Personalizzando al massimo la campagna elettorale, Sebastian Kurz ha trionfato alle elezioni politiche austriache di domenica scorsa, conducendo i Popolari dell’Övp a quota 73 seggi, ben 11 in più rispetto a 2 anni fa. Con risultati non ancora definitivi, i Popolari sono al 38,4%, mentre i Social-democratici della Spö sono al minimo storico: 21,5% (41 seggi): oltre 5 punti percentuali e 11 deputati in meno rispetto al 2017. L’ex ministra della Sanità, Pamela Rendi-Wagner, catapultata ai vertici del partito solo pochi mesi fa, non è riuscita a invertire il trend negativo del partito, che è in calo di seggi da ormai 17 anni. Stavolta, potrebbe finire addirittura sotto la soglia psicologica del milione di voti, risultato impensabile considerando che nel ventennio d’oro 1970-1990 la Spö era stabilmente sopra i due milioni di voti.
L’altra grande sconfitta è l’estrema destra della Fpö, che, nonostante il cambio di leadership, paga ancora l’Ibiza-gate del maggio scorso. Sotto la guida di Norbert Hofer, il partito ha perso quasi dieci punti percentuali e ben 19 seggi, attestandosi al 17,3% (32 deputati). La figura negativa dell’ex leader Heinz-Christian Strache ha aleggiato per tutta la campagna elettorale, zavorrando i tentativi di risalita del partito. Negli ultimi giorni prima del voto un nuovo potenziale scandalo collegato all’ex vice-premier ha fatto molto discutere i media austriaci: poco prima di dimettersi, Strache ha nominato Philippa, la sua giovane moglie 32enne, quale responsabile del partito per la protezione degli animali, incarico retribuito con ben 10 mila euro netti al mese.
Oltre a questo pare che Philippa abbia a disposizione una carta di credito a carico della Fpö e che l’abbia usata per spese personali quali borse di lusso e vestiti firmati e avesse anche preteso e ottenuto un autista personale. Ovviamente questi dettagli non hanno fatto bene né fuori dentro il partito, considerando anche che la Strache è stata candidata ed eletta grazie all’inserimento nel listino “blindato” nazionale. Inoltre, il marito sembra intenzionato a fondare un suo movimento personale con cui potrebbe candidarsi a sindaco di Vienna l’anno prossimo, rispettando uno schema scissionista che in Austria è più appannaggio della destra che della sinistra, basti ricordare la clamorosa fuoriuscita di Jörg Haider nel 2005, quando diede vita all’ “Alleanza per il futuro dell' Austria” mettendola in aperta competizione con l’ Fpö stessa di cui era stato leader fino a poco prima.
Quarto partito sono i Verdi, che raggiungono il 12,4% e 23 deputati, appena un seggio al di sotto del loro massimo storico del 2013. La centralità del tema del cambiamento climatico ha favorito il movimento guidato da Werner Kloger, che si fregia della base elettorale più giovane e partecipativa del Paese. I Verdi austriaci bissano inoltre gli ottimi risultati conseguiti dai Verdi tedeschi alle politiche 2017 e alle Europee 2019, mostrando come nei due Paesi germanofoni sia molto alta la sensibilità (e la preoccupazione) ambientale. Quinto e “ultimo” partito a entrare alla Camera sono i liberali di Neos che con il 7,4% e 14 seggi segnano il loro record storico.
Ora cominceranno le manovre per formare il nuovo governo. Kurz sarà certamente incaricato e ad appena 33 anni sarà nuovamente il più giovane primo ministro europeo. Davanti a lui 4 possibilità: la classica grande coalizione con la Spö; la riedizione di una maggioranza di destra con la Fpö; un’inedita coalizione con i Verdi; un’inedita maggioranza a tre con Verdi e Neos.
Tutto è possibile e ogni opzione presenta pregi e difetti di fattibilità.
Un ritorno alla grosse koalition con i Social-democratici sembrerebbe la soluzione più ragionevole ma va ricordato come Kurz sia arrivato alla leadership interna proprio con l’intenzione di portare più a destra il partito e di smarcarsi da quello schema consensuale che ha segnato la storia politica austriaca recente. Inoltre, è tutto da vedere l’interesse dei Social-democratici a rientrare in una grande coalizione da partner di minoranza e con un Övp decisamente più a destra che in passato. La letteratura scientifica politologica, infatti, mostra come i minor partnersdi grandi coalizioni tendano a pagare elettoralmente il loro impegno al servizio del Paese ed è ovvio quindi che l’ Spö non possa permettersi un ulteriore calo elettorale futuro.
Senza Strache, un nuovo governo di destra con la Fpö non sarebbe difficile da formare ma la sera stessa del voto il segretario generale Harald Vilimsky ha dichiarato che il posto del partito è all' opposizione. Un’alleanza con i Verdi sarebbe invece una novità assoluta ma l’eventuale maggioranza godrebbe di appena un paio di seggi di margine. Meglio sarebbe quindi includere anche Neos, per un’alleanza a tre mai nemmeno ipotizzata.
Tutto è nelle mani di Kurz, e dalla scelta degli alleati dipenderà il profilo ideologico del prossimo governo austriaco. Includere i Verdi o la Spö in maggioranza significherebbe calmierare i proclami anti-immigrati e dismettere la promessa di riformare (tagliandolo) il generoso welfare austriaco. Cinico, pragmatico e per alcuni, post-ideologico, Kurz potrebbe viceversa anche confermare le sue battaglie originarie, portando di nuovo significativamente a destra il Paese.
L’Europa osserva con attenzione e interesse. L’evoluzione dei negoziati per la formazione del nuovo governo austriaco avrà conseguenze su molte delle trattative in corso a Bruxelles, prima fra tutte l’eventuale riforma del Trattato di Dublino.