitando la foresta pochi mesi dopo l’incendio, gli autori dello studio hanno scoperto che stava emergendo una nuova vegetazione e la foresta si stava rigenerando. Come osserva un approfondimento di taglio divulgativo pubblicato dalla rivista Science, è noto che gli alberi più giovani possono immagazzinare zuccheri per diversi anni. Poiché le sequoie possono vivere per più di 2000 anni, i ricercatori della Northern Arizona University, supportati da colleghi della University of Wisconsin-Madison e da Melissa Enright del Servizio forestale degli Stati Uniti, si sono chiesti se gli alberi avessero la capacità di attingere a riserve di energia di lunga data per far crescere i germogli.

Per rispondera a questa domanda i ricercatori hanno coperto parti di 60 tronchi d’albero carbonizzati con plastica nera per bloccare la luce solare, assicurandosi che eventuali nuovi germogli crescessero solo con l’energia immagazzinata, e non con il nuovo zucchero derivante dalla fotosintesi. Trascorsi sei mesi di tempo, i germogli sono stati trasportati in laboratorio e datati al radiocarbonio allo scopo di risalire all'età media delle riserve energetiche.

I risultati sono stati sorprendenti: l'età media delle riserve energetiche utilizzate dagli alberi per tornare a germogliare è risultata essere pari a 21 anni, ma i modelli messi a punto dagli scienziati hanno mostrato che la miscela di zuccheri immagazzinata dalle sequoie comprendeva anche carbonio catturato oltre mezzo secolo prima. "Il modo in cui gli alberi immagazzinano lo zucchero è come fare rifornimento per un’auto. La maggior parte della benzina è stata aggiunta di recente, ma il serbatoio non si svuota mai completamente e quindi rimangono alcune molecole del primo rifornimento", ha spiegato al riguardo Drew Peltier, autore principale dello studio. 

L'incredibile resilienza delle sequoie costiere californiane è quindi spiegabile dal fatto che gli alberi bruciati dalle fiamme, nonostante fossero stati defogliati, sono riusciti a mobilitare riserve energetiche di lunga data. Ma ad essere "vecchi" non sono solo gli zuccheri immagazzinati dagli alberi: la ricerca ha infatti rivelato che molti dei nuovi germogli da cui è partito il processo di rigenerazione delle sequoie sono nati sotto ad altri germogli rimasti dormienti sotto alla corteccia per lungo tempo, additittura per diversi secoli. 

Sapere che questi straordinari alberi hanno gli strumenti per far fronte anche agli incendi più catastrofici è certamente una buona notizia ma, osservano gli stessi autori dello studio, ci vorranno diversi anni prima che queste sequoie possano raggiungere le dimensioni e la quantità di materiale fogliare che avevano in precedenza e, almeno per l'immediato futuro, potranno contare su molta meno energia proveniente dalla fotosintesi. Questa considerazione porta a riflettere anche su un altro aspetto: come se la caverebbero le sequoie in caso di due incendi di grande portata ravvicinati nel tempo? Le riserve energetiche che hanno permesso a questi alberi di sopravvivere (diversamente da altre tipologie di alberi, come gli abeti Douglas che sono rimasti tutti irrimediabilmente distrutti dal rogo), hanno impiegato decenni per accumularsi e non è possibile sapere se la quota rimanente sia adesso sufficiente per far fronte ad un eventuale altra emergenza.

Parlando di tutela delle sequoie non bisogna poi tralasciare corrette politiche di gestione delle foreste. E da questo punto di vista, come sottolineato dal professor Giorgio Vacchiano in un'intervista a Repubblica, il fuoco può addirittura essere trasformato in un alleato. L'esempio citato dallo scienziato dell'università di Milano è quello del piccolo bosco di Mariposa Groove negli Stati Uniti dove "è stato applicato fuoco di intensità bassa che le sequoie sopportano. In questo modo vengono ridotte le quantità di combustibili che brucerebbero in caso di incendi veri e propri. Si tratta di una azione di prevenzione, fatta con diradamenti e fuoco prescritto", spiega Vacchiano. Dove non c'è prevenzione, continua il docente, "i grandi incendi dilagano e rischiano - come avvenuto già per un quinto di tutte le sequoie - di far scomparire per sempre alberi che vivono da millenni". 

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