SCIENZA E RICERCA

La crisi finanziaria del Cnr

Cento milioni di euro per rilanciare il CNR. A chiederli sono i cento direttori degli istituti scientifici del più grande ente di ricerca italiano, primi firmatari di un manifesto che ha già raccolto quasi 4.000 consensi in pochi giorni. In una conferenza stampa indetta mercoledì scorso, i direttori hanno spiegato i motivi che li hanno portati a redigere un Manifesto e a mandarlo al presidente della Repubblica, al presidente del Consiglio e al ministro dell’istruzione, università e ricerca. 

Il punto di partenza è che il CNR si trova ad affrontare una grave crisi finanziaria. La bassa propensione a finanziare la ricerca del nostro Paese è nota, ma oggi è subentrato un problema ulteriore. Il Fondo Ordinario per il finanziamento degli Enti e istituzioni di ricerca (FOE), ovvero il contributo che  il MIUR destina agli Enti di ricerca, per il CNR ammonta a un po’ più di 500 milioni l’anno. Ma la cifra copre esclusivamente il costo del personale e le spese di gestione per il funzionamento: acqua, luce, eccetera. “Contemporaneamente – spiega Rino Falcone, tra i promotori dell’iniziativa – i ricercatori dell’ente sono in grado di raccogliere sul mercato della ricerca il 52% di quella cifra”. In sostanza, partecipando a bandi di ricerca europei e internazionali, i lavoratori del CNR possono finanziare le loro stesse ricerche che, altrimenti, non riuscirebbero a portare avanti. 

Con grande fatica questo sistema ha permesso finora alla ricerca italiana di sopravvivere. Tuttavia, oggi ci si trova di fronte a due novità: la stabilizzazione dei precari, che darà luogo nei prossimi mesi all’assunzione di oltre mille persone, e l’aggiornamento del contratto di lavoro, avvenuto dopo 9 anni di attesa e che porterà a un aumento di stipendio (contenuto, in verità: si parla di 87 euro in media). Sono due misure volute dal governo precedente e avallate dall’attuale. Le voci di spesa che ne derivano vanno a gravare proprio sul FOE che, però, non è aumentato di un centesimo. Si è calcolato quindi che, dopo questi due eventi – attesi e auspicati – il finanziamento dello stato servirà per il 98,7% a coprire le sole spese del personale

Il CNR, dovendo presentare un bilancio di previsione in pareggio per l’anno prossimo, ha ipotizzato che quel buco di circa 100 milioni di euro che si è venuto creando sia in parte coperto dai fondi per la ricerca recuperati dalla partecipazione ai bandi internazionali. Un segnale preoccupante dicono i direttori perché ridurrebbe ancora i soldi a disposizione per fare ricerca. Il presidente del CNR, Massimo Inguscio, ha sottolineato che si tratta di un bilancio di previsione e che confida che nel bilancio definitivo si possa contare su un maggior finanziamento da parte dello stato, ma ha anche ricordato che alcuni anni fa ci fu un taglio secco di 70 milioni al finanziamento che non è stato mai compensato e di cui si vedono le conseguenze. Inoltre, negli ultimi anni sono stati messi in atto progetti di riorganizzazione che hanno portato a risparmi notevoli. Ora diventa più difficile. 

Bisogna considerare anche che i ricercatori italiani sono pochi, meno che in tutti gli altri paesi occidentali: su mille lavoratori solo 5 sono ricercatori. In Spagna sono 7 su mille, in Germania 9, in Francia 10. Per fortuna  siamo bravi: se si guarda al numero delle pubblicazioni su riviste scientifiche più citate, l’Italia in Europa è terza, dopo Gran Bretagna e Germania. Tuttavia, competere diventa sempre più difficile: “Oggi – ha detto Daniele Archibugi, uno degli organizzatori della protesta – per avere un progetto finanziato bisogna presentarne 8-10 e bisogna motivare le persone per far fronte a questo sforzo. La stabilizzazione va bene, ma se si riducono i fondi è come arruolare soldati senza dotarli di armi”. 

Il nuovo taglio rischia di portare la struttura in stallo: “Si tratta quindi – si legge nel Manifesto – di individuare nel bilancio dello Stato italiano circa 100 milioni per rilanciare il più grande Ente di ricerca pubblica del nostro Paese”. I 100 milioni – hanno detto i direttori degli istituti – ritorneranno al Paese, perché senza ricerca non c’è sviluppo”.

A dimostrazione della gravità del momento, i ricercatori dei 100 istituti in cui è organizzato il CNR sono sfilati per portare simbolicamente un oggetto che fa parte dell’ambito di ricerca che potrebbe presto essere spazzato via. E come segno dell’ impegno per una società coesa e solidale, direttori e ricercatori del CNR la mattina di mercoledì hanno donato il sangue in una postazione AVIS presente sul piazzale dell’ente di ricerca. “Donare il sangue – hanno scritto – è un investimento necessario per salvare vite umane e per mostrare di credere negli altri e nel futuro che ci riguarda. Allo stesso modo finanziare nelle giuste proporzioni la ricerca scientifica significa credere nello sviluppo civile, economico e strategico della nostra società”. 

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