Recensisco questo libro perché, ricevendolo a casa impacchettato con un altro all’apparenza più appetibile (un romanzo!), mi ha sorpreso. Mi ero detta: “Beh, un libro di un Premio Nobel, uno con 60 lauree honoris causa, che è stato presidente della Royal Society e adesso dirige il Francis Crick Institute di Londra… Sarà il solito memoir che comincia con lui bambino affascinato dalla natura che adesso, da anziano, ci elargisce la sua conoscenza con parole bonarie, e poi magari ci dice che la scienza è importante. E il titolo è rubato a un best seller della saggistica scientifica del Novecento, di cui dirà di fornire un aggiornamento”. E in effetti un po’ è così: Paul Nurse comincia raccontandosi bambino affascinato della natura (qui abbiamo una farfalla gialla), e prosegue raccontandoci la meraviglia delle scoperte sulla vita. Il titolo ammette di averlo copiato a Erwin Schroedinger, con relativo aggiornamento. Però, che vi devo dire: mi sono messa a leggerlo e sono arrivata in fondo. Imparando delle cose (il che non guasta) e facendomi persino qualche risata. Il romanzo lo leggerò più in là.
Cominciamo dai contenuti meno rilevanti. D’un tratto, mentre ci parla di quanto sia importante la genetica, Paul Nurse ci racconta di aver creduto fino a poco tempo fa di essere figlio dei suoi nonni e fratello di sua madre. Questa, infatti, l’aveva concepito fuori dal matrimonio, ragazzina: aveva partorito di nascosto, poi era tornata a Londra dove i genitori avevano accolto il bambino e recitato, da lì in poi, la parte dei genitori anziani. Di tutta la sua modesta famiglia, Paul è stato l’unico a studiare e a un certo punto della storia, diventato rettore, aveva dovuto richiedere all’anagrafe un certificato di nascita completo del nome dei genitori. Ed ecco lì sua sorella al posto di sua madre. A quel punto però nessuno dei familiari anziani era più in vita e non c’era più nessuno a cui chiedere. La storia ricorda un po’ quella di un altro genetista: Svante Pääbo, figlio illegittimo, lui, di un Premio Nobel. Pääbo da piccolo sapeva benissimo chi fosse suo padre, lo vedeva ogni sabato, e ragazzo fu da lui indirizzato allo studio della medicina e poi della genetica. Non solo: Pääbo sapeva anche di avere un fratello suo coetaneo. È il fratello ad aver conosciuto Pääbo a sessant’anni, al momento della morte del padre, e ad aver conosciuto tutta la storia.
Genetisti che con la genetica hanno storie personali interessanti.
Quanto ai contenuti scientifici del libro, l’introduzione inquadra da subito una faccenda interessante. Qui si parla di principi generali, e questa è una cosa che i biologi non fanno né spesso né volentieri, a differenza dei fisici. Ma la biologia si fonda su principi generali e Nurse individua cinque concetti che stanno alla base della nostra idea di vita e che in progressione sono la cellula, il gene, l’evoluzione per selezione naturale, la vita come chimica e la vita come informazione.
Per “cellula” e “gene”, Nurse fa un riepilogo della storia (se avessi letto solo fin qui, non avrei recensito il libro). A “gene” si sofferma sulla scoperta del codice genetico e finalmente compaiono anche le esperienze personali di Nurse, che sono poi le parti che rendono più interessante la lettura. Per esempio, si scopre che Francis Crick, compiuta la decrittazione del codice genetico, decise che ormai la biologia era risolta e che lui passava a dedicarsi alla coscienza. Mentre Nurse cominciava, a questo punto, gli studi sul ciclo cellulare del lievito che lo hanno condotto al Nobel.
Poi si passa alla selezione naturale, e la storia comincia ad acquisire fascino.
Qui infatti è dove dalle caratteristiche della cellula e del gene emergono le caratteristiche indispensabili perché si verifichi l’evoluzione per selezione naturale, a cui va aggiunta una quarta: gli organismi viventi devono, a un certo punto, cessare di vivere. Ma è anche dove si capisce che tutti gli organismi viventi sono imparentati, e quindi dove la biologia ci insegna il rispetto per l’altro, perché l’altro è parte di noi.
Tornando alla storia di Nurse, qui è dove gli studi sul ciclo cellulare del lievito passano all’uomo, perché i sistemi di base della biologia, e i geni che governano i cicli di tutti i viventi, sono gli stessi, probabilmente da più di un miliardo di anni.
I due capitoli successivi sfidano un po’ di più la nostra mente.
Siamo alla vita come chimica. Nurse racconta di essere bocciato sei volte all’esame di lingua straniera (francese) per l’ammissione all’università e di essere stato ammesso con una deroga speciale. Nel frattempo, “diciottenne in paradiso”, lavorava in una fabbrica di birra. E lì, come anche le storie di Lavoiser e di Pasteur insegnano, di biologia se ne mastica parecchia.
Da allora abbiamo scoperto i metabolismi, e appunto il ruolo dell’energia nel funzionamento del nostro organismo, la fotosintesi, i mitocondri. È così che è nata la biochimica. Laddove la genetica è olistica, la biochimica è riduzionista, e ci vede come macchine fisico-chimiche estremamente complesse. Ma ciascuna ha bisogno dell’altra. Ed entrambe hanno bisogno di informazione. A questo punto la cellula diventa anche una macchina computazionale, cioè una macchina che “vive” grazie alla sua capacità di gestire informazioni, capacità che permette a lei e alle sue strutture interne di orchestrare la sua mirabile complessità.
È informazione il Dna, la sua struttura, la sua funzione. Ed è informazione la regolazione genica che permette agli organismi di crescere e di sopravvivere ai cambiamenti ambientali anche grazie a circuiti di retroazione. In generale, è informazione tutta la vita.
“ Da qui in poi, imparando a gestire la complessità e l’informazione, la biologia può cambiare il mondo.
Ed ecco dunque l’inevitabile e prevedibile lezione conclusiva di Nurse: la biologia ha, oggi, il potere di manipolare la natura. Perché sta cominciando a capirla, a tutti i livelli. Quindi la scienza va sostenuta, ma anche discussa, e gli scienziati non devono tirarsi indietro. Ok, ma la domanda del titolo? La risposta è tripartita: vita è qualcosa che si evolve (e per evolversi deve riprodursi, possedere un meccanismo di ereditarietà e tale meccanismo deve essere variabile), deve essere fisicamente delimitata dall’ambiente circostante (e con l’ambiente comunicare), e deve essere contenuta in una macchina chimica, fisica e informazionale. Vita è anche profondamente interdipendente dagli altri (questo ci mette un po’ in crisi di fronte a un virus, che non si sa bene se sia vivente o no). E dalla vita, a un certo punto, è nato quel grande mistero che è la nostra coscienza.
Riusciremo a capire la vita ancora più nel profondo? Sì, risponde Nurse, ma finalmente ammette che la biologia non può tutto, e che in questa impresa dovrà cercare di farsi aiutare da studiosi di altre discipline. “Perfino dai filosofi. - ammette - E perfino dai romanzieri”.
Il che mi ricorda il romanzo che avevo messo giù.