SOCIETÀ

A chi conviene l’ignoranza

L’ignoranza politica è il tratto dominante che assume la sfera pubblica nel tardocapitalismo”. Parte da questo assunto Democrazie a rischio, l’ultimo libro del sociologo Fabrizio Tonello, docente di scienza politica presso l’università di Padova. Un mondo, quello delle democrazie occidentali, relativamente giovane e fragile e che oggi viene messo in pericolo non solo dalla catastrofe ecologica ma anche da quella che Tonello fin dal sottotitolo definisce “la produzione sociale dell’ignoranza”. Perché, come afferma Jean-Claude Michéa, “I progressi attuali dell’ignoranza, lungi dall’essere un deplorevole disfunzionamento della nostra società, sono al contrario diventati una condizione necessaria della sua espansione”.

Un problema, quello dell’ignoranza diffusa, che paradossalmente esplode in un mondo in cui ogni informazione sembra a portata di un click. Eppure questa enorme abbondanza di bit sembra allo stato attuale produrre l’effetto opposto, con il proliferare di nicchie cognitive che diventano subculture, appigli identitari contro la scienza e la logica. E con le vecchie élites politiche e culturali che si scoprono inadeguate a reagire, nascondendosi dietro quella che Tonello chiama “l’ossessione per le Fake News, il cui dilagare è però “come una febbre, il sintomo che ci indica un malessere più profondo”.

Sono diverse le componenti che oggi contribuiscono a rendere l’ignoranza un fenomeno tanto esteso in tutte le classi sociali: dalla precarizzazione dei rapporti sociali e di lavoro all’‘infantilizzazione di massa’, dalla carenza di investimenti nella scuola alla ricorrente ridicolizzazione mediatica della figura dell’intellettuale. Il tutto teso alla creazione di una schiera di perfetti consumatori, che vivano nella perenne attesa della soddisfazione dei propri impulsi senza porsi il problema dei costi sociali e ambientali, quasi si trattasse di un perenne Black Friday.

I progressi attuali dell’ignoranza, lungi dall’essere un deplorevole disfunzionamento della nostra società, sono al contrario diventati una condizione necessaria della sua espansione

Spazio particolare viene dato nella trattazione all’analisi dell’attuale ecosistema informativo e del rivoluzionario impatto che su esso hanno avuto i nuovi mezzi di relazione e di informazione, in particolare i social network con i loro corollari: in primis l’informalità, l’emotività del linguaggio e il senso di impunità diffuso, che possono trasformarsi in veri e proprie aggressioni e linciaggi mediatici. “I social media, e le abitudini che essi inducono, hanno fortemente depotenziato i tradizionali metodi di controllo delle reazioni spontanee – scrive Tonello –. Non solo: queste stesse reazioni istintive sono esaltate dal pensiero romantico e antiintellettuale oggi prevalente”.  Si potrebbe rispondere: “È la rete bellezza, la disintermediazione”. Ma non è proprio così: “Internet, che sembrava così promettente come strumento di democratizzazione – è la citazione ripresa da Michael Slackman, caporedattore esteri del New York Times –, è stato cooptato da persone che spacciano odiose ideologie di divisione”.

Tonello continua la sua ventennale riflessione sui media e sul loro rapporto con le strutture democratiche (da ultimo con L’età dell’ignoranza, pubblicato nel 2012) attualizzandola rispetto agli avvenimenti degli ultimi anni. Dalla Brexit al trionfo di Trump, fino all’affermazione di tanti ‘uomini forti’ sulla scena globale (non solo Vladimir Putin, ma anche Narendra Modi, Rodrigo Duterte e, più vicino a noi, Viktor Orbán) la connessione tra comunicazione e potere, da sempre presente, si tinge oggi di caratteristiche nuove, in uno scenario informativo che vede il declino del giornalismo tradizionale.

Il tema della crescente difficoltà dei sistemi democratici classici di fronte ai cambiamenti della società è oggi ricorrente nella pubblicistica: basti a pensare, solo per fare degli esempi, a titoli come La grande ignoranza dell’economista e parlamentare Irene Tinagli, o Demopatìa del politologo Luigi Di Gregorio. Riusciranno istituzioni e società civile a trovare un punto di equilibrio, oppure imploderanno di fronte alla crisi dell’attuale modello partecipativo? Tonello a questo riguardo punta l’attenzione su alcuni movimenti di massa: dall’attivismo contro i cambiamenti climatici alle proteste di Hong Kong, fino ad alcune frange dei Gilet Jaunes francesi. Una sorta di ‘controdemodemocrazia’ che in prospettiva potrebbe salvare le nostre società (e forse la nostra specie) al grido più cultura, più democrazia e più mobilitazione. Una piccola speranza, secondo l’autore, in un quadro altrimenti decisamente fosco.

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