“Verrà il momento in cui sbanderemo, come i sonnambuli d’Europa nell’estate 1914”. Era poco meno di cinque anni fa, alla fine del 2013, quando la cancelliera tedesca, Angela Merkel, in un vertice dell’Unione, pronunciò queste parole, citando il libro dello storico australiano Christopher Clark sull’origine della Prima guerra mondiale [Christopher Clark, I sonnambuli. Come l’Europa arrivò alla Grande Guerra, Laterza, 2013].
Persino il Papa, parlando un anno dopo, a fine novembre 2014, al Parlamento di Strasburgo, si disse preoccupato e parlò di un’Europa non più giovane e pimpante, ma nonna, vecchia e sterile: “Da più parti si ricava un’impressione generale di stanchezza e d’invecchiamento, di un’Europa nonna, e non più fertile e vivace. Per cui i grandi ideali che hanno ispirato l’Europa sembrano aver perso forza attrattiva, in favore dei tecnicismi burocratici delle sue istituzioni”.
Era evidente che Angela Merkel stava percependo i sintomi di una crisi dell’Europa già in atto. In realtà già da qualche anno molti studiosi di varie discipline e di diverso orientamento culturale e politico stavano denunciando il “declino dell’Europa”.
Filosofi, come il tedesco Jurgen Habermas, riflettevano sulla crisi delle istituzioni dell’Unione Europea e della stessa idea di Europa unita e democratica [Habermas, The Crisis of the European Union: A Response, Polity Press, 2012]. Storici, come l’americano WalterZe'ev Laqueur parlavano esplicitamente di un crollo già consumato: della fine del sogno europeo e del declino, appunto, di un continente [Laqueur, After the Fall: The End of the European Dream and the Decline of a Continent" , Thomas Dunne Books2012].
Analisti politici, come l’inglese Richard Youngs, che indicava non solo il declino e la caduta dell’Europa, ma addirittura annunciava una strenua lotta per evitare l’irrilevanza nel nuovo mondo [Europe's Decline and Fall: The struggle against global irrelevance, Profile Books, 2010].
Giuristi, come Stefano Rodotà, che segnalano un’Europa in lotta con se stessa [Rodotà, Il diritto di avere diritti, Laterza, 2012].
Economisti, come Alberto Alesina e Francesco Giavazzi, che già avevano salutato un continente che era stato grande [Alesina e Giavazzi, Good bye, Europa, Rizzoli, 2008].
Imprenditori, come Francesco Bongiovanni, che muovendosi tra i cinque continenti misuravano sul campo il declino europeo [Bongiovanni,The Decline and Fall of Europe, Palgrave Macmillan,2012].
Analisti globali, come Kishore Mahbubani, già ambasciatore di Singapore, non solo registravano la crescita economia dell’Asia e il protagonismo di nuovi attori, asiatici soprattutto, sulla scena mondiale, ma ammonivano l’Europa e gli europei: una sola cosa ancora vi invidiamo, il welfare state. Non rinunciatevi [Mahbubani, The New Asian Hemisphere, PBS, 2008]. Kishore Mahbubani toccava già dieci anni fa il nervo scoperto dell’Europa.
Nel momento in cui Angela Merkel paventava i sonnambuli, la crisi del Vecchio Continente, dunque, era già evidente da tempo. Anche perché l’Unione Europea, mentre si allargava, fino a comprendere 28 diversi paesi, era andata incontro a fallimenti decisivi. Sul piano politico, con l’abbandono di fatto nel 2007 del tentativo di dotarsi di una Costituzione, dopo il no del popolo francese e del popolo olandese. Sul piano economico strategico, con il fallimento del “programma di Lisbona” dell’anno 2000 che prevedeva, per il 2010, un’Europa leader mondiale dell’economia della conoscenza. Il 2010 era arrivato e l’Europa non aveva fatto un solo passo avanti in questa direzione. Ciascun paese – come un sonnambulo, appunto – preferiva andare da solo a combattere (metaforicamente) sulla scena della nuova globalizzazione.
Dunque, già cinque anni fa la crisi dell’Europa era registrata da tutti e tutti già avevano la sensazione che venisse da lontano.
In questo ultimo quinquennio la crisi è diventata conclamata. Londra ha deciso la Brexit. Molti paesi pensano di rialzare le barriere alle frontiere. Alcuni lo hanno già fatto, elevando veri e propri muri. Molti invocano la fine della moneta comune e severe politiche protezionistiche. Molti governi predicano e praticano il sovranismo: prima il mio paese. Movimenti populisti ed euroscettici sono al governo in diversi paesi. La solidarietà europea sembra smarrita. La piuma dei migranti sta facendo cadere sulle ginocchia il cammello.
Forse aveva visto giusto, Angela Merkel. Forse stiamo già sbandando, come i sonnambuli d’Europa nell’estate 1914.
Forse.
Conviene svegliarsi. Prima che sia troppo tardi. E per farlo dobbiamo chiederci qual è la causa della crisi europea di cui tutti parlano da anni.
In vista delle elezioni europee del 2019 Il Bo Live, in collaborazione con Marco Mascia, direttore del Centro di ateneo per i Diritti umani "Antonio Papisca" dell’università di Padova, sta chiedendo a numerosi intellettuali di contribuire a trovare una risposta che sia anche una sveglia.
La storia insegna che non possiamo permetterci di fare i sonnambuli.