CULTURA

Una o più napoletane brillanti, geniali romanzi e grandi serie in tv

Dal 9 settembre scorso grazie all’emittente televisiva HBO (a pagamento via cavo e satellitare, sussidiaria di Warner Bros) va in onda negli Stati Uniti la quarta e ultima stagione della serie tratta dai romanzi di Elena Ferrante; in Italia potremo vederla dall’inizio di novembre su Rai1 in prima serata, dopo e non prima, in omaggio allo straordinario successo di critica e di pubblico che la scrittrice italiana ha avuto oltreoceano. Del resto, durante l’estate appena terminata L’Amica Geniale di Elena Ferrante, il primo libro della quadrilogia napoletana, è stato incoronato da una speciale classifica del New York Times come il miglior libro degli ultimi 25 anni, al vertice di una lista dei cento migliori testi del nostro primo quarto del XXI secolo, sottolineandone l’impatto profondo e duraturo sulla letteratura contemporanea statunitense e mondiale, fonte di godimento e ispirazione.

La scelta è stata definita da un gruppo di 503 romanzieri, scrittori di saggistica, poeti, critici (e altri amanti dei libri), sotto il coordinamento dello staff editoriale dell’autorevole New York Times Book Review. Come per ogni selezione contingente, come per ogni gerarchia letteraria, come per ogni classifica di merito, l’indicazione va assunta con moderazione critica. Esistono criteri trasparenti, spettacolari e discutibili nell’iniziativa, riferita a due decenni non a due secoli. Inoltre, i votanti non risultavano rappresentativi né di vendite né dell’universo dei lettori, tanto meno della società nel suo insieme; non ogni votante poteva aver già letto tutto di tutti ovunque, ovviamente; la piccola maggioranza delle innumerevoli conflittuali preferenze individuava comunque una testa di lista oggettiva e resa pubblica. Il risultato non va sminuito, dunque, tanto più se si scorrono i nomi dei grandi autori e titoli considerati non i migliori da meno votanti. Elena Ferrante è un caso letterario straordinario per lettori di tutto il mondo.

Ricapitoliamo. Il romanzo vincitore risulta pubblicato in Italia e in italiano nel 2011, esplicito primo capitolo di una “saga” che segue le vite intrecciate di due amiche, Lenù e Lila, dalla loro infanzia in un misero quartiere della metropoli partenopea negli anni Cinquanta, attraverso decenni di cambiamenti personali e sociali nell’Italia del dopoguerra.Entrambe sono nate a Napoli nel 1944, Elena Lenuccia Greco il 25 agosto (lei la voce narrante), Raffaella Lila Cerullo l’11 agosto (lei la coprotagonista), praticamente coetanee. Si conoscono a scuola, poi crescono povere insieme in un dimesso violento rione di plebe napoletana, senza telefoni e televisori, la prima figlia di un usciere comunale, la seconda di un calzolaio, madri casalinghe, Elena con i tre fratelli piccoli, Raffaella con il fratello maggiore Rino, l’una bionda e l’altra nerissima.

Tutto scorre in parallelo, a raccontare è Elena Greco, che va a Ischia e impara a viaggiare, la sua sodale più sedentaria; lei diligente che prosegue al ginnasio, l’altra “cattiva” che non può studiare ma si sposa ricca nemmeno 17enne aiutata dall’amica. Decenni dopo, giunta ormai a sessantasei anni, quando il figlio di Lila la chiama a Torino perché non trova più la madre (sembra scomparsa), Lenù si accinge a narrare letterariamente la loro intensa storia complice, aspetto emozioni vicende ambizioni, tensione emotiva e affetto sentimentale, aspettative rivalità genialità, che si alimentano e si scontrano, all’interno di dinamiche storiche di classe e di genere. Il primo splendido romanzo va dal 1944 al 1961, l’infanzia e l’adolescenza. L’amica geniale, Edizioni e/o, firmato da un dolente “pseudonimo”, Elena Ferrante, una meraviglia senza margini e senza generi, esplicitamente destinato a un seguito. Lingua e vita sono ricerca, smarginature.

Non è un esordio, per la stessa casa editrice Ferrante aveva firmato alcuni precedenti ottimi romanzi non seriali, sempre incentrati sull’essenzialità e sull’alterità napoletane rispetto all’identità nazionale. Attraverso le esperienze di Lila e Lenù, la scrittrice esplora ora soprattutto il potenziale potere trasformativo dell’educazione e della cultura, possibili ma complicate vie di fuga dalla povertà e dall’emarginazione sociale. Un personaggio cruciale del primo romanzo è, in tal senso, la Maestra Oliviero, che riconosce e nutre il talento delle due protagoniste, pur abbastanza emotivamente diverse l’una dall’altra. È grazie al suo fattivo sostegno e soddisfatto incoraggiamento che Elena riesce a proseguire gli studi oltre le elementari, nonostante le resistenze familiari. Altrettanto significativa risulta, al contempo, la frustrazione dell’insegnante di fronte a una studentessa brillante e “ribelle” come Raffaella.

Il riconoscimento del New York Times sottolinea non solo la qualità letteraria dell’opera di Ferrante, ma anche la rilevanza culturale e sociale, proseguite nei successivi tre romanzi della serie, usciti in Italia immediatamente dopo (2012, 2013, 2014) con forte continuità stilistica, ottenendo un grande successo nel nostro paese, cominciando a suscitare curiosità all’estero, con traduzioni che via via hanno fatto conoscere e apprezzare sia l’opera che l’autrice in quasi tutto il mondo e l’avvio nel 2017-2018 della realizzazione delle relative quattro stagioni della serie televisiva, giunta a compimento adesso a fine 2024. Torniamo sinteticamente alle storie dei romanzi. Il secondo è più lungo e s’intitola Storia del nuovo cognome(quello inevitabile per le donne, se ci si sposa), stesso editore ovviamente. Sempre ambientato intorno a Napoli, dal 1961 al 1968.

Elena continua a raccontare. Faceva il liceo quando Raffaella si è sposata, ormai entrambe sedicenni. Dal giorno delle nozze la vita le separa: Elena Lenù illibata, miope occhialuta, brufolosa, troppo piena, indigente studiosa pensierosa commossa, mite; Raffaella Lila sistemata consumata seduttiva ricca elegante memore gelida, più alta snella nervosa, vivace. Il matrimonio con Stefano non va, Lila resta incinta ma perde la prole, ha bisogno di mare, paga Lenù per accompagnarla, lei accetta perché vuole incontrare il ragazzo di cui è innamorata. L’estate a Ischia ancora una volta cambierà tutto, le farà allontanare a lungo, Lila tradisce e scopre l’amore, Lenù perde la verginità senza amore né sesso, Lila sarà ramenga con il figlio Gennaro, lei universitaria a Pisa. Ancora un testo “meraviglioso”. Lingua ed esistenza sono ricerche sformate, squilibri e molestie d’amore, smarginature e inquietudini. E inquieta è la vita, alcuni (pochi) continuano a viverci dentro, più o meno attraverso altri, non dolcemente, diacronicamente, senza coerenza o reciprocità. Siamo molto meno diversi di quel che crediamo, anche se ogni istante di ciascuno è irripetibile, accidenti! Qui troviamo tante scarpe, Paul Anka e il corroborante uovo sbattuto.

Il terzo romanzo naturalmente fuoriesce da Napoli, incrociamo soprattutto Firenze e Milano, non a caso s’intitola Storia di chi fugge e di chi resta e riguarda il periodo dal 1969 al 1976. Elena ha pubblicato con successo il romanzo in cui rielabora la vita del suo povero rione e le esperienze adolescenziali sessuali di Ischia quando era innamorata di Nino. Fuggita e laureata alla Normale sposa Pietro, famiglia importante e carriera brillante, arrivano due figlie. Prima del matrimonio, la carissima amica Raffaella le chiede aiuto. Lei parte subito, l’amica ora è separata con un figlio (forse di Nino), operaia in un salumificio. Si sente male, sintomi di “smarginatura”, chiede assistenza a Lenù. Ricominciano a vedersi, anni di lotte culturali e sociali, trasformazioni tecnologiche e urbane, sviluppi e inviluppi vitali. Accade molto, poi Lina (con la quinta elementare) diventa una maga dell’informatizzazione e Lenù è in procinto di abbandonare la famiglia proprio per Nino. Arriviamo al quarto romanzo, Storia della bambina perduta.

Napoli. 1976 – 2011, occupa vari decenni. Raffaella Lila non è mai stata in treno o in aereo, ma a 32 è un’imprenditrice informatica in carriera (con Enzo). Elena Lenù si sarebbe sposata bene a Firenze, ha due figlie, e ha pubblicato due bei libri impegnati, a 32 fugge con Nino, l’amore di gioventù (che tiene famiglia). Dal 1979 si ritrovano, dopo un po’ nella stessa palazzina. Entrambe ora hanno un’altra figlia (nomi di madri e bambole), il 16 settembre 1984 scompare quella di Lila, nulla sarà più lo stesso, né in maturità né in vecchiaia (Lenù a Torino). Narra sempre Elena in prima persona, il romanzo mantiene eccelsi logica e stile accanto agli amati ingredienti: indulgenza e rabbia, empatia e distacco, entusiasmi e depressioni. Politica e sociale hanno il ruolo vero di quel periodo, innanzitutto l’Italia degli anni Settanta e Ottanta: pentapartito, mani pulite, Valenzi, Moro; camorra, Br, terremoto, computer.

Dopo il 2011 è cominciata la “caccia” alla effettiva anagrafica identità di Elena Ferrante, sia per invitarla a presentazioni che per chiederle di partecipare a premiazioni o eventi sociali. Già dal 2017 il mistero imperava e si faceva il punto. Fino a oggi nessuno l’ha mai incontrata in pubblico con quel nome e cognome. Tutto avviene tramite mail, per il tramite della casa editrice o dei relativi indirizzi forniti. Sono state effettuate molte investigazioni (non giudiziarie) sul piano del lessico, delle entrate patrimoniali e di altri possibili indizi. L’autrice ha talvolta risposto a interviste scritte, ha collaborato settimanalmente con un famoso giornale inglese, ha interloquito in vario modo con l’attualità tramite articoli e commenti. Invece di cedere a illazioni e pettegolezzi, per quanto motivati, lasciamola tranquilla nella sua scelta, teniamocela per quanto scrive, così è se ci piace (su Wikipedia e Treccani è scritto che sarebbe nata nel 1943 a Napoli, anni fa era indicata pure la data, il 5 aprile).

In alcuni paesi il successo della saga letteraria è stato clamoroso, Francia (traduzione di Elsa Damien) e Stati Uniti (traduzione di Ann Goldstein) innanzitutto, l’impatto risulta comunque generalizzato. Alcuni anni fa era stato calcolato che “L’amica geniale” era già stato pubblicato in 52 paesi e tradotto in oltre quaranta differenti lingue, cinese e arabo compresi. In americano e in inglese il primo titolo diventa My Brilliant Friend, la mia amica brillante; in spagnolo La amiga estupenda, ma in catalano ancora L’amiga genial; in tedesco Meine geniale Freundin; L’Amie prodigieusein francese. In russo, polacco e olandese l’aggettivo torna a essere “geniale”, con variazioni intorno alle definizioni di grande intelligenza un po’ in tutte le lingue, ci sta. La critica ha un po’ ovunque molto apprezzato i romanzi di Ferrante come “ruvidi”, capaci di “trasudare” lividi, slabbrature, smargini. Lei narra meravigliosamente in prima, un continuo flusso di coscienza momentanea e retrospettiva, turbamenti e dolori arruffati e senza redenzione.

Dopo l’ultimazione della quadrilogia i libri di Ferrante iniziavano già a essere venduti e tradotti all’estero e, su iniziativa statunitense (sempre HBO), s’intraprese ben presto la strada della serialità televisiva con le prime riprese girate in Italia già nell’ottobre 2017. La stagione inaugurale è stata trasmessa in prima visione assoluta proprio negli Usa dal 18 novembre al 10 dicembre 2018, in Italia dal 27 novembre al 18 dicembre, produzione italo-statunitense diretta da Saverio Costanzo e sceneggiata dallo scrittore Francesco Piccolo, presentata in anteprima alla Mostra di Venezia di quel settembre. Seconda stagione trasmessa in Italia dal 10 febbraio 2020, negli Stati Uniti dal 16 marzo, regia di Alice Rochwacher; terza in Italia a febbraio 2022, negli Stati Uniti dal 28 febbraio al 18 aprile, regia di Daniele Luchetti; ora la quarta, regia di Laura Bispuri. Le attrici principali sono ovviamente sempre cambiate, interpretando età ben diverse delle due protagoniste coetanee.

La firma di Elena Ferrante aveva intestato tre romanzi prima della saga: L’amore molesto (1992), I giorni dell’abbandono(2002), La figlia oscura (2006), oltre a una raccolta di frastagliate narrazioni no fiction, La frantumaglia (2003, seconda edizione ampliata 2016), tutti e tre i romanzi trasposti sul grande schermo via via nel 1995 (da Mario Martone), nel 2005 (da Roberto Faenza) e nel 2021 (da Maggie Gyllenhaal). Successivamente, l’autrice ha continuato a scrivere con lo pseudonimo, un romanzo uscito a fine 2019, dopo cinque anni: La vita bugiarda degli adulti  (anch’esso divenuto una serie tv) e soprattutto due volumi no fiction, connessi ad altre attività narrative ed editoriali, L’invenzione occasionale nel 2019 (la raccolta degli articoli settimanali su argomenti di varia attualità, usciti il sabato sul Guardian dal 20 gennaio 2018 al 12 gennaio 2019) e poi I margini e il dettato nel 2021, testo che ha una storia particolare.

Il Centro Internazionale di Studi Umanistici “Umberto Eco” aveva chiesto a Elena Ferrante di preparare tre lezioni da tenere all’Università di Bologna nell’autunno 2020. Lei scrisse “La pena e la penna” (l’autrice prima di Elena, perlopiù in terza persona), “Acquamarina” (Ferrante in prima fino alle riflessioni in vista della quadrilogia dell’Amica geniale), “Storie, Io” (l’ultimo decennio); tuttavia, la pandemia rese impossibile rispettare tempi e modi; così, a metà novembre 2021 l’attrice Manuela Mandracchia ha infine portato ottimamente in scena, nei panni di Ferrante, i tre testi al Teatro Arena del Sole di Bologna. Il volumetto cartaceo contiene inoltre il saggio “La costola di Dante”, letto in pubblico il 29 aprile 2021 dalla studiosa Tiziana de Rogatis all’interno di un convegno dantesco.

La lettura risulta molto significativa per chi amato Lenù e Lila: Ferrante racconta di aver sempre sofferto e goduto di due modalità di scrittura, l’acquiescente e l’impetuosa, entrambe in vario modo “apprese” precocemente a scuola. Da una parte, scrivere era muoversi all’interno delle righe dei quaderni, vergare le parole di un dettato entro quei margini; ciò dava soddisfazione e, al contempo, dall’altra parte, segnalava una perdita, uno sciupio, un desiderio di sregolatezza, da cui l’impulso a scrivere “altrimenti”. Si è così sentita una voce di donna sempre sballottata fra la consueta scrittura ben calibrata e tranquilla e un’altra che irrompe di rado, refrattaria a generi e punteggiature. In realtà, le tipologie non sono opposte: la prima ha dentro di sé la seconda, pazientemente attende di esserne svirgolata, grazie al continuo frastuono ordinato-disordinato in cui è immerso il nostro io fatto esclusivamente di parole. Scrivere è divenuto disporre frammenti in un incastro e aspettare di scombinarlo: la propria bella scrittura diventa (più) bella quando perde la sua armonia e acquista la forza disperata del brutto.

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