SOCIETÀ

Da dove arriva il gas naturale in Europa? Una sfida tra geopolitica e grandi infrastrutture

L’inverno 2021 oltre al colpo di coda della pandemia che sta facendo nuovamente preoccupare il mondo intero, in Europa si è vista una crescita vertiginosa dei costi del riscaldamento. Parliamo in particolare delle “bollette” che mensilmente paghiamo ai nostri fornitori di energia, che sono cresciute non tanto per i costi dovuti alla transizione energetica come si è sentito dire, quando al fatto che l’approvvigionamento energetico europeo non si sviluppa in modo autoctono. Sui motivi dell’aumento del prezzo ne aveva scritto Francesco Suman su questo giornale già nell’ottobre scorso, ciò che ora sarà protagonista del nostro focus è capire da dove arriva il gas che usiamo quotidianamente, in modo tale da comprendere anche i motivi della maggiore spesa.

Il 41,1% del gas naturale europeo è importato dalla Russia

Come prima cosa vediamo che il 41,1% del gas naturale europeo è importato dalla Russia, che si conferma di gran lunga il primo esportatore verso l’UE. Al secondo posto troviamo la Norvegia con il 16,2% del gas europeo. Percentuali che fanno capire come l’Europa di fatto sia totalmente dipendente dalle importazioni in materia di gas. Questa è già una prima piccola spiegazione della lievitazione dei costi. Le scorte infatti sono così basse che i gestori devono attingere dalle riserve e un inverno anche leggermente più freddo del normale potrebbe tagliare le forniture all'industria, con le famiglie che già ne stanno pagando il prezzo.

 

I gasdotti verso l’Europa

Le infrastrutture che trasportano in gas in Europa, che siano provenienti dall’estero o che siano interne, si intrecciano nel nostro sottosuolo e rappresentano una fitta rete di condutture il cui passaggio ha delle ripercussioni non solo energetiche ma anche economiche e politiche.

Le tensioni Russia - Ucraina

Parlare di gas e di rapporti tra Unione Europea e Russia significa incrociare in modo inevitabile la geopolitica. Una delle infrastrutture fondamentali per il trasporto infatti, parte dal Paese di Putin, ma arriva in Europa attraverso l’Ucraina. La disputa tra i due Paesi dura da decenni ma scoppiò in modo evidente nel 2005, quando la Russia avanzò delle richieste di pagamento del debito accumulato dalla Naftogaz, cioè la compagnia di gas ucraina, accusando anche lo Stato dell’allora prima ministra Tymošenko di prelevare illegalmente il gas diretto in Unione Europea. La tensione all’epoca salì fino a sfociare in un’interruzione per ben tre giorni, delle forniture di gas russo verso l’Ucraina. 

La tensione si disciolse solamente quando venne rifirmato un nuovo contratto di fornitura tra i due paesi, ma la calma durò poco. Già nel 2007 ci furono nuove minacce da parte di Gazprom di interrompere la fornitura se il debito non fosse stato interamente pagato. Minacce rientrate il 12 febbraio 2008 con un accordo di rateizzazione del debito ma le continue pressioni russe sfociarono nuovamente in uno stop forzato della fornitura. Avvenne ad inizio 2009 e di fatto paralizzò il comparto industriale ucraino, coinvolgendo però in un calo delle materie anche altri 18 Paesi europei. Le conseguenze furono importanti e potremmo riassumerle brevemente con due decisioni: la prima da parte della Russia di provare a costruire un’infrastruttura che aggirasse l’Ucraina ed il secondo la decisione dell’Unione Europea di diversificare le proprie fonti di gas.

Le tensioni tra Russia ed Ucraina però continuano ancora oggi, a cui si aggiungono le preoccupazioni ucraine in vista della costruzione del gasdotto denominato Nord Stream 2 tra Russia e Germania, progetto che analizzeremo meglio in seguito. 

Unione Europea: parola d’ordine diversificazione

Le tensioni tra Russia ed Ucraina, come abbiamo capito, non possono lasciare indifferente l’Europa che proprio dai gasdotti che passano sotto l’Ucraina riceve circa il 16,3% del suo consumo annuo di gas naturale. Le strategie che l’UE sta mettendo in campo per evitare nuovi possibili disagi sono proprio quelle della diversificazione delle fonti di approvvigionamento, ma anche, grazie all’adozione della Strategia Europea per la Sicurezza Energetica, firmata nel 2014, la creazione di interconnessioni sempre più strette tra i Paesi membri.

Nel primo caso vediamo come l’Europa abbia finanziato la costruzione di gasdotti che la colleghino, attraverso i Paesi meridionali, al Nord Africa. Stiamo parlando principalmente delle condutture che passano sotto il Mediterraneo e sono denominate Green Stream e TransMed. Ci sono poi due gasdotti che raggiungono la Spagna, chiamati Medgaz e Maghreb.

Per proseguire ulteriormente verso la diversificazione delle fonti e non rimanere collegati unicamente o quasi alla Russia, l’Unione Europea ha individuato anche altri quattro corridoi infrastrutturali, identificandoli come prioritari. L’obiettivo è quello di creare delle infrastrutture che possano porre fine all'isolamento energetico dai mercati europei del gas, migliorare la sicurezza dell'approvvigionamento e fornire approvvigionamenti alternativi e vie di transito e fonti di energia.

I corridoi in questione sono: l’NSI West Gas, l’NSI East Gas, l’SGC e il BEMIP Gas. I primo, cioè l’NSI West Gas ha lo scopo di aumentare la fornitura di gas verso i Paesi dell’Europa occidentale. Gli Stati membri interessati sono: Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Regno Unito.

L’NSI East Gas invece riguarda l’Europa orientale ed in particolare nuovi gasdotti tra il Mar Baltico, il Mar Adriatico, Egeo, Mediterraneo orientale e Mar Nero. Gli Stati membri coinvolti in questo caso sono: Austria, Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Germania, Grecia, Ungheria, Italia, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia.

Il BEMIP Gas invece, è un collegamento tra i tre Stati baltici e la Finlandia alla rete del gas dell'UE, proprio per porre fine alla loro dipendenza da un unico fornitore.

Infine, l’ultima infrastruttura identificata dall’UE per diversificare il proprio approvvigionamento di gas naturale è il Corridoio meridionale del gas («SGC»),  un’infrastruttura adibita al trasporto di gas dal bacino del Caspio, dall'Asia centrale, dal Medio Oriente e dal bacino del Mediterraneo orientale verso l'UE. In particolare gli Stati membri interessati saranno Austria, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Cipro, Francia, Germania, Ungheria, Grecia, Italia, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia.

Il TAP

Per quanto riguarda quest’ultima infrastruttura, ci sono due progetti che ci riguardano da vicino. Il primo è il TAP, che è l’acronimo di Trans-Adriatic Pipeline, cioè un gasdotto che è già realtà in quanto ultimato verso la fine del 2020, che collega l’Azerbaijan alla Puglia.

Attraverso il TAP, nella sua breve vita che va da gennaio ad ottobre scorso, sono arrivati in Italia 5,6 miliardi di metri cubi di gas naturale. Una quantità che è più del doppio della produzione interna nazionale, che per il periodo gennaio-ottobre 2021 si è attestata a 2,7 miliardi di metri cubi.

L’importanza strategica dal punto di vista energetico del TAP si nota anche analizzando la crescita che sta avendo nella quantità di gas importato. Mentre nel periodo preso in esame precedentemente l’opera che si conclude a Melendugno in provincia di Lecce ha importato circa il 9,5% del totale del consumo interno lordo, se guardiamo solamente al mese di ottobre questa percentuale cresce al 13,6%.

 







Un ulteriore progetto su cui lavora l’Unione Europea e l’Italia rappresenta una zona strategica è quello del gasdotto EastMed, che collegherà la rete europea ai giacimenti di gas offshore scoperti di recente a Cipro, in Egitto e in Israele. Quest’ultimo progetto permetterebbe di bypassare sia la Russia che la Turchia, con una visione strategica più a lungo termine, collegando la rete del gas di Cipro a quella dell’Unione. I lavori per la lunga tratta EastMed dovrebbero concludersi nel 2027 e lo stesso vale per Poseidon, cioè il gasdotto che si attaccherà ad EastMed arrivando dalla Grecia all’Italia (l’ultimo tratto segnato nella cartina sottostante). Su questo punto il Ministro Cingolani ha prorogato ​​sia i termini per l’avvio dei lavori, che sono passati al 1 ottobre 2023, sia quello di fine lavori, prorogato al 1° ottobre 2025.

 

 

Abbiamo visto però come la Russia sia di fondamentale importanza per l’intera Unione Europea. Lo si evidenzia anche dal fatto che, anche se tralasciamo la via “ucraina”, il gas russo arriva in Europa anche attraverso altri tre gasdotti importanti: Turkstream, Blue Stream e Nord Stream 1. Le prime due condutture attraversano il Mar Nero ed arrivano in Europa tramite la Turchia, mentre l’ultima è situata nel Mar Baltico.

 

La Nord Stream 1 è il gasdotto sottomarino più lungo al mondo e trasporta ad oggi quasi il 40% del gas in arrivo in Europa. Ad ogg però, perché il progetto russo è quello di ampliare la conduttura, o meglio duplicarla. La Nord Stream 2 però è una pipeline tanto discussa quanto complessa da creare. Costruirla significa modificare i rapporti geopolitici, dando chiaramente meno importanza alla tratta che passa per l’Ucraina. Il gasdotto è stato completato nel settembre scorso ma non ha ancora ricevuto l’autorizzazione per entrare in funzione.

Questa deve arrivare in primis dall’ agenzia federale che si occupa della rete elettrica, del gas, dei trasporti e delle telecomunicazioni tedesca e poi dalla Commissione Europea. La partita è cruciale sia per la Russia che per l’UE, ma quando si parla di queste due super potenze non si possono dimenticare gli Stati Uniti. L’attivazione del gasdotto Nord Stream 2 merita un approfondimento a sé, ma ciò che vogliamo mettere in luce ora è come un’infrastruttura nel Mar Baltico sia, in un mondo così interconnesso, inevitabilmente collegata a rapporti politici nel resto del mondo. In tutto ciò poi, le continue tensioni tra Russa ed Ucraina, con il conseguente dispiegamento di forze militari, non aiutano a prendere una decisione favorevole in merito all’utilizzo di questo gasdotto.

 

 

Il gas norvegese

All’inizio di questo lungo reportage sui gasdotti abbiamo visto come la Norvegia sia di fatto la seconda nazione più importante per l’Europa in termini di gas naturale. I collegamenti tra UE e il Paese nordico sono stabili e ramificati, ed inoltre c’è un’importante infrastruttura, chiamata Langeled, che collega la Norvegia al Regno Unito. La Langeled pipieline fu costruita nel 2004 e per lungo tempo fu il gasdotto sottomarino più lungo del mondo, record superato dalla già citata Nord Stream 1. Con i suoi 1,166 chilometri, collega Nyhamna, in Norvegia a Easington, nel Regno Unito. 

 

Proprio il Regno Unito, rispetto all’Unione Europea, ha una mancanza difficilmente colmabile nel breve periodo. Ciò che manca al Regno Unito rispetto all'Europa è la capacità di immagazzinare gas. Di fatto il Paese è dipendente dalle forniture del Mare del Nord. Questo nonostante fino al 2017 esistesse un grande sito di stoccaggio a Rough. Una chiusura dettata anche dall’idea che il mercato LNG, cioè del gas naturale liquefatto, potesse divenire molto più importante.

 

L’LNG, cioè il gas naturale liquefatto, rappresenta una fonte di approvvigionamento  che, in prospettiva, potrebbe aiutare l’Europa a ridurre la sua dipendenza energetica dalla Russia. Le forniture di LNG sono tradizionalmente si più costose, ma anche più flessibili. Quando si parla di LNG ed Europa, ci si collega immediatamente agli Stati Uniti.

Abbiamo visto prima come gli USA non vedano di buon occhio l’attivazione della Nord Stream 2, ed il motivo sono proprio le esportazioni di LNG verso l’Europa. La fonte statunitense di gas ha già minacciato il dominio dei fornitori russi e norvegesi, innescando, tra il 215 ed il 2018, un calo dei prezzi del 41% per il gas norvegese ed il 32% per quello russo.

Un mercato, quello del gas naturale liquefatto che l’Europa difficilmente lascerà andare. Il ruolo del gas naturale, vista anche la strada intrapresa verso la decarbonizzazione, diverrà sempre più importante. Tutto ciò considerando però l’obiettivo di ridurre a zero le emissioni, e quindi di fatto cercare con celerità energia da fonti non inquinanti. Il futuro quindi si è sempre letto in duplice maniera: a lungo ed a breve termine. Queste due lunghezze d’onda però, a causa dei cambiamenti climatici e delle decisioni che è necessario prendere per evitare di avere un futuro non desiderabile, si stanno sempre più avvicinando.

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