SCIENZA E RICERCA

Cheops ha aperto gli occhi, iniziate le osservazioni scientifiche

In orbita intorno alla Terra a un’altezza di 700 chilometri – da quando a dicembre dello scorso anno è stato lanciato dalla base di Kourou in Guaiana francese –, a gennaio Cheops ha aperto gli occhi sull’Universo. E ora, dopo aver superato brillantemente i test in orbita, da qualche giorno ha iniziato il vero e proprio lavoro di osservazione scientifica di pianeti e sistemi planetari esterni al sistema solare.  

Cheops (Characterising ExoPlanets Satellite) è la prima missione di classe Small del programma “Cosmic Vision 2015-2025” dell’Agenzia spaziale Europea (Esa), volta a determinare le caratteristiche fisiche di corpi già noti con una precisione senza precedenti (in particolare di esopianeti più grandi della Terra e più piccoli di Nettuno). Per ottenere questo risultato si osserva il passaggio dei pianeti davanti alla loro stella ospite utilizzando una tecnica chiamata fotometria di transito ad altissima precisione. Misurando l’affievolirsi della luce stellare durante il transito e il suo successivo rinvigorirsi si potrà ottenere il raggio del pianeta e stabilirne le dimensioni. Tale dato, combinato con la misura della massa (ottenuta in precedenza con la tecnica della velocità radiale), fornisce la densità, che è un elemento chiave per caratterizzare la natura di questi pianeti, per capire ad esempio se si tratta di corpi rocciosi come la Terra o Venere, o gassosi come Giove o Saturno.

Giampaolo Piotto, docente dell'Università di Padova, illustra la missione Cheops e lo stato dei lavori. Servizio di Monica Panetto, montaggio di Elisa Speronello

Ebbene, a fine gennaio il telescopio di Cheops, che ha uno specchio di 30 centimetri di diametro, è stato messo in funzione e ha cominciato a scattare immagini di stelle, volutamente sfuocate: la mancata messa a fuoco dell’immagine, infatti, è il cuore della strategia osservativa, poiché in questo modo la luce che proviene dalle stelle viene diffusa su molti pixel del rilevatore e la precisione delle misurazioni migliora.

In febbraio e marzo gli esperti dell’Airbus Spagna (primo responsabile del satellite) e dell’Esa hanno osservato stelle già note per verificare che la stabilità di puntamento, la qualità delle ottiche del telescopio e il detector permettano di ottenere gli scopi scientifici per cui Cheops è stato costruito. E i test hanno confermato tutte le prestazioni previste per il satellite e la possibilità di comandarlo da Terra e ricevere tutti i dati delle osservazioni.

Nelle ultime settimane il satellite ha concentrato la sua attenzione in particolare su una stella subgigante a 320 anni luce di distanza, più fredda e tre volte più grande del Sole – conosciuta come HD 93396 –, attorno alla quale orbita Kelt-11b, un pianeta gassoso, circa il 30% più grande di Giove, che dista dalla sua stella molto meno di Mercurio dal Sole. Ebbene, la diminuzione della curva di luce di HD 93396 dovuta al transito di otto ore di Kelt-11b, rilevata da Cheops, ha consentito agli scienziati di determinare con precisione il diametro del pianeta che è di 181.600 chilometri (con un'incertezza appena inferiori a 4.300 chilometri). La misura ottenuta è cinque volte più precisa di quanto fatto finora da Terra.

Cheops ha poi osservato anche altri esopianeti, come la super-Terra calda, un oceano di lava, che orbita molto vicino alla stella 55Cancri e il Nettuno “tiepido” GJ436b che sta perdendo lentamente la sua atmosfera a causa dell’intensa radiazione ricevuta dalla stella ospite.

“Cheops – sottolinea Giampaolo Piotto, docente del dipartimento di Fisica e astronomia “G. Galilei” dell’università di Padova – sta ora passando alla fase di osservazioni scientifiche vere e proprie. Nell’ultimo anno abbiamo molto lavorato per selezionare i sistemi esoplanetari più adatti per misurare le dimensioni dei loro pianeti”. Continua il docente: “Uno degli oggetti che andremo a osservare proprio qui a Padova, per esempio, sarà K2-287. Ma ne seguiremo anche altri come TOI-561, un sistema planetario molto complesso. Al momento pensiamo ci siano addirittura cinque pianeti orbitanti intorno alla stella ospite e sarà interessante riuscire a determinare i raggi di questi pianeti. Stiamo già misurando le masse utilizzando osservazioni da Terra della variazione della velocità radiale. Mettere insieme le informazioni sulla massa e sul raggio significa ricostruire un sistema planetario che comincia a essere simile al sistema solare, se non altro come numero di pianeti che orbitano intorno alla stella ospite”.

Determinare le proprietà dei pianeti extrasolari si rivela particolarmente significativo se, in prospettiva, l’intenzione è di individuare possibili forme di vita: per farlo, infatti, bisognerà concentrarsi su quelli di tipo roccioso che possiedono una atmosfera capace di proteggere la vita stessa. Cheops permetterà di stabilire proprio questo, cioè se un corpo è roccioso o gassoso, e dunque di definire quali atmosfere planetarie andare a studiare. Si tratta di un’informazione fondamentale, osserva Piotto, se si considera che strumenti come il telescopio spaziale Ariel dell’Esa o il James Webbs Space Telescope, un osservatorio a infrarossi che sarà lanciato in orbita dalla Nasa, vedono tra i loro obiettivi scientifici proprio lo studio delle atmosfere dei pianeti extrasolari.

Cheops rimarrà in orbita per tre anni e mezzo, ma la missione potrebbe anche venire prolungata se fossero identificati ulteriori oggetti da osservare rispetto a quelli finora stabiliti. Molti spunti, osserva Piotto, potrebbero provenire dal telescopio spaziale Tess (Transiting Exoplanet Survey Satellit) della Nasa. Lanciato in orbita nel 2018, ha lo scopo di identificare nuovi pianeti extrasolari: qualora si individuassero esopianeti di interesse, si potrebbe decidere di far intervenire Cheops misurando quindi in modo più preciso tutti i parametri orbitali.

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