La malattia Covid-19 ha profondamente cambiato la nostra routine quotidiana. Sono un gastroenterologo ed epatologo dell'Azienda ospedaliera-Università di Padova e i miei principali interessi sono le malattie epatiche e il trapianto di fegato. Il virus dell'epatite C (HCV), considerato una priorità sanitaria a livello internazionale, dall'inizio dell'emergenza Covid-19 è passato in secondo piano. In questi mesi, infatti, pochissime terapie sono state prescritte a causa dell’annullamento delle prestazioni ambulatoriali rivolte ai soggetti con patologia cronica; sono stati indirizzati agli ambulatori solo pazienti per questioni urgenti e in generale la maggior parte di essi ha evitato di recarsi in ospedale per paura di contrarre il virus Sars-CoV-2.
Il mondo dei trapianti in Italia ha subito un forte rallentamento poiché la maggior parte degli anestesisti sono stati impegnati nei ricoveri di pazienti Covid-19, non potendo quindi essere coinvolti nel management dei donatori e durante i trapianti. Solo adesso si sta lentamente tornando alla normale pratica trapiantologica. La maggior parte dei trial clinici è stata interrotta. Durante il periodo di maggiore affluenza dei pazienti con malattia Covid-19, presso la nostra Azienda Ospedale-Università di Padova, sei reparti medici e tre terapie intensive sono state dedicate all’emergenza.
Inoltre, facendo parte del mondo accademico, oltre alle attività cliniche, sono coinvolto nella didattica e nella ricerca. In era pre-Covid solo il 10% delle lezioni era digitale, ma, dopo lo scoppio dell’emergenza, tutte le conferenze, le lezioni e ogni tipo di incontro si sono svolte online. Presso il nostro Ateneo, e in particolare nel nostro Dipartimento, sono stati nominati online due nuovi Professori associati e un nuovo Ricercatore è stato esaminato per via digitale.
Le conferenze virtuali hanno iniziato a sostituire i congressi nazionali ed internazionali, chiaramente con tante limitazioni. Questo potrebbe essere l'inizio di un cambiamento epocale, verso conferenze più accessibili a tutti.
Per la prima volta dopo diversi decenni, la nostra libertà individuale, che eravamo soliti dare per scontata, è stata messa in ombra e limitata. Le cose sono cambiate molto rapidamente. In pochi giorni l’iniziale gravità, percepita come epidemia, è rapidamente diventata pandemia. Stiamo vivendo una situazione inaspettata, mai sperimentata prima.
Dobbiamo riconoscere, ancora una volta, che la natura è in grado di sfidare l'intelligenza umana e tutte le tecnologie che sono state inventate con grande successo. SARS-CoV-2, un microrganismo invisibile, un virus che vive nelle cellule infette, ha messo il mondo intero sotto pressione, con devastanti costi umani ed economici. Stiamo realizzando quanto sia fragile la condizione umana. Questa crisi ha aumentato brutalmente la nostra consapevolezza della mortalità umana, facendoci capire che la malattia e la morte non potevano essere semplicemente "il problema di qualcun altro". Perdere forzatamente la libertà di movimento nello spazio sociale può causarci un senso di disagio, o persino dolore, specialmente quando la causa è così nuova, non ben definita e apparentemente infinita. Il mondo dopo questa pandemia non sarà più lo stesso. Anche nello scenario più ottimista, la nostra civiltà, che è stata improvvisamente costretta a fermarsi, deve ricominciare e forse adottare un nuovo stile di vita.
La scienza è la nostra arma per vincere questa battaglia; come “physician scientist” non devo mai dimenticare che la scienza e la ricerca non possono essere limitate dagli eventi. La ricerca è l'asse attorno al quale è costruito il nostro futuro e deve essere considerato un mezzo non solo di resistenza, per combattere gli effetti di questo coronavirus, ma anche di resilienza, per prevenire futuri eventi simili. Dovremmo considerare questo orrendo momento almeno come un'opportunità per iniziare una nuova era scientifica e accademica.
Questo articolo è tratto da un pezzo apparso sulla serie "Turning Points", pubblicata dalla rivista scientifica Nature. Qui il link diretto.