SOCIETÀ

Così il coronavirus sfida anche la democrazia

Anche le democrazie, esattamente come le persone, sono messe a dura prova dall’emergenza coronavirus: spesso appaiono lente e inadeguate rispetto a una sfida che sembra mettere in gioco la loro stessa tenuta. Ciò nonostante, secondo il vecchio detto attribuito a Churchill, rimangono dopotutto il meno peggio: ne è convinto anche Paolo Roberto Graziano, docente di scienza politica presso l’università di Padova, nonché chercheur associeé presso l’osservatorio sociale europeo di Bruxelles.

Le democrazie si stanno organizzando rispetto a un problema che ha proporzioni enormi – spiega Graziano a Il Bo Live –. Sono apparentemente più in difficoltà dei regimi autoritari perché sembrano essere meno in grado di far rispettare le leggi, come vediamo nel caso italiano, però non dimentichiamo un elemento che a volte viene trascurato: noi non siamo certi di avere tutte le informazioni corrette da parte dei regimi non democratici. Mi spiego meglio: uno degli elementi chiave della democrazia è il pluralismo informativo, che fa sì che le fonti possano essere verificate liberamente e che ci possa essere un dibattito anche intorno ai dati”.

Intervista di Daniele Mont D'Arpizio, montaggio di Elisa Speronello

In questi giorni in effetti si respira aria di infowar, con il governo cinese che annuncia di aver vinto il virus e si appresta a sbloccare la regione dello Hubei dopo la quarantena, e al tempo stesso accusa altri Paesi di essere stati il primo focolaio della pandemia o addirittura di averne creato in laboratorio il patogeno. Una strategia che mira a rovesciare a favore di Pechino la narrativa esistente e che sui social trova l’appoggio di numerosi cittadini occidentali affascinati dalle teorie complottiste.

Nel caso cinese non siamo neppure certi che i dati forniti siano quelli corretti – risponde Graziano –. È un punto da sottolineare con forza, perché rischiamo altrimenti di entrare in un dibattito in cui si cerca di far prevalere le ragioni di uno stato forte, se non addirittura di un regime non democratico. Dobbiamo partire da questo elemento fondamentale: in democrazia siamo almeno certi di avere informazioni verificate, controllate e aperte a tutti i cittadini e a tutte le cittadine”.

Detto questo non è un mistero che i sistemi democratici stiano facendo un’enorme fatica nel trovare una risposta univoca all’emergenza, come dimostrano anche i recenti dietrofront di Donald Trump e di Boris Johnson: “A mio avviso le democrazie stanno reagendo al meglio – continua lo studioso – e in maniera complessivamente lodevole, con tutte le difficoltà del caso. Forse l’elemento più critico, soprattutto in Italia, sta nella scarsa chiarezza dei dispositivi normativi: un fattore di incertezza ulteriore che chiaramente non facilita l’attuazione delle politiche. Credo che questo sia l’unico elemento critico rispetto a risposte che difficilmente potrebbero essere diverse da quelle in atto”.

L’elemento più critico, soprattutto in Italia, è nella scarsa chiarezza delle norme Paolo Roberto Graziano

Un tema importante è proprio quello della produzione normativa, con provvedimenti annunciati in piena notte attraverso i social e la crescente compressione delle libertà dei cittadini. Da una parte infatti ci stiamo abituando a vedere le strade presidiate dalla polizia e adesso anche dall’esercito, dall’altra coloro che non rispettano le misure di quarantena sono oggi passibili non solo di denuncia in base all’articolo 650 del codice penale ('Inosservanza dei provvedimenti dell'autorità') ma anche di sanzioni amministrative per migliaia di euro. È stato inoltre dato via libera anche all’uso di droni per controllare il territorio. Si tratta di misure giustificate, ed entro che limiti possono essere tollerate da un sistema che vuole continuare a dirsi democratico? “L’importante è che siano eccezioni che hanno durata molto, e sottolineo molto, limitata: la natura del problema è tale da imporre decisioni in tempi molto rapidi. Inoltre la produzione normativa recente non è univoca e non è formata solo da dpcm (decreti del presidente del consiglio, ndr) ma anche da decreti legge, che garantiscono un minimo dibattito parlamentare”.

Resta secondo Graziano il problema della capacità di reazione da parte dei sistemi pluralistici, già emerso qualche anno fa con le crisi dovute agli attacchi terroristici: “Questo è a mio avviso il vero tema centrale, anche perché oggi le emergenze sono sempre più numerose, non solo in tema di sicurezza e sanità. In prima battuta anzi, anche se al momento non ne stiamo parlando, l’emergenza delle emergenze è quella ambientale, rispetto alla quale finora le democrazie non si sono rivelate all’altezza. Sarà questo in futuro il vero banco di prova”.

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