CULTURA

Dozzina del Premio Strega: comanda la sperimentazione

Anno inedito questo, anche dal punto di vista letterario. La Fondazione Bellonci annuncia oggi i dodici semifinalisti del Premio Strega: Andrea Bajani, Edith Bruck, Maria Grazia Calandrone, Giulia Caminito, Teresa Ciabatti, Donatella Di Pietrantonio, Lisa Ginzburg, Giulio Mozzi, Daniele Petruccioli, Emanuele Trevi, Alice Urciuolo, Roberto Venturini.

Alla faccia di chi lo taccia di essere un premio “commerciale”, quest’anno lo Strega sceglie libri e autori che esprimono voci inusuali, fortemente letterarie, che sperimentano la lingua prima ancora che l’intreccio, e non ammiccano.

Le considerazioni possibili sono molte. È vero, ci sono più donne che uomini (una in più), ma è una conta che non ha senso d’esser fatta: la letteratura non ha genere. Ci sono editori di tutte le “dimensioni”: dai grandi gruppi (per esempio Mondadori con Ciabatti – data per favorita insieme a Trevi, che esce per Neri Pozza – o Einaudi e Feltrinelli) ai medi (Ponte alle Grazie, Bompiani, Marsilio, la stessa Neri Pozza o La Nave di Teseo) fino ai piccoli (TerraRossa, 66th&2nd, SEM). Questi ultimi, in particolare, spesso anche di recente fondazione, mostrano una vera capacità di scouting e di gestione del processo editoriale: piazzarsi allo Strega ha un peso nella storia di un autore o di una casa editrice, e non è affatto semplice. Una casa editrice (Ponte alle Grazie) quest’anno ha in dozzina due autrici: Lisa Ginzbug e Maria Grazia Calandrone, a dispetto del fatto che gli editori teoricamente si concentrano su un solo titolo per non “disperdere i voti”.

Gli autori, poi, hanno i percorsi letterari più disparati: ci sono esordi assoluti (Urciuolo), esordi nella narrativa (Petruccioli), autori molto conosciuti dal grande pubblico (Trevi, Bajani, Ginzburg, Di Pietrantonio) altri noti anche, ma non solo, come editor (Mozzi, Caminito) e, tra tutti, c’è anche chi la vittoria la ha già sfiorata (Ciabatti, lo stesso Trevi).

Tra i libri semifinalisti ci sono testi che trasfigurano dall’esperienza poetica (Calandrone è poetessa e “esordisce” nella narrativa proprio con Splendi come vita), altri che raccontano l’esistenza da angolature strette (Bajani ne Il libro delle case traccia i confini dei fatti attraverso la definizione dei luoghi, le abitazioni nella fattispecie), altri ancora che muovono da vicende biografiche (in Due vite di Emanuele Trevi sono quelle di Rocco Carbone e Pia Pera) così come romanzi dal taglio più classico. Ma mai senza sperimentazione.

Quest’ultima potrebbe essere definita la parola chiave dell’edizione perché pervade le opere lì dove è quasi dichiarato (Mozzi, Bajani, per esempio) ma anche in modo più sottile, a volte anche solo per una ricerca di lingua. Ciabatti lo dice espressamente: “Voglio cercare la forma più libera per coinvolgere il lettore e per dargli un ruolo diverso, molto meno passivo. Cercherò sempre più una forma linguistica che non sia di indottrinamento, sempre più distante dalla lingua politica e dalla lingua televisiva”, o come non avere in mente il pastiche con la lingua d’Abruzzo che ha contraddistinto L’Arminuta di Di Pietrantonio a cui il recente – e in gara – Borgo sud si riallaccia?

Certa è una cosa: il vituperato aggettivo che spesso viene infelicemente attribuito alla narrativa italiana – ombelicale – stavolta non ha proprio ragion d’essere.

Ecco i dodici semifinalisti e i loro libri:

Andrea Bajani, Il libro delle case, Feltrinelli

Edith Bruck, Il pane perduto, La Nave di Teseo

Maria Grazia Calandrone, Splendi come vita, Ponte alle Grazie – LEGGI L'INTERVISTA

Giulia Caminito, L’acqua del lago non è mai dolce, Bompiani – LEGGI L'INTERVISTA

Teresa Ciabatti, Sembrava bellezza, Mondadori – LEGGI L'INTERVISTA

Donatella Di Pietrantonio, Borgo Sud, Einaudi

Lisa Ginzburg, Cara pace, Ponte alle Grazie

Giulio Mozzi, Le ripetizioni, Marsilio

Daniele Petruccioli, La casa delle madri, TerraRossa

Emanuele Trevi, Due vite, Neri Pozza

Alice Urciuolo, Adorazione, 66th&2nd

Roberto Venturini, L’anno che a Roma fu due volte Natale, SEM

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