SCIENZA E RICERCA

Cibo e materiali ceramici antichi: un binomio tutto da studiare

Continuano le ricerche ad Al-Khiday, un sito archeologico nel Sudan centrale sul Nilo Bianco, a circa 25 km a sud della capitale Khartoum. Qui nel corso degli anni gli scavi archeologici hanno portato alla luce i resti lasciati dalle popolazioni Mesolitiche: un villaggio organizzato con capanne, pozzetti con varie funzioni (focolari, rifiutaie, chiocciolai) e un cimitero che ha restituito più di 200 sepolture che datano a tre distinte fasi, pre-Mesolitico, Neolitico e Meroitico. Dal 2011 l’università di Padova insieme agli atenei di Milano, Parma, Lovanio, Bristol, Durham e Pompeu Fabra partecipa a questo progetto di ricerca coordinato da Donatella Usai e Sandro Salvatori del Centro studi sudanesi e sub-sahariani. Un progetto che nel corso degli anni ha portato a scoperte di rilievo.

Riprese e montaggio di Elisa Speronello. Foto e video del sito archeologico di Al-Khiday gentilmente concessi dal Centro studi sudanesi e sub-sahariani

Poco tempo fa, per l’ottavo anno consecutivo, mi sono recata in missione in quella zona per studiare i materiali antichi attraverso le conoscenze proprie del mondo della geologia, della mineralogia, della petrografia. Si tratta di un tipo di indagine che impone di conoscere anche le condizioni ambientali, da cui provengono i materiali, come vengono estratti dal suolo, in quali condizioni si sono conservati. Per poter studiare in maniera adeguata i materiali antichi ed avere risposte sulle tecnologie di produzione o sulla provenienza di queste, è necessario avere informazioni anche su quelli che sono i cambiamenti che eventuali processi di cottura, bollitura, stufatura degli alimenti possono comportare dal punto di vista chimico e mineralogico sul materiale ceramico. E sono proprio questi gli aspetti su cui ci si è concentrati nel corso dell’ultimo sopralluogo nel sito archeologico.

Ad Al-Khiday sono stati condotti degli esperimenti in loco, cercando di ricostruire l’attività del passato nella maniera più vicina possibile a quella che si è ritenuta essere la cottura nei tempi antichi. I vasi utilizzati per la cottura, una volta in Italia, saranno studiati da un punto di vista microstrutturale attraverso l’utilizzo della tomografia e della microtomografia, e da un punto di vista mineralogico e microstrutturale al microscopio a scansione elettronica. Successivamente saranno in parte spediti all’università di Bristol che si occuperà dello studio dei residui organici all’interno di materiali antichi.

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