CULTURA

Giulio Aristide Sartorio e il Poema della vita umana

La luce, le tenebre, l’amore e la morte. Il visitatore viene subito accolto e invitato a confrontarsi con questi concetti esistenziali, entrando nell’immensa sala al secondo piano della Galleria d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, a Venezia.

Un luogo trasformato per quest’ultima mostra, lasciato aperto e senza alcun pannello divisorio, per mettere ben in evidenza la maestosità delle opere a parete di Giulio Aristide Sartorio e il suo Poema della vita umana.

Si è completamente immersi nella monumentalità di questo ciclo pittorico che l’artista romano ha realizzato per il Padiglione centrale della Biennale d’Arte del 1907 e l’allestimento ne rievoca la prima esposizione del fregio ai Giardini.

Il ciclo monumentale arriva a noi come una delle opere più significative di arte decorativa pubblica, a rappresentare il sogno di un’epoca profondamente simbolista e al contempo la grandiosa esperienza di nascita delle collezioni veneziane di arte moderna racconta Elisabetta Barisoni, che insieme a Matteo Piccolo ha curato la mostra veneziana. 

Sartorio (1860 - 1932), nato a Roma, viene precocemente avviato alla pittura e studia all’Accademia di San Luca. Alla fine del XIX secolo frequenta il Caffè Greco, luogo animato da Angelo Conti figura centrale per il nascente Simbolismo italiano.

Nella primavera del 1906 Sartorio realizza, su proposta del segretario generale della Biennale Antonio Fradeletto, Il Poema della vita umana, che si basa su un ricco patrimonio di mitologia antica. Quattordici scene, organizzate in quattro composizioni alternate da dieci teleri verticali, sono il punto di partenza per la narrazione del ciclo: una visione drammatica dell’esistenza, personificata dalle maestose figure nate dall’immaginazione dell’artista romano. 

Le quattordici scene rimasero in situ anche per l’edizione successiva alla Biennale del 1907 e nel 1909 il re d’Italia Vittorio Emanuele III le dona alla Galleria d’Arte Moderna di Venezia. 

Insieme al ciclo, nell’Esposizione del 1907 era esposto Il Pensatore di Rodin, il maggior scultore francese del tempo, opera donata nello stesso anno alla Galleria dal sindaco di Venezia Filippo Grimani. Un’altra scultura accompagnava le opere di Sartorio, La Bagnante il capolavoro di Max Klinger del 1897 ed entrambe queste opere sono oggi in mostra, per catapultarci indietro nel tempo. 

Il ciclo monumentale arriva a noi come una delle opere più significative di arte decorativa pubblica Elisabetta Barisoni

Il Poema della vita umana è caratterizzato da figure enormi, esageratemente espressive che ci portano subito in un altro mondo, nella più antica classicità.

“L’immagine dell’uomo davanti alle rovine classiche, davanti alla grandezza della scultura e dell’architettura greco-romane, aveva permeato larga parte del Neoclassicismo internazionale; nel Simbolismo le maestose personificazioni della Vita, della Morte, della Luce e delle Tenebre ricreano il medesimo stupore, lo stesso senso di ammirazione e di fugacità delle vicende umane a confronto con i grandi temi archetipici, arrivando a una sospensione del tempo.

Non entrano tematiche sociali in questo sogno, ma piuttosto emergono questioni che saranno care al Surrealismo del primo dopoguerra: l’inconscio, la profondità e il mistero dell’animo umano”approfondisce la curatrice.

La complessa iconografia di Sartorio, presa in esame e avallata anche da Gabriele d’Annunzio, si sviluppa così come la sintesi tra mitologia mediterranea e cultura nordica.

Per portare a termine oltre 240 metri quadrati dell’opera in soli nove mesi l’artista utilizza una tecnica pittorica rapida: una miscela di cera, acquaragia e olio di papavero. Una composizione confermata anche dalle analisi del Laboratorio di Scienze per la Conservazione del DAIS, dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.

Tra il 2018 e il 2019 è stato realizzato l’ultimo restauro al ciclo ed è stata raccolta una documentazione scientifica, utile per la cura costante di questa preziosa pittura italiana dell’inizio del XX secolo.

Al fine di contestualizzare la grande opera di Sartorio, l’esposizione è stata organizzata per raccontare l’ambito e l’epoca di realizzazione, attraverso documenti provenienti da diversi archivi e grazie ad una scelta di opere nazionali e straniere esposte alle Biennali negli stessi anni e pervenute nelle collezioni di Ca’ Pesaro. 

Dopo la scenografica prima sala, la mostra prosegue con una sezione che affronta la ricerca di Sartorio nella pittura di paesaggio, dove i luoghi della natura diventano spazi dell’anima, un’anima sofferente e profonda.

Nelle sale successive l’esposizione racconta il sogno che attraversa l’Europa nei primi anni del Novecento, grazie alle ampie collezioni civiche veneziane.

I protagonisti della mostra sono alcuni interpreti del Simbolismo internazionale, da Cesare Laurenti a Galileo Chini che con Giogo ci porta nella quotidianità del mondo contadino, popolandolo, però, con immagini surreali e mistiche, sotto un cielo dorato. 

L’oro, con il suo valore simbolico, caratterizza l’intera sala: un materiale puro e prezioso dall’importante valore alchemico, fondamentale per le correnti secessioniste e che ci riporta alla Giuditta di Gustav Klimt e ai pannelli di Vittorio Zecchin con la goccia d’oro, conservati al primo piano di Ca’ Pesaro nella collezione permanente.

La quarta sala della mostra racconta il paesaggio, visto attraverso un marcato segno divisionista e realista. Alla Biennale del 1909 vennero acquisiti alcuni capolavori come il marmo del belga Georges Minne, qui presente. Il racconto delle collezioni della Galleria diventa contemporaneamente la storia della Biennale.

La quinta sala è invece popolata dalla scuola belga, insieme ai protagonisti provenienti dai territori tedeschi e austriaci, accompagnati dai pittori inglesi e svedesi, tra questi spicca l’iperrealismo del maestro Carl Larsson, nella sua Martina.

Questo viaggio iniziato con la maestosa opera di Sartorio e proseguito con il sogno e il simbolo delle opere di autori meno conosciuti delle collezioni veneziane, rimane un momento felice che lascerà ben presto il posto alle avanguardie come il Futurismo e Dadaismo e al realismo della guerra. Il Simbolismo sembra essere stato un soffio, spazzato via dalla guerra.


Giulio Aristide Sartorio, Il Poema della vita umana

Venezia, Ca’ Pesaro - Galleria Internazionale d’Arte Moderna

16 maggio – 28 settembre 2025

a cura di Elisabetta Barisoni e Matteo Piccolo

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