SCIENZA E RICERCA

Dallo smalto dei denti nuove informazioni sulla dieta di Homo erectus

Quando si tratta di ricostruire la storia e le abitudini di chi ci ha preceduto i denti sono tra le parti del corpo umano più preziosi per gli archeologi. Non solo possono rivelare moltissime informazioni sullo stato di salute e sul tipo di alimentazione dei nostri antenati in una certa fase del passato dell'uomo sulla Terra, ma sono anche tra i reperti che meglio resistono all'usura del tempo

Proprio l'analisi di alcuni campioni dentali, risalenti al Pleistocene e rinvenuti sull'isola di Giava, nel sud-est asiatico, ha indicato che già oltre un milione di anni fa gli individui di Homo erectus mangiavano in modo più vario rispetto ad altre specie e questo consentiva loro di essere meno condizionati dalle variazioni nella disponibilità di cibo, legate a fattori climatici o agli andamenti stagionali. Diversamente da altri primati vissuti nello stesso periodo, come gli oranghi, Homo erectus si avvicinava maggiormente a una dieta onnivora e dimostrava di avere un maggiore grado di indipendenza nutrizionale, in un contesto che all'epoca era caratterizzato sia da foreste pluviali monsoniche, sia da paesaggi aperti alberati e da savane erbose.

La scoperta - che si è concentrata sui resti dentali datati tra 1,4 milioni e 700.000 anni fa - è frutto di uno studio internazionale, guidato dalla Goethe University di Francoforte e dal Senckenberg Research Institute and Natural History Museum di Francoforte, che si è avvalso della collaborazione di ricercatori di diversi paesi e istituzioni, compresa l'Italia con l'università di Padova e il Museo delle civiltà di Roma.

I risultati dello studio, pubblicati su Nature Ecology & Evolution, sono stati ottenuti grazie a una serie di analisi su campioni dentali di Homo sapiens e al raffronto con i denti di diversi animali del Pleistocene, sempre provenienti da Giava e risalenti allo stesso periodo, come gli oranghi (Pongo) e altri mammiferi tra cui felici, maiali e ippopotami. 

Gli scienziati si sono concentrati sullo smalto dei denti (che inizia a formarsi nel grembo materno per poi proseguire per tutta l'adolescenza) e in particolare sulla sua composizione chimica che a sua volta testimonia i cambiamenti nella dieta individuale. Per l'università di Padova hanno partecipato allo studio il professor Luca Bondioli, docente di bioarcheologia al dipartimento di Beni culturali e Beatrice Peripoli, ex studentessa dello stesso dipartimento e attualmente dottoranda a Sapienza Università di Roma. 

"Parecchi anni fa della mia vita il mio sogno era lavorare su Homo erectus. Questo sogno, che non è semplicissimo da realizzare perché non abbiamo tantissimi materiali su Homo erectus, si è avverato cinque anni fa quando abbiamo cominciato, insieme ai colleghi tedeschi della Goethe University e del Senckenberg, a lavorare su un’incredibile collezione di materiale giavanese che fu portato da Giava alla Germania quasi 150 anni fa. Si tratta di materiale estremamente importante perché Giava è uno dei punti centrali in cui è avvenuta l’evoluzione di questa forma di uomo che sicuramente è sulla nostra linea evolutiva", introduce il professor Luca Bondioli prima di entrare nel dettaglio dei risultati dello studio e delle informazioni che si possono leggere nei campioni dentali.   

preziosissimi campioni dentali a cui fa riferimento il professor Bondioli fanno parte della Collezione “Gustav Heinrich Ralph von Koenigswald” dell'Istituto di ricerca Senckenberg e del Museo di Storia naturale di Francoforte, un prestito permanente della Fondazione Werner Reimers. 

Luca Bondioli e Beatrice Peripoli, tra gli autori dello studio che ha portato a nuove scoperte su Homo erectus, illustrano la ricerca. Servizio, riprese e montaggio di Barbara Paknazar

Scoprire il nostro passato grazie all'analisi dei denti

La storia dell’evoluzione umana è frutto di una complessa ramificazione in cui ibridazioni e migrazioni hanno svolto un ruolo centrale. Una tappa molto importante del nostro passato è rappresentata da Homo erectus che si ritiene essere stata la prima specie umana ad aver lasciato il continente africano, circa 1.9 milioni di anni fa, per poi continuare a diffondersi con successo in molte parti dell'Asia. 

Nell'isola di Giava sono stati rinvenuti i resti umani più antichi del sud-est asiatico e quindi la località è considerata uno dei siti più importanti della paleoantropologia.

Per scoprire cosa è accaduto in passato e che cosa era un Homo erectus le possibilità sono due, osserva il professor Bondioli.  "La prima via è l’archeologia: studiamo tutto quello che ha lasciato Homo erectus e da questo punto di vista abbiamo strumenti litici, animali macellati e oggetti di vario tipo. La seconda via è studiare gli individui stessi. L’approccio che abbiamo scelto è stato proprio quello di studiare le vite individuali di ciascuno di essi attraverso una tecnica specifica che riguarda l’analisi dei denti. I denti, formandosi durante la crescita e già a partire dall’utero materno, ci permettono di accedere alla storia individuale. Andando ad analizzare lo smalto dei denti e in particolare alcuni elementi che corrispondono alla dieta noi possiamo capire più o meno cosa mangiava ciascun individuo, inserendo ovviamente queste informazioni nel contesto che lo riguardava", spiega il docente del dipartimento di Beni culturali dell'università di Padova.

Per analizzare lo smalto dei denti, i ricercatori hanno inglobato i denti nella resina e poi li hanno tagliati in fettine sottilissime di circa 150 micrometri di spessore. "Questa operazione era fondamentale, ma poi li abbiamo anche ricostruiti", precisa Bondioli spiegando che l'uso di un laser speciale ha poi consentito di asportare una piccola quantità di smalto dalle sezioni sottili in modo tale da ottenere i dati sulle composizioni chimiche tramite l’utilizzo dello spettrometro di massa. 

Cosa rivela il rapporto tra stronzio e calcio 

L'analisi chimica tramite spettrometria di massa ha così consentito di rilevare la presenza di diversi elementi chimici tra cui lo stronzio e il calcio, il cui rapporto è strettamente legato alla dieta. "Abbiamo preso dei denti di Homo erectus e altri del suo vicino più tipico, l’orango, un grande primate molto simile all’uomo. Abbiamo poi preso denti di altri animali, come suini, felidi e ippopotami e abbiamo studiato come variava una serie di elementi al loro interno. Se prendiamo in considerazione lo stronzio l’accumulo all’interno dello smalto dei denti è maggiore se adotta una dieta vegetariana. Nel caso di una dieta carnivora lo stronzio, che viene biopurificato all’interno della catena alimentare, è invece molto basso", approfondisce Luca Bondioli.

"Al termine di tutte le analisi abbiamo fatto la sintesi dei risultati e abbiamo così visto che i carnivori come i felidi mangiavano carne, i suini adottavano una dieta mista e i grandi erbivori come gazzelle o ippopotami avevano un altro tipo di dieta, rivelata da più alti livelli di stronzio", prosegue il coautore dello studio.

L'interesse dei ricercatori però non era solo quello di capire cosa mangiavano umani e animali nel Pleistocene sull'isola di Giava ma anche di mettere in relazione i cambiamenti nella dieta con le condizioni stagionali e ambientali che a loro volta condizionavano la disponibilità di risorse alimentari.

"Abbiamo poi effettuato dei raffronti considerando non solo le quantità di stronzio ma come variava nel corso della vita dell’animale. Con l’orango abbiamo visto che aveva dei picchi di accumulo dello stronzio corrispondente a periodi specifici dell’anno: siamo a Giava e dobbiamo pensare che nel corso dell’anno si susseguivano ciclicamente monsoni, piovosità, aridità, siccità. Orango cambiava la sua dieta a seconda di quello che era disponibile, era quindi profondamente legato al territorio e alle risorse a disposizione.

Homo erectus invece, pur avendo una certa stagionalità perché non mangiava sempre le stesse cose, dimostrava una minore dipendenza dall’ambiente e, come già sospettavamo, aveva un filtro culturale che gli permetteva di adattarsi molto più facilmente di un orango", osserva il docente.

Attraverso lo smalto dentale possiamo leggere la vita individuale come se fosse un calendario Luca Bondioli

Allo studio ha partecipato anche Beatrice Peripoli, oggi dottoranda a Sapienza università di Roma dove sta portando avanti un progetto di analisi del tessuto mineralizzato di denti in sezione sottile con la tecnica di istologia classica. "I campioni sono un po’ più recenti e provengono da contesti archeologici di epoche diverse tra loro. Nel periodo in cui ha lavorato alla ricerca pubblicata su Nature Ecology & Evolution era studentessa di laurea magistrale al dipartimento di Beni culturali dell’università di Padova e racconta cosa ha rappresentato per lei collaborare a un progetto di questa portata

"Durante la laurea magistrale uno dei corsi che ho più trovato entusiasmante è stato quello di paleoantropologia che si occupa proprio dell’evoluzione umana. E’ un ambito fortemente affascinante e complesso ma pensavo che sarebbe stato impossibile entrare a farne parte. Far parte di questo progetto mi ha invece consentito di entrare a far parte di questo mondo ed è stata un’esperienza importante anche dal punto di vista umano. Inoltre ho potuto costruire un network internazionale di relazioni che per i ricercatori è fondamentale", spiega Beatrice Peripoli.

"Durante il lavoro sbagliare è stata una delle cose che mi fa fatto imparare di più. Sono molto orgogliosa di aver fatto parte di questo progetto interessantissimo che apre la strada a future ricerche su Homo erectus. Ho lavorato con la prima autrice Jülide Kubat della Goethe University, che era una studentessa della mia stessa età e abbiamo potuto condividere il percorso insieme. Con lei abbiamo portato a compimento la creazione delle sezioni istologiche dei denti di varie specie animali. Non è una tecnica facile ma è molto appagante", prosegue la coautrice dello studio.

Commentando i risultati della ricerca Jülide Kubat ha spiegato che l'andamento delle variazioni nel rapporto tra stronzio e calcio "indicano un'abbondante disponibilità di cibo vegetale nella stagione umida, durante la quale la foresta pluviale produceva molti tipi di frutta. Durante la stagione secca, gli oranghi passavano ad altre fonti di cibo, che potevano includere insetti o uova. Al contrario, Homo erectus, in quanto onnivoro e carnivoro occasionale, era meno dipendente dall'approvvigionamento alimentare stagionale, come indicano i picchi meno pronunciati e i valori più bassi di Sr/Ca".

Ma nello specifico da cosa era composta la dieta di Homo erectus? "Raccoglieva, mangiava frutti, piccoli animali e si ritiene mangiasse anche carne di grandi mammiferi che però probabilmente non erano cacciati da lui. Non possiamo dire esattamente cosa c’era nel menu di Homo erectus. L'analisi del tartaro dentale offre alcune informazioni ma è un ambito molto complesso. Possiamo però distinguere chiaramente a che livello della catena trofica si trovava: sappiamo che era abbastanza vicino ai carnivori ma non mangiava solo carne. Al tempo stesso non era del tutto onnivoro e molto legato alla catena vegetale come potevano essere i suini. Homo erectus era in mezzo. In futuro bisognerà certamente analizzare più denti, ma come prima indicazione a circa 1,4 milioni di anni fa sono emersi dati importanti", conclude Luca Bondioli.

 

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