MONDO SALUTE

Cosa può fare la chirurgia plastica per le donne che hanno subito mutilazioni genitali

Una pratica crudele e insensata, una violazione dei diritti umani. Le mutilazioni genitali femminili (MGF) comprendono tutte le procedure che comportano la rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni o altre lesioni agli organi genitali per motivi non medici. Nel mondo oltre 200 milioni di donne hanno subito mutilazioni genitali e sono circa 3 milioni le ragazze e le bambine che corrono il rischio di essere sottoposte a questa pratica. A rivelarne i numeri è l'Organizzazione Mondiale della Sanità, che aggiunge riflessioni relative alle conseguenze, sia dal punto di vista della salute, gravi emorragie e problemi a urinare, cisti, infezioni, complicazioni durante il parto e aumento del rischio di morte neonatale, che da quello, strettamente collegato, dei costi: si stima infatti che il trattamento sanitario delle MGF in 27 Paesi del mondo aumenterà notevolmente entro il 2047, superando i 2 miliardi di dollari l'anno (oggi sono 1,4 miliardi) se non verrà intrapresa alcuna azione significativa. Secondo l'Unicef, inoltre, "la sovrapposizione di diverse crisi sta esponendo a un maggiore rischio di mutilazioni genitali femminili milioni di ragazze. I Paesi, già alle prese con l'aumento di povertà, disuguaglianze e conflitti, stanno vedendo la pandemia da covid-19 minacciare ulteriormente i progressi per porre fine a questa pratica, creando una crisi nella crisi per le ragazze più vulnerabili e marginalizzate".


Qui le pubblicazioni dell'Oms, con gli aggiornamenti del 2022, per formare gli operatori sanitari e guidarli nell'assistenza e nella cura delle donne vittime di mutilazioni genitali. Qui le linee guida del nostro ministero della Salute per realizzare attività di prevenzione, assistenza e riabilitazione delle donne sottoposte a queste pratiche.


Secondo una ricerca dell'Università Bicocca di Milano, in Italia le donne sottoposte a mutilazioni genitali sono quasi 88mila, circa 600mila in Europa. Le vittime dunque vivono anche nel nostro Paese: per loro la mutilazione può avvenire prima della migrazione oppure, nel caso delle seconde generazioni, in occasione di un viaggio nel Paese di origine, o addirittura, può essere praticata "nel Paese dove si è scelto di vivere, anche in Italia dunque", in case private, in ambienti non sterili, in segreto, con tutti i rischi che questa pratica porta con sé.

"La mutilazione genitale riguarda un numero molto considerevole di ragazze e donne, un numero sottostimato a livello globale. Si pensa, sbagliando, che questa pratica riguardi solo il Corno d'Africa, in realtà è presente in tutto il mondo: noi chirurghi plastici ce ne siamo resi conto perché le seconde e terze generazioni hanno iniziato a contattarci chiedendo se il tipo di mutilazione subita fosse qualcosa di irreversibile o se la chirurgia plastica potesse fare qualcosa per aiutarle". Ad approfondire l'argomento da un interessante e parzialmente inedito punti di vista è il professore Franco Bassetto, docente, direttore dell'Istituto di Chirurgia plastica Azienda Ospedale/Università di Padova e consigliere del SICPRE, Società Italiana di Chirurgia Riparatrice Plastica ed Estetica: "Come comunità internazionale abbiamo cominciato a discuterne tre o quattro anni fa, nel periodo pre-covid, soprattutto perché i colleghi del Nord Europa avevano iniziato a segnalarci per primi questo tipo di richiesta da parte di ragazze, con un'ottima educazione, le quali avevano individuato nel chirurgo plastico il depositario della correzione: questo perché in effetti si parla molto di chirurgia ricostruttiva e rigenerativa. A quel punto abbiamo iniziato a concentrarci sulla questione, partendo da programmi nazionali. La mia società scientifica, la SICPRE, ha organizzato un summit proprio con l'obiettivo di fare informazione, sensibilizzare la società civile e il mondo medico, a partire dalla creazione di vere e proprie unità di intervento, delle task force formate da specialisti: chirurgo plastico, ginecologo, urologo, mediatore culturale e psicologo. Il primo summit si è tenuto a Napoli e ora, dopo la pandemia, siamo riusciti a portarlo a Padova, l'abbiamo appena concluso", l'evento divulgativo, aperto al pubblico, si è tenuto a fine giugno scorso, in Aula Magna a Palazzo Bo. Quale il prossimo passo? "Dobbiamo creare dei centri di riferimento per aiutare queste pazienti".

Cerchiamo ora di capire cosa può fare la chirurgia plastica per le donne che sono state sottoposte a mutilazioni genitali. Partiamo dalla descrizione dei tipi di mutilazione genitale, perché ogni MGF richiede una chirurgia ricostruttiva specifica e mirata. Il primo tipo è l'asportazione parziale o totale del glande clitorideo, la parte esterna e visibile del clitoride, e/o del cappuccio prepuzio/clitorideo, la piega della pelle che circonda il glande clitorideo. Con il secondo tipo avviene la rimozione parziale o totale del glande clitorideo e delle piccole labbra, con o senza la rimozione delle grandi labbra. Conosciuto come infibulazione, il terzo livello consiste nel restringimento dell'apertura vaginale attraverso la creazione di un sigillo di copertura, che si forma tagliando e riposizionando le piccole o le grandi labbra, mediante suture, con o senza rimozione del prepuzio clitorideo/cappuccio clitorideo e del glande. A questi tre tipi, se ne aggiunge un quarto relativo alle altre procedure lesive dei genitali femminili praticate senza alcun indicazione medica: puntura, perforamento, incisione, raschiatura e cauterizzazione.

"In alcuni casi gli esiti cicatriziali sono talmente serrati da impedire una vita sessuale, queste donne vi rinunciano e così rinunciano anche alla maternità - spiega Bassetto -. Inoltre, e qui è determinante il ruolo del ginecologo, se si ha un esito cicatriziale fibrotico non vi è elasticità e quindi, anche se la donna dovesse avere una vita sessuale fino ad arrivare al concepimento, il parto diventerebbe praticamente impossibile, non permettendo la dilatazione". 

"La prima sfida nel trattamento delle mutilazioni genitali femminili sono le cicatrici e la necessità di rimodellare i tessuti rimasti. La chirurgia plastica può intervenire in primo luogo attraverso l'asportazione della cicatrice sul clitoride, permettendo al clitoride di riemergere: il clitoride mantiene la sua innervazione col sistema nervoso centrale e quindi la donna potrà provare nuovamente il piacere durante il rapporto sessuale. Immaginiamoci dei fili elettrici dentro una ganglia cicatriziale, eliminandola facciamo riemergere parte del corpo clitorideo che ha la sua connessione nervosa ancora conservata. Questo è il primo tipo di intervento. Poi, possiamo intervenire attraverso delle correzioni cicatriziali, sia della grandi che delle piccole labbra, con quella che definiamo plastica a z, una plastica di detensionamento. E ancora, vi è la cosiddetta deinfibulazione, che può riguardare sia le piccole che le grandi labbra".

"Infine, parliamo della chirurgia rigenerativa, che ci ha dato una grande energia per combattere questa battaglia. Trasferendo del tessuto adiposo, con la cosiddetta tecnica del lipofilling, quello si fa anche in una ricostruzione mammaria, che prevede il trasferimento di grasso al posto delle protesi: oggi il grasso, ricco di cellule staminali, ci permette di ricostruire, in senso rigenerativo, quindi di non avere più corpi estranei ma di avere tessuto della paziente, quindi appunto di rigenerare. La chirurgia rigenerativa, anche in questa sede, ha delle potenzialità enormi perché può ridare a questi tessuti la capacità di rilassarsi, l'elasticità, eliminando la fibrosi, la rigidità cicatriziale, quindi li riporta a una situazione simile a quella precedente. Non sarà mai una restituzione totale, ma la donna può recuperare la sensibilità a livello del clitoride, le piccole labbra, che erano rivestite di cicatrice come conseguenza di un taglio guarito senza alcuna regola chirurgica. E ancora, si interviene con plastiche a z di detensionamento, si modellano le piccole labbra, si aprono le grandi labbra con dei lembi laterali che vengono portati dentro la vulva per farle acquisire più spazio e quindi la donna possa tornare ad avere una vita sessuale quasi normale e una gravidanza possibile. Tutto questo avviene in sala operatoria insieme all'urologo, al fianco del chirurgo plastico per controllare l'orifizio uretrale, e al ginecologo. Quello che si può fare per le donne sottoposte a mutilazioni genitali è tanto, e noi siamo pieni di energia: vogliamo che di questo argomento si parli, sempre di più. Bisogna informare e sensibilizzare".

Il video di Save the children con la testimonianza di Saada


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